Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/638
Title: La responsabilita' penale del medico in caso di trattamenti terapeutici effettuati in assenza del consenso informato del paziente
Authors: Modica, Gigi Omar
Advisor: Trapani, Mario
Issue Date: 18-Mar-2010
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract:  La presente tesi riguarda il tema della responsabilità penale del medico in caso di  trattamento terapeutico arbitrario, cioè effettuato senza il preventivo consenso informato del  paziente, in assenza di profili di colpa professionale in capo al medico e in situazioni non  riconducibili alla causa di giustificazione dello stato di necessità. Si tratta di un tema che ha avuto  risposte variegate nell’ambito della dottrina e giurisprudenza.     Per rispondere alla suddetta domanda si è innanzitutto illustrato il fondamento normativo  e costituzionale del consenso informato, evidenziando le molteplici fonti, nazionali ed  internazionali, di disciplina dello stesso. Quindi, si è affrontata la questione centrale  dell’inquadramento dogmatico del consenso informato e del fondamento di legittimità dell’attività  medica, passando in rassegna le molteplici ipotesi ricostruttive formulate dagli studiosi: le tesi che  inquadrano il consenso informato e il trattamento medico nell’ambito delle cause di  giustificazione (esercizio del diritto, adempimento del dovere, consenso dell’avente diritto, stato  di necessità, scriminante atipica o costituzionale), la tesi dell’autolegittimazione della pratica  medica (purché basata, secondo la versione più accreditata, sul consenso del malato), la tesi che  ricostruisce il consenso informato quale regola cautelare o quale elemento incidente (in negativo)  sul nesso di causalità.    Si è dato conto, quindi, delle diverse e contrastanti soluzioni rese, a partire da una nota  pronuncia dell’inizio degli anni 90, dalla giurisprudenza in merito agli effetti penali del trattamento  medico abusivo: l’irresponsabilità penale del medico, le lesioni dolose o colpose, la violenza  privata e, in caso di decesso del malato, l’omicidio preterintenzionale o “la morte o lesione come  conseguenza di altro delitto doloso”.    In particolare ci si è soffermati su una recente sentenza delle S.U. del 2009 la quale ha in  parte risolto i contrasti manifestatisi in argomento in giurisprudenza, stabilendo che: il reato di cui  all’art. 610 c.p. non sussiste per la inconfigurabilità dei requisiti di fattispecie della violenza e della  costrizione, salvo il caso del dissenso terapeutico espresso del paziente; in presenza del consenso  informato del malato, l’attività medica si autolegittima e gli eventuali esiti lesivi invalidanti della  stessa sono coperti da una sorta di scriminante costituzionale che trova fondamento direttamente  nell’art.32 della Costituzione; in assenza del congruo interpello dell’infermo, se l’esito  dell’intervento medico è fausto, viene a mancare l’elemento di fattispecie della malattia del reato  di lesione (atipicità del fatto); se l’esito è infausto, il reato di lesioni è integrato sul piano oggettivo  ma, il più delle volte, difetterà il dolo dell’agente; in caso di errore del medico sulla esistenza del  consenso o di eccesso dai limiti dello stesso, qualora sia addebitabile all’agente una condotta  negligente, imprudente o imperita, sarà configurabile una responsabilità per lesioni colpose ex  artt. 55 e 59, co. IV, c.p. .    Della suddetta pronuncia sono stati focalizzati i punti problematici relativi: al contrasto tra  la rilevanza costituzionale del consenso informato (artt. 2, 13 e 32 Cost.) e la soluzione della  sostanziale irresponsabilità penale medica; alla ricostruzione dell’elemento normativo di  fattispecie della malattia (e del connesso concetto di esito fausto); alla individuazione del bene  giuridico protetto dai reati di lesione (integrità fisica o salute); alla asserita incompatibilità  concettuale tra il dolo delle lesioni ed il fine terapeutico.     Oggetto di attenzione è stato, in particolare, il rischio che la soluzione della irresponsabilità  penale comporti un ridimensionamento del principio del consenso informato, principio tanto  declamato in astratto quale bene di caratura costituzionale, quanto poco tutelato in concreto  avuto riguardo alla disciplina legislativa e alle conseguenze penali in capo al medico. Anche per  questo, de iure condendo, viene suggerita la previsione di una norma incriminatrice ad hoc del  trattamento arbitrario.    Viene criticata, inoltre, l’adozione da parte della Suprema Corte di una nozione oggettiva di  esito fausto, basata prevalentemente su parametri di tipo clinico/medico, con esclusione del  punto di vista del paziente. Se, infatti, l’interesse tutelato dagli artt. 582 e ss. è la salute  dell’individuo, non si può, in ossequio ad una moderna concezione della stessa (salute come  benessere psicofisico e non solo come assenza di malattia), prescindere dal modo in cui il malato  intenda la propria salute ed il proprio benessere.    Problematica appare, infine, la esclusione del dolo dell’agente medico, non potendosi  escludere a priori la ricorrenza quanto meno della forma eventuale del dolo e dovendosi tenere  distinti i piani dell’elemento soggettivo da quello del fine o movente terapeutico.   
URI: http://hdl.handle.net/2307/638
Appears in Collections:X_Dipartimento di Diritto dell'Economia ed Analisi Economica delle Istituzioni
T - Tesi di dottorato

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