Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2307/5053
Titolo: Il padre tra normativita' ed affettivita'. Ruolo e funzione paterna in rapporto alla disabilita' del figlio : uno sguardo pedagogico
Autori: Corsi, Francesca Maria
Relatore: Bocci, Fabio
De Angelis, Barbara
Parole chiave: figlio
padre
normativita' affettivita'
disabilita'
Data di pubblicazione: 18-giu-2015
Editore: Università degli studi Roma Tre
Abstract: La ricerca “Il padre tra normatività ed affettività. Ruolo e funzione paterna in rapporto alla disabilità del figlio: uno sguardo pedagogico” ha come oggetto la figura del padre in relazione alla disabilità di un figlio e si iscrive all’interno di un progetto più ampio sulla funzione paterna che coinvolge alcune università italiane e straniere (Roma, Bologna, Padova, Lione). Il dibattito intorno al ruolo del padre nei processi educativi del figlio – che la letteratura di settore descrive come articolata lungo un continuum che va dall’assenza più totale alla sovrapposizione con la funzione materna (il mammo) – ha stimolato una riflessione soprattutto sulla sua funzione normativa. Tale questione che ha indubbiamente una valenza generale riguardando tutti i padri, assume contorni ancora più significativi in riferimento al padre di un/a figlio/a disabile. In altri termini ci si è chiesti se e in che misura il padre di un figlio disabile agisca tale funzione normativa e in che misura questa si correli a quella affettiva. Di conseguenza, la domanda di ricerca che abbiamo posto al centro della nostra indagine concerne la seguente questione: quanto i vissuti dei padri di figli disabili, le loro percezioni e convinzioni, sono il frutto di una epistemologia dominante che considera (ancora) la disabilità come tragedia personale − ossia alla stregua di un problema tutto interno alla persona che ne è portatrice – e, di conseguenza, sono l’esito dei dispositivi di tichettamento/marginalizzazione/esclusione insiti nelle retoriche discorsive che valorizzano l’abilismo, la produttività e la normalità? Trattandosi di uno studio pilota si è scelto di rilevare le percezioni dei protagonisti mediante interviste semi-strutturate. In questa fase sono stati coinvolti 14 padri di figli disabili tra i 6 ai 10 anni. In virtù del numero dei soggetti coinvolti si è proceduto ad una analisi qualitativa per mezzo del software N-vivo. L’intervista è stata da noi ritenuta una modalità efficace per attivare un dialogo autentico e dinamico in grado di consentire un approccio flessibile a un tema così delicato ed intimo. Il ricorso a tale strumento, poi, ha permesso di raccogliere una notevole quantità di informazioni e di impressioni che i padri hanno rispetto al loro ruolo all’interno della famiglia, le loro esperienze personali e i loro compiti educativi. I risultati hanno messo in evidenza alcuni aspetti significativi rispetto a quanto sottoposto a indagine: dalle risposte dei padri intervistati emerge una figura paterna affettiva, presente nella vita dei figli e collaborativa nella gestione del quotidiano. Funzione di cura è funzione normativa sono bilanciate, mentre i dati non confermano quei tratti disfunzionali (assenza vs mammismo) che una parte della letteratura recente ha attribuito al padre. Tra i nodi maggiormente interessanti che sono emersi vi sono quelli inerenti: - l’elaborazione del “lutto impossibile” (Gardou, 2006) e della ferita narcisistica (Korff Sausse, 2006). - il difficile equilibrio tra normatività e affettività; - la propensione alla funzione di accudimento rispetto a quella propriamente educativa; - la differente percezione tra il ruolo (essere padre) e la funzione (esercitare la paternità) in merito alla qualità e alla quantità di collaborazione con la madre nell’esercizio della genitorialità; - i vissuti esperiti in tutte le dimensioni ora indicati. La sfida, che appare una delle più importanti e, allo stesso tempo, più complesse in ambito socioeducativo, è stata quella di trasformare la risposta “specialistica” in “ordinaria”, laddove la focalizzazione sul “bambino disabile” di stampo bio-medico individuale sembra ancora prevalere a discapito di un approccio globale alla famiglia e al suo benessere. Anche per questa ragione non si è scelto di “posare lo sguardo” su un tipo specifico di impairment, a motivo del fatto che lo scopo della nostra azione di ricerca non è quello di elargire/distribuire supporti compensativi meramente strumentali (che rinforzano l’azione di delega all’esperto e allo specialista) ma di co-costruire con i padri l’azione da intraprendere, a partire dai repertori di competenza di cui sono possessori e portatori, i quali sono troppo spesso sottaciuti o non valorizzati poiché schiacciati dal peso delle interpretazioni derivate dai modelli socio-culturali imperanti.
URI: http://hdl.handle.net/2307/5053
Diritti di Accesso: info:eu-repo/semantics/openAccess
È visualizzato nelle collezioni:Dipartimento di Scienze della Formazione
T - Tesi di dottorato

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