Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2307/594
Titolo: Gruppi parlamentari e rappresentanza politica nell'ordinamento italiano
Autori: Pergolani, Michele
Relatore: Bonfiglio, Salvatore
Data di pubblicazione: 29-apr-2010
Editore: Università degli studi Roma Tre
Abstract: Il progetto di ricerca “Gruppi parlamentari e rappresentanza politica nell’ordinamento italiano” affronta alcuni temi ampiamente dibattuti in ambito giuridico: le funzioni dei gruppi parlamentari in rapporto all’evoluzione del parlamentarismo, la particolare configurazione che i gruppi hanno assunto in relazione alla forma di governo, i rapporti che intercorrono tra gruppi, partiti e singoli parlamentari. È risultato indispensabile definire, seppure sinteticamente, il ruolo progressivamente assunto dai partiti politici rispetto agli originari gruppi parlamentari all’interno delle Assemblee elettive, evidenziando pertanto la posizione ambivalente dei gruppi: questi ultimi sono essenziali per l'organizzazione dei lavori parlamentari e, contemporaneamente, sono uno strumento ineliminabile rispetto agli obiettivi politici dei partiti. In questa prospettiva, il progetto di ricerca analizza il nesso esistente – anche se poco strutturato in Costituzione – tra partito politico presente nella società civile e gruppo parlamentare operante in Parlamento. Il profilo giuridico dell’indagine dimostra altresì che il diritto parlamentare si è collocato spesso all’avanguardia rispetto al diritto costituzionale (ad esempio con i nuovi regolamenti del 1971), in anticipo cioè rispetto alle evoluzioni in seguito registrate dalla forma di governo e/o dal sistema politico–istituzionale. In altre fasi, invece, i regolamenti parlamentari hanno finito per ostacolare alcune innovazioni presenti – anche soltanto in nuce – nelle dinamiche del sistema politico. Lo studio evidenzia, a partire dai primi anni del secolo scorso, le funzioni ed il ruolo assunti dai gruppi parlamentari all’interno delle Assemblee parlamentari in Italia, il loro concreto atteggiamento nei confronti del governo, e quindi la crescente importanza dei regolamenti parlamentari per il buon funzionamento del nostro sistema parlamentare. In questo senso, la questione della riforma dei regolamenti parlamentari – nelle parti in cui disciplinano prerogative, modalità di costituzione e funzionamento dei gruppi – è indicata, assieme alle riforme costituzionali ed alla riforma della legge elettorale, come lo strumento necessario per concorrere ad una semplificazione del quadro politico e ad un miglioramento dell’efficienza del parlamento e quindi anche del governo. Sul piano del metodo, è utile ricordare che le norme del diritto parlamentare non determinano (e non potrebbero determinare) di per sé gli assetti del sistema politico, ma forniscono agli attori politici una serie di incentivi o disincentivi, incidendo così solo indirettamente sulle dinamiche del sistema politico. Le regole vigenti che disciplinano i gruppi parlamentari sono state elaborate, nel loro impianto di fondo, nel 1971, in piena epoca proporzionalistica e hanno, dall’inizio degli anni ’80 alla fine degli anni ’90, subìto una serie di rilevanti modifiche, avvenute però in assenza di un coerente disegno di fondo: per questo esse presentano non poche contraddizioni, sia interne sia esterne, nel rapporto cioè con le norme costituzionali sopravvenute. Retrospettivamente si può affermare che, dal 1993 in poi, i regolamenti parlamentari – non isolatamente, ma insieme alla disciplina elettorale “di contorno” –, lungi dall’incoraggiare una trasformazione in senso bipolare del confronto politico, hanno incentivato la frammentazione del sistema partitico e, con poche eccezioni, garantito la continuità della logica proporzionalistica pre-esistente.Il primo capitolo affronta il tema dei gruppi parlamentari in una prospettiva primariamente storica: in questo senso, la storia costituzionale dei prima cinquanta anni del secolo scorso rappresenta il presupposto per lo studio del ruolo dei gruppi parlamentari nel nostro ordinamento giuridico. Il punto di partenza dell’indagine è certamente l’introduzione del sistema elettorale proporzionale. Le prime elezioni politiche del dopoguerra (novembre 1919) – le prime tenute col metodo della rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista – determinarono una consistente affermazione elettorale dei partiti di massa. Sul versante parlamentare le conseguenze furono importanti perché i gruppi parlamentati non erano più raggruppamenti di deputati con idee analoghe, ma rappresentavano esponenti di partito. Una delle conseguenze fu quella di modificare – in due tempi, nel 1920 e nel 1922 – il regolamento della Camera dei deputati, il quale non poteva non considerare la nuova realtà partitica. È evidente che la creazione dei gruppi costituisce un punto di svolta nella realtà parlamentare: con le riforme degli anni ’20 del secolo scorso, i gruppi non sono più elementi accessori delle camere, ma diventano strumenti essenziali per l’attività parlamentare. La vicenda storica del periodo transitorio ebbe notevole influenza sulla configurazione costituzionale del ruolo dei partiti. La maggiore preoccupazione dei Costituenti fu quella di affermare il principio del pluralismo partitico: la funzionalità democratica e la stessa democraticità di un sistema politico potevano essere garantite solamente dal pluralismo di partiti e dalla loro competizione. Pertanto, lo studio dei lavori preparatori della Carta fondamentale della Repubblica italiana dimostra che il dibattito sui gruppi parlamentari sia stato estremamente limitato in quanto la loro esistenza era considerata come inevitabile e necessaria per una razionale organizzazione dei lavori parlamentari. Il secondo capitolo delinea alcune problematiche legate alla rappresentanza. In particolare, nel nostro sistema costituzionale, il principio della sovranità popolare (art. 1 Cost.) si concretizza con il voto democratico (art. 48 Cost.), attraverso la forma organizzata dei partiti (art. 49 Cost.) e si trasforma in rappresentanza parlamentare. In questa prospettiva, il principio del mandato imperativo risulta dirimente per una corretta interpretazione dei rapporti che intercorrono tra gruppi e partiti politici. Lo studio dei lavori preparatori della Carta fondamentale rivela una carenza di fondo circa la individuazione del legame esistente tra agli articoli 1, 48, 49 e 67 della Costituzione in senso orizzontale. Particolarmente significative sono le riflessioni (v. C. Mortati) sul nesso strutturale tra la rappresentanza politica, sistema elettorale e struttura sociale. I numerosi tentativi della dottrina di pervenire ad una definizione condivisa in merito alla natura giuridica dimostrano la irriducibile complessità del gruppo parlamentare. Peraltro, la recente evoluzione del sistema politico italiano, segnata dal declino dei tradizionali partiti di massa e quindi della forma–partito affermatasi dal secondo dopoguerra del secolo scorso, ha portato la dottrina a riconsiderare la definizione della natura giuridica del gruppo attraverso schemi interpretativi differenti. La stessa disciplina di partito assume attualmente caratteri notevolmente meno rigidi in considerazione del mutato rapporto tra partito e gruppo: le conseguenze più importanti sono certamente l'instabilità e la fluidità dei partiti politici in Parlamento, anche con riferimento al fenomeno della c.d. mobilità parlamentare. Il terzo capitolo analizza il ruolo e le funzioni svolti dai gruppi nel corso dei primi anni di storia repubblicana, fino al 1971, l’anno dei primi regolamenti parlamentari autenticamente nuovi. Gli aspetti problematici sono di assoluto rilievo poiché i regolamenti delle camere del 1949 recepirono la figura dei gruppi parlamentari così come sostanzialmente delineata dalla riforma degli anni 1920-22. La dottrina costituzionale dell’epoca ha dovuto tener conto di una Costituzione completamente e radicalmente nuova, ma alla luce di regolamenti parlamentari antichi. Così, la Costituzione repubblicana, che delineava un governo democraticamente “forte” e con una sua autonomia costituzionale, ha dovuto confrontarsi con regolamenti parlamentari in grado di creare le condizioni per un governo debole “in” parlamento. La riforma parlamentare del 1971 ha prodotto i primi regolamenti autenticamente originali della storia repubblicana, prendendo atto del processo irreversibile che aveva per protagonisti i gruppi – e quindi i partiti in Parlamento – anziché i singoli deputati: i gruppi e i loro capigruppo vengono dotati di nuovi e rilevanti poteri, mentre alla Conferenza dei capigruppo è affidato il decisivo compito della programmazione dei lavori parlamentari. Nel 1981 il regolamento della Camera è stato emendato, anche per far fronte all’ostruzionismo dei piccoli gruppi, consentendo un’alternativa all’unanimità per la programmazione dei lavori. Nel 1988 sono state approvate alcune importanti modifiche ai regolamenti, al fine di rafforzare la stabilità governativa, assoggettando i partiti di maggioranza alle decisioni governative, attraverso, in particolare, l’utilizzazione dello scrutinio palese. L’analisi dei criteri per la costituzione dei gruppi parlamentari – quello numerico e quello politico – dimostra che la prassi parlamentare, e il conseguente riconoscimento dei gruppi “in deroga” alle regole parlamentari, ha rappresentato un elemento decisivo per l’evoluzione del ruolo dei gruppi all’interno delle dinamiche del sistema politico nel suo complesso (v. il multipartitismo e la frammentazione delle forze politiche). Il quarto capitolo affronta il tema dell’adeguamento dei regolamenti parlamentari al mutato contesto elettorale. Infatti, i due referendum del 1991 e del 1993 rivoluzionano il sistema politico italiano, affrontando la problematica dei partiti dal punto di vista elettorale. Nel 1991 viene eliminato il meccanismo del voto di preferenza, mentre nel 1993 vengono introdotti nuovi sistemi di elezione “tendenzialmente” maggioritari e non più rigidamente proporzionali. I regolamenti parlamentari rimangono in una posizione di retroguardia: per questo, le prospettive di ricerca si ampliano in ragione della significativa novità rappresentata dalla “coalizione” pre-elettorale. È necessario evidenziare che le coalizioni non trovano un luogo di accoglienza nelle strutture parlamentari, poiché queste ultime rimangono organizzate per gruppi, in base alle antiche regole. Il progetto di ricerca intende indagare ed approfondire tale incongruenza: il mancato adeguamento dei regolamenti ad un nuovo assetto partitico “tendenzialmente” bipolare e maggioritario, non rappresenta solamente un anacronismo, ma anche un incentivo alla frammentazione politica ed alla mobilità parlamentare. I successivi interventi di modifica sui regolamenti solo in parte hanno perseguito l’obiettivo di adeguarli alle leggi elettorali prevalentemente maggioritarie. Infatti, nel 1997, la Camera ha modificato la propria organizzazione per gruppi, ma in un senso diametralmente opposto alla logica elettorale: è previsto che in seno al “gruppo misto” si costituiscano «componenti politiche», sottogruppi da tre a dieci deputati, corrispondenti ad aggregazioni politiche minori (art. 14, comma 5). Il quinto capitolo delinea le tendenze evolutive dei gruppi parlamentari in un contesto caratterizzato da innovazioni potenzialmente in contrasto tra loro: le modifiche della legislazione elettorale in senso maggioritario, il mancato adeguamento dei regolamenti parlamentari, la auspicata semplificazione del sistema politico, la mobilità e la frammentazione parlamentare, nonché la necessaria funzionalità del sistema parlamentare nel suo complesso. Le recenti proposte di modifica dei regolamenti, volte ad impedire o limitare la frammentazione parlamentare, rappresentano il tentativo di introdurre regole più restrittive per la formazione dei gruppi parlamentari. Le modifiche hanno affrontato la possibile innovazione costituita dai “gruppi di coalizione”, e quindi l’eventuale “parlamentarizzazione” delle coalizioni partitiche pre−elettorali. Ad esempio, i gruppi non solo dovrebbero presentare un numero minimo di componenti, ma dovrebbero rappresentare un partito o movimento politico, anche risultante dall’aggregazione di più partiti, che abbia presentato alle elezioni proprie liste di candidati con lo stesso contrassegno, conseguendovi l’elezione di deputati. L’intento è quello di evitare che, dopo le elezioni, da una lista si originino più gruppi parlamentari, come spesso è accaduto. In tal senso la norma si completa con la previsione di un unico gruppo parlamentare anche per le liste di candidati presentate con il medesimo contrassegno da più partiti. Tale norma, volta ad evitare la frammentazione, prevedendo una rigida corrispondenza tra liste e gruppi, impedisce tuttavia anche processi aggregativi di più liste in un unico gruppo, come, seppur assai più raramente, si è comunque verificato. La possibilità di costituzione di gruppi “autorizzati” in deroga al numero minimo è sottoposta a forti limitazioni e solamente qualora ricorrano determinate condizioni (ad esempio purché siano trascorsi almeno ventiquattro mesi dall’inizio della legislatura). La c.d. legislazione elettorale di contorno appare ancora più contraddittoria: essa continua a produrre e riprodurre un assetto partitico proporzionalistico. La normativa sul finanziamento pubblico dei partiti politici ha mostrato la sua inadeguatezza nel riconoscere la centralità delle coalizioni e della dinamica bipolare delle competizioni elettorali, incentivando, al contrario, la frammentazione dei gruppi parlamentari.
URI: http://hdl.handle.net/2307/594
È visualizzato nelle collezioni:X_Dipartimento di Studi Internazionali
T - Tesi di dottorato

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