Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2307/40542
Titolo: BÜCHNER CITA SHAKESPEARE: DAL TEATRO ANATOMICO AL TEATRO DELLE MARIONETTE
Autori: Locuratolo, Antonio
Relatore: Sampaolo, Giovanni
Parole chiave: SMASCHERAMENTO
TEATRALITA'
CORPO
LINGUAGGIO
ANATOMIA
Data di pubblicazione: 18-set-2018
Editore: Università degli studi Roma Tre
Abstract: Il presente lavoro analizza la citazione shakespeariana nell’opera di Georg Büchner, prendendo in considerazione il dramma storico Dantons Tod e la commedia romantica Leonce und Lena. I testi mostrano una notevole diversità per quanto riguarda l’utilizzo delle fonti, presentando il primo un’alternanza di materiale tratto dalla storiografia e di citazioni letterarie, mentre la seconda un uso esclusivo di un’intertestualità letteraria. Partendo dal primo, ho evidenziato la massiccia presenza di riferimenti al Julius Caesar, Coriolanus, e Hamlet, fonti che l’autore usa per esporre la negatività dei testi storiografici e del recupero della romanità in era rivoluzionaria. Questa, infatti, risulta inconciliabile con la miseria vissuta dal popolo parigino che inutilmente tenta di scimmiottarlo e subisce il costante mascheramento del reale che produce. Tale linguaggio nega la realtà del loro corpo e ignora le sue necessità, pertanto si mostra inadeguato a rappresentarlo. Il contrasto tra ideale romano e realtà così è assolutamente lampante, cosa che ritroviamo anche nell’opera di Shakespeare, il quale mise ugualmente in discussione la ripresa del mito di Roma nella sua epoca per legittimare lo Stato inglese. Entrambi gli autori così si servono del corpo per operare questa decostruzione, ma anche per alludere agli sconvolgimenti scientifici del loro tempo che ridiedero a quest’ultimo una nuova centralità. Se l’essere romani, dunque, si traduce per Büchner in un’impossibilità di cambiamento che si esplica nella metafora della marionetta, è soltanto nel linguaggio carnascialesco della battuta di spirito di Danton, della follia di Lucile, nell’anonimia del canto popolare e nel complesso immaginario del corpo grottesco femminile che il popolo trova la sua propria espressione. Tutti questi linguaggi rimandano alla fisicità e sfuggono alle cristallizzazioni di significato, qualificandosi come la vera alternativa offerta dall’autore al codice romano incarnato da Robespierre. Lo stesso avverrà nella seconda opera presa in esame, dove il buffone Valerio con modalità analoghe smaschera gli stereotipi letterari della commedia idealistica presentati dal malinconico Leonce, emblema di una classe oziosa e di un linguaggio che ancora una volta non si occupa dei problemi della vita reale. Anche qui trae ispirazione da Shakespeare e da quel rapporto che instaura tra il malinconico Jaques e il fool Pietraccia in As You Like It. È proprio in questo meccanismo di mascheramento e smascheramento del reale che l’autore affida a diversi personaggi che si manifesta quella costante imitazione della tradizione che poi diviene puntualmente oggetto di parodia. Rimane la realtà del Witz, l’unico in grado di annullare le differenze, conciliare opposti, mostrando la sostanziale uguaglianza degli uomini in un mondo dominato dall’ingiustizia sociale.
URI: http://hdl.handle.net/2307/40542
Diritti di Accesso: info:eu-repo/semantics/openAccess
È visualizzato nelle collezioni:Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere
T - Tesi di dottorato

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