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http://hdl.handle.net/2307/40746
Titolo: | Smart Biomaterials for Tissue Engineering: Structural and Biological Properties | Autori: | SECCHI, VALERIA | Relatore: | BATTOCCHIO, CHIARA | Parole chiave: | BIOMATERIALS XPS |
Data di pubblicazione: | 28-feb-2019 | Editore: | Università degli studi Roma Tre | Abstract: | Tissue engineering is a multidisciplinary field involving the "application of the principles
and methods of engineering and life sciences towards the fundamental understanding of
structure-function relationships in normal and pathological mammalian tissues and the
development of biological substitutes that restore, maintain or improve tissue function".
Research in this field deals with the development of new biomaterials to be implanted into
a human body to substitute tissues/organs in a state of deterioration, to restore or establish
their normal functions. The main approach of the tissue engineering consists in producing a
functional tissue starting from scaffolds: three-dimensional structures made of natural
and/or artificial biomaterials and populated by cells, before or after implantation. The
chemical, physical and biological properties of the scaffold have to be designed carefully.
The generally followed strategy consists in mimicking characteristics and properties of the
biological system to be restored or regenerated. This principle is well known as
biomimetics. Apart from blood cells, most, if not all other, normal cells in human tissues
are anchorage-dependent residing in a solid Extra Cellular Matrix (ECM), a complex
network of proteins and polysaccharide chains that are secreted locally and assembled into
an organized meshwork in close association with the surfaces of the cells that produce
them. The multiple functions, the complex composition and the dynamic nature of ECM in
native tissues make it difficult to mimic exactly. Therefore, contemporary concept of
scaffolding in tissue engineering is to mimic the functions of native ECM, at least partially.
As a result, the important roles played by scaffolds in engineered tissues, are analogous to
the functions of ECM in native tissues and are associated with their architectural,
biological, and mechanical features.
In this context different type of biomaterials were chemically characterized:
- A model sample made by a metal surface covalently grafted by a self-assembling
peptide with a cysteine introduced as a terminal residue. This study opens wide
perspectives for chemical modification of surfaces with biomolecules and the proposed
functionalization scheme can be extended, with some modification, for different metals
used as biomaterials;
- Titanium based biomaterial and titanium Ti25Nb10Zr Alloy biofunctionalized with a
self-assembling peptide;
- Titanium based biomaterial functionalized with chitosan conjugated self-assembling
peptide;
- Polycaprolactone functionalized with maltose, with the goal to enhance the
cytocompatibility of the polymeric material without altering the bulk and its mechanical
properties;
The design of any biomedical device destined to a biological environment must depend on
the knowledge of the phenomena that take place in the biological site after the implant’s
insertion. The specific nature of a biomaterial surface determines how the living tissue and
organism interact with the implant and are strongly influenced by the method of surface
preparation, handling and storage. During preparation of the implant, the outmost layers of
the material are subjected to various chemical processes that will leave residues at the
surface. The close connection between surface preparation and resulting characteristics
implies that in order to manufacture implants with reproducible structured surfaces, all
aspects of the production process and ensuing logistics need to be carefully controlled. For
this reason the biomaterials surfaces were characterized by means of surface-sensitive
spectroscopic techniques as SR-XPS (Synchrotron Radiation induced X-Ray Photoelectron
Spectroscopy) and NEXAFS (Near-Edge X-Ray Absorption Fine Structure), that are very
well suited to check the chemical composition of the surface and the stability of the
materials. Il termine “Ingegneria tissutale” è stato definito come “un campo multidisciplinare che applica i principi dell’ingegneria e delle scienze della vita per la realizzazione di sostituti biologici che ripristinino, mantengano o migliorino le funzioni di tessuti e organi”. La ricerca in questo campo ha lo scopo di sviluppare nuovi biomateriali che possano essere impiantati in sostituzione di tessuti/organi danneggiati per ristabilire le loro normali funzioni. I biomateriali sono infatti definiti come dispositivi concepiti per interfacciarsi con i sistemi biologici al fine di valutare, dare supporto o sostituire un qualsiasi tessuto, organo o funzione dell’organismo. Allo stato dell’arte le tecniche d’ingegneria tissutale permettono, attraverso l’utilizzo combinato di materiali, cellule e segnali biochimici, di produrre in vitro tessuti e, in prospettiva futura, permetteranno di ottenere interi organi. Tutto ciò conferma, e avvalora, gli sforzi profusi dalla ricerca scientifica nel settore dello sviluppo di materiali “biomimetici”, cioè di dispositivi che supportino informazioni biologiche specifiche e siano perciò capaci di “dialogare” con il circostante ambiente biologico. Tale capacità di dialogo deve essere espressa, in primo luogo sulla superficie del materiale, sede di una complessa sequenza di fenomeni che, nel loro insieme, possono favorire o ostacolare l’integrazione con il tessuto biologico. Ne consegue che spesso il materiale biomimetico sia in realtà un materiale “tradizionale” (ad esempio titanio), sulla cui superficie, opportunamente trattata, siano ancorate molecole dotate di attività biologica; queste ultime, una volta identificate dalle cellule mediante i recettori di membrana, inducono comportamenti specifici. Le molecole con attività biologica, oggetto delle più attuali ricerche e applicazioni, sono (o derivano da) proteine già presenti o nella matrice extra-cellulare dei tessuti o sulla membrana citoplasmatica delle cellule. Si sta facendo sempre più spesso ricorso a peptidi derivati da queste proteine poiché presentano indubbi vantaggi in termini di stabilità, facilità di reperimento e costi di ottenimento. I peptidi, essendo sequenze amminoacidiche che riproducono un frammento della proteina dalla quale provengono, esibiscono in genere un’attività biologica inferiore rispetto a quella della proteina nativa; cionondimeno, il loro impiego è preferito proprio in ragione della superiore maneggiabilità e del minore costo di produzione. Inoltre, un’altra promettente classe di 5 molecole utilizzate per la bioattivazione di scaffold per l’ingegneria tissutale è quella dei carboidrati, in virtù della loro biocompatibilità e del loro naturale coinvolgimento in fenomeni di adesione cellula-matrice e cellula-cellula. In questa tesi sono stati studiati diversi tipi di biomateriali: - Un modello costituito da una superficie metallica (Au) su cui è stato legato covalentemente un peptide auto-assemblante con un residuo di cisteina terminale. - Biomateriali basati su titanio (o una sua lega: Ti25Nb10Zr) funzionalizzati con peptidi auto-assemblanti; - Biomateriali basati su titanio funzionalizzati con chitosano coniugato covalentemente a peptidi auto-assemblanti; - Un esempio di biomateriale per la medicina rigenerativa: PCL (ε-policaprolattone) funzionalizzato con maltosio. La progettazione di qualsiasi dispositivo medico destinato al contatto, temporaneo o permanente, con i tessuti, non può prescindere dalla conoscenza dei fenomeni che hanno luogo in ambiente biologico. Sarebbe infatti rischioso esporre un paziente al contatto con un biomateriale del quale non si conoscano appieno le potenzialità e l’interazione con l’organismo: nella migliore delle ipotesi, il livello d’interazione tra il materiale e il tessuto potrebbe essere trascurabile, rendendolo non sufficientemente efficace o del tutto inutile; in altri casi, si potrebbero evocare reazioni avverse pericolose per la salute del paziente o anche solo dannose per la funzionalità del dispositivo. Da questa serie di considerazioni emerge con forza la necessità di conoscere quali siano i complessi meccanismi (fisici, chimici, biochimici) che determinano le interazioni tra biomateriali e tessuti biologici, quali le molecole coinvolte, quali i metodi per favorirle/inibirle. È noto che il livello d’interazione con i tessuti biologici di questi dispositivi sia fortemente condizionato dalle caratteristiche della superficie, non solo in termini di composizione chimica, ma anche in termini morfologici; ciò deriva dal fatto che gli eventi, numerosi e complessi, che hanno luogo all’interfaccia tra il dispositivo ed il tessuto, dipendono sia dalla natura degli atomi e delle molecole che compongono gli strati esterni del materiali, sia dall’eventuale presenza di “difetti” superficiali, dal loro numero, dalla loro estensione e dal loro grado di organizzazione. La natura chimica e fisica della superficie del biomateriale determina il modo in cui il tessuto dell’ospite interagisce con l’impianto. Per questo motivo devono essere prese in considerazione le proprietà conformazionali, biologiche e meccaniche della superficie e devono essere approfondite le conoscenze delle interazioni chimico-fisiche tra l’ambiente biologico e il biomateriale. Di conseguenza, la caratterizzazione delle interazioni chimiche e la comprensione di come queste siano influenzate dalla natura del substrato acquisiscono grande importanza nella progettazione dei biomateriali. Per questo motivi i biomateriali oggetto di questa tesi, sono stati caratterizzati in termini di proprietà chimico-fisiche e strutturali mediante diverse tecniche sensibili alla superficie tra cui Spettroscopia di Fotoemissione a raggi X (XPS) e la Spettroscopia di Assorbimento di raggi X vicino soglia NEXAFS. |
URI: | http://hdl.handle.net/2307/40746 | Diritti di Accesso: | info:eu-repo/semantics/openAccess |
È visualizzato nelle collezioni: | Dipartimento di Scienze T - Tesi di dottorato |
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