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http://hdl.handle.net/2307/40401
Title: | LA FOTOGRAFIA DI JULIA MARGARET CAMERON TRA IL 1864 ED IL 1875. PAESAGGI INTERIORI E SINFONIE PRERAFFAELLITE AL COLLODIO UMIDO | Authors: | VASCO, ELEONORA | Advisor: | MENDUNI, ENRICO | Keywords: | SOFT FOCUS 1800 INGHILTERRA FOTOGRAFIA JULIA MARGARET CAMERON |
Issue Date: | 13-Apr-2018 | Publisher: | Università degli studi Roma Tre | Abstract: | La presente tesi nasce dal desiderio di approfondire la figura di un’artista, vissuta in epoca vittoriana, che produsse un tale corpus di opere da essere considerata, da molti, la prima donna fotografa della storia: Julia Margaret Cameron. Si è scelto di restringere il campo di ricerca ai fertili anni - dal 1864 al 1875 - che ella trascorse in territorio britannico. Questo progetto chiude tre anni di continui e intensi scambi con la Gran Bretagna, di cui 13 mesi trascorsi sul posto. Tra le istituzioni più rilevanti con cui si è venuti in contatto, vi sono: il Victoria & Albert Museum di Londra, l’Insight Research Centre di Bradford, la Julia Margaret Cameron Trust sull’Isola di Wight. Lo studio si suddivide in quattro capitoli, ognuno dedicato a un aspetto specifico dell’opera di Cameron. Nel Capitolo I, riservato in buona parte alla biografia, appare subito chiaro che la fotografa attraversò le contraddizioni, le inquietudini e le angosce della società vittoriana sostenuta dall’appartenenza a un ceto sociale elevato e da una forte autonomia intellettuale, che la spinsero a divenire animatrice del milieu culturale da lei creato sull’isola di Wight (1860 - 1875). Sono qui inoltre analizzate le connessioni esistenti fra i suoi lavori e quelli dei Preraffaelliti. Il Capitolo II è dedicato all’approfondimento di tutto il materiale fotografico prodotto da Cameron sull’Isola di Wight. All’età di 48 anni, letteralmente catturata dal sacro fuoco dell’arte fotografica, la donna intraprese un’intensa attività, tramite cui perfezionò una tecnica molto personale, quella del soft focus, che la rese presto celebre ma la pose anche al centro di ampie critiche e paragoni con gli altri artisti del tempo. Uno sguardo attento alle sue foto dedicate principalmente alle donne - oltre a quelle riservate agli uomini e inserite negli album (principalmente nel Mia e nell’Herschel Album) - ha permesso non solo di studiare i messaggi e le emozioni evocati dalle immagini, ma anche di comprendere il complesso rapporto della fotografa con il suo tempo. Il capitolo, infatti, pone l’accento sugli imponenti cambiamenti che la società britannica visse a metà del XIX secolo, causa del crollo di molti capisaldi esistenti, inclusi quelli dei ruoli stabiliti per i due sessi. Il Capitolo III parte dalla scoperta, realizzata nel 2015 da Marta Weiss, di una fotografia dello studio di Cameron (la sua glass house), per prendere in esame il contesto operativo in cui nasceva la sua arte - l’isola di Wight, Freshwater Bay e lo spazio creativo ricavato all’interno della casa vittoriana (Dimbola Lodge) - e comparare quest’ultimo con quello dei contemporanei. Per molto tempo, poco si è saputo circa il laboratorio in cui la fotografa ospitava i modelli e realizzava le opere; ci si avvaleva solo delle sommarie descrizioni contenute nella sua (incompleta) biografia. Gli elementi visivi di cui oggi disponiamo ha consentito lo sviluppo di ipotesi realistiche circa le sue scelte stilistiche, il rapporto dei modelli con lo spazio, le pose fatte loro assumere, gli effetti delle lastre fotografiche, nonché la nascita di riflessioni sull’influenza che un determinato spazio ha operato nei confronti dell’artista. Il Capitolo IV intende contestualizzare approfonditamente il ruolo della fotografa all’interno del panorama artistico del periodo e chiarire quale fosse il suo rapporto con il pubblico. Se quest’ultimo accolse con favore le sue opere sin dall’inizio, la critica fu molto più feroce, riservandole spesso un trattamento più distratto rispetto a quello destinato ai colleghi di sesso maschile, quasi a voler seppellire l’audacia, la forza e l’originalità dei suoi scatti. Questo capitolo indaga anche il rapporto che l’artista intrecciò con Henry Cole, primo illuminato direttore del V&A che le permise di esporre in un museo. Proprio in occasione del 150° anniversario da tale mostra e del bicentenario della nascita di Cameron, nel 2015 sono state numerose le esibizioni in programma a lei dedicate, tra cui Julia Margaret Cameron: Influence and Intimacy al Science Museum e Julia Margaret Cameron al V&A. Il capitolo si chiude con un approfondito confronto tra le strutture, i display e i materiali esposti nel corso di queste due esibizioni, complementari fra loro. Il progetto nell’insieme dimostra che Cameron lavorò duramente per ottenere grandi risultati, senza dubbio perseguiti razionalmente, anche al di là dei topoi vittoriani e delle limitazioni culturali riservate alle donne del suo tempo. Le sue ricerche sono state continue e dirette su una duplice strada: quella della realizzazione personale come fotografa di successo, ma anche quella di sostentatrice della famiglia. Chi scrive espone infine il desiderio di proseguire questo percorso e trovare, in futuro, alcuni dei tasselli ancora mancanti per realizzare un’analisi veramente completa delle opere e delle motivazioni che permisero alla fotografa di diventare l’artista che è stata. Le recenti scoperte di Weiss sulla glass house sono un esempio dell’esistenza di ulteriori possibili aree di approfondimento. Sarebbe inoltre interessante accendere un faro sulle stanze del V&A utilizzate dalla fotografa durante la sua permanenza come artist-in-residence; sulla metodologia espositiva scelta o concessale in quest’occasione e, di conseguenza, quali opere furono presentate al pubblico e la reazione dei visitatori. Indagare, ancora, le motivazioni che guidarono la scelta dei soggetti allegorici, la qualità e la quantità dei lavori realizzati a Ceylon, ove la donna visse i suoi ultimi anni. Toccate con mano molte delle foto di Julia Margaret Cameron, studiate le sue memorie e missive, intervistati alcuni degli studiosi della sua arte, approfonditi innumerevoli testi a lei dedicati, la presente tesi si conclude con un auspicio, ovvero che le opere di questa donna vengano a breve conosciute ed apprezzate anche in Italia. Per gli studi fotografici del nostro paese sarebbe un’acquisizione e uno stimolo di notevole importanza. | URI: | http://hdl.handle.net/2307/40401 | Access Rights: | info:eu-repo/semantics/openAccess |
Appears in Collections: | Dipartimento di Architettura T - Tesi di dottorato |
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