Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2307/3863
Titolo: L'esistenza incerta del testo sceneggiatura
Autori: Ceselli, Daniela
Relatore: Albano, Lucilla
Data di pubblicazione: 10-mag-2011
Editore: Università degli studi Roma Tre
Abstract: Possiamo declinare l’oggetto sceneggiatura secondo diverse linee, tendenze e percorsi: sceneggiatura come antitesi creativa al vuoto, testo dall’esistenza incerta, universo di presentimenti, ma anche presentimento di immagini, di movimenti, di parole, di scene, di suoni. Nata dalla vaghezza del mondo onirico, dalla certezza di una tensione morale, dalla esperienza del reale. Incontro con il visibile e sfioramento dell’invisibile. Piacere del racconto, connubio di precisione e inventiva. Oggetto effimero, oggetto paradossale. Visualizzazione di immagini mentali, evocazione del film a venire. Progetto. Mezzo per ottenere un finanziamento, per ricordare a se stessi il percorso intrapreso, per proseguire il cammino. Processo in fieri, che si stratifica e condensa intorno a diversi vissuti e scelte, eppure inevitabilmente sconfina, oscillando avanti e indietro sull’asse della riflessione. Costruzione e composizione giocata sulla solidarietà interna tra le parti, suscettibili di andare incontro a trasformazioni inedite. Eccesso della scrittura, rifiuto della scrittura eccedente. Cerchio concluso destinato a infrangersi contro gli scogli di una rielaborazione continua. Cerchio che non si conclude mai, disponibile alla dialettica, in cerca di una “quadratura” a venire: la ripresa, il montaggio, il film, lo spettatore. Questo lavoro segue tre percorsi di ricerca, volti ad avvalorare l’instabilità costitutiva e permanente del testo sceneggiatura, un’instabilità vitale, dinamica che, a dispetto delle apparenze, ne sostanzia la natura e la pratica, e rinvia ad un’incertezza di definizione, che tuttavia ne costituisce la forza attrattiva e la potenzialità operativa. Il primo è di taglio storico e ripercorre, a grandi linee, la formazione, o sarebbe più opportuno dire le molte trasformazioni, della scrittura destinata al cinema, affrontando il passaggio dal muto al sonoro, con particolare attenzione al cinema delle origini, al cinema realizzato nell’ambito dello studio system, al cinema in Italia. Il secondo è di natura teorica e, a partire dalla nota definizione di Pasolini sulla sceneggiatura, come struttura che vuole essere altra struttura, indaga l’oggetto da diversipunti di vista, con la possibilità di ascriverlo al campo d’indagine dei Visual Studies e affrontarne la molteplicità dei livelli significanti, aprendosi alla nozione di intertestualità. Il terzo è un tentativo di analisi intertestuale di alcuni film che, già sulla carta, si ispirano al romanzo Delitto e castigo di Fëodor Dostoevskij, senza tuttavia esserne un adattamento; una materia calda, attorno alla quale si intrecciano i percorsi e l’immaginazione di alcuni autori (registi e sceneggiatori) in momenti differenti, contesti dissimili e a diverse latitudini. Mi riferisco a Pickpocket ( 1959) di Bresson, Taxi Driver (1976) di Scorsese, Salto nel vuoto (1980) di Marco Bellocchio. L’ipotesi di fondo è che la sceneggiatura sia un luogo provvisorio di intertestualità attiva, interno al sistema filmico, la cui operatività processuale, oltre ad essere incentrata sulla comunicazione e su una serie di regole che ne fissano le possibilità e la tecnica, è, e resta, libera espressione, libero gioco dell’immaginazione, di uno o più individui (scrittore, regista, produttore) inseriti in un discorso culturale e sociale, oltre che in un modo di produzione; protagonisti, spesso invisibili, di una viva dialettica tra ricezione del mondo e sua metabolizzazione espressiva, arginata dalla pagina scritta, sostenuti da una memoria personale e collettiva, consapevolmente o inconsapevolmente mossi da un pensiero cosciente e inconscio che, da questa fitta rete di interazioni, trae profili, temi, sequenze, nodi narrativi. La sceneggiatura è un tipo di testo che, nello svolgersi della sua storia, nella complicata fisiologia che gli appartiene, nel conseguimento stesso di una tekné e di un assestamento formale, pone molti interrogativi sulla comprensione della procedura in sé, sul tema del narrativo cinematografico e sulla capacità di immaginare. La sceneggiatura, sebbene abbia fama di testo costruito, logico nei passaggi, concatenato negli eventi, serrato nelle traiettorie e negli obiettivi, rinvia ad un processo in fieri, che trae spunto e forza vitale da emozioni e reazioni, da processi dialogici continui, da un concetto più ampio possibile di esperienza, e di esperienza cinematografica in particolare, dalla elaborazione cognitiva dell’esistente, ma si confronta con quegli strumenti esosomatici che solo l’uomo, unico tra tutte le specie, è riuscito a creare per intervenire sulla realtà e rielaborarla creativamente. La constatazione della sua instabilità situa l’oggetto o il testo della sceneggiatura dentro un orizzonte comune a diversi campi dell’operare artistico, ma l’avvicina anche ad un’idea moderna di scienza, intrinsecamente relazionale, per cui “nessun sistema, qualunque sia la sua complessità, è strutturalmente stabile. Nessuno è al riparo dalle trasformazioni legate all’introduzione di nuovi attori, di nuove prospettive. Non c’è fine alla storia”. E infatti le storie continuano ad essere raccontate e le sceneggiature ad esser scritte.
URI: http://hdl.handle.net/2307/3863
Diritti di Accesso: info:eu-repo/semantics/openAccess
È visualizzato nelle collezioni:X_Dipartimento di Comunicazione e spettacolo
T - Tesi di dottorato

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