Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4770
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dc.contributor.advisorCaudo, Giovanni-
dc.contributor.authorVazzoler, Nicola-
dc.date.accessioned2015-12-09T14:27:34Z-
dc.date.available2015-12-09T14:27:34Z-
dc.date.issued2015-06-16-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/4770-
dc.description.abstractLa Tesi di Dottorato intende ragionare attorno al concetto d’intensità urbana con cui descrivere città e territori contemporanei. Il termine intensità rimanda alle relazioni che s’instaurano fra individui e spazio, alle pratiche che, ad una scala più ampia, disegnano traiettorie che s’intrecciano e sovrappongono sul territorio. Un territorio abitato, una realtà che oggi non “impone” più un dentro e un fuori, o ne propone molteplici, città e territorio infatti non sono più in antitesi ma fra loro si comprendono. E se il termine urbano intendeva specificare la natura delle relazioni indagate risentirà necessariamente di questo nuovo rapporto. La pratica quindi assume un ruolo strumentale: l’intensità urbana allude alla somma delle diverse tracce e traiettorie che le pratiche realizzano sui territori abitati e può diventare un mezzo con il quale esplorare la città contemporanea, difficilmente interpretabile dal punto di vista fisico. Un’“immagine” di città diversa da quella percepita o consolidata nell’immaginario collettivo e che tenta di mettere a sistema parti di territorio praticate, vicine o lontane che siano. Si propone quindi un mezzo finalizzato all’interpretazione di una dimensione “non fisica” della città. Una categoria di lettura delle pratiche che restituisce la città nella sua interezza e contemporaneamente una descrizione dell’“urbano” legato, entro questa interpretazione, all’esperienza dei territori piuttosto che alla loro dimensione fisica, non più certa e/o misurabile. Il percorso di ricerca cerca dapprima di restituire una definizione preliminare d’intensità urbana attraverso una narrativa teorica che guarda alla pratica in quanto dimensione “relazionale”, ovvero che produce un rapporto fra spazio, “luogo praticato” (De Certau, ‘L’invention du quotidiane’, 1980), e individuo, costruttore di narrative personali e attuatore di senso nel pastiche postmoderno (Amendola, ‘La città postmoderna’, 2003), ponendosi all’interno di un passaggio che ha a che fare con il modo di fare e interpretare la città associato alle profonde azioni di ristrutturazione urbana, riflessi dei più ampi cambiamenti che hanno interessato l’economia mondiale a partire dagli anni ‘60 (ci si riferisce allo scarto postmoderno che secondo Soja - Postmetropolis, 2000 - ha messo in crisi anche le strutture tradizionali di analisi e interpretazione urbana). Successivamente il percorso assume carattere laboratoriale perché, una volta ottenuti gli “strumenti”, si confronta con una porzione di “frangia” dell’area metropolitana di Roma cercando prima di leggere le forme assunte da questa porzione di territorio e le pratiche ad essa associate e successivamente applicarvi le questioni sollevate sul tema. L’approccio utilizzato vuole porsi entro il passaggio evidenziato da Soja in Postmetropolis (2000) che non può che essere utilizzato come suggestione per osservare e mettere alla prova i fenomeni e i processi di metropolizzazione e ragionare sull’intensità urbana nel contesto romano. Prendendo per buoni gli assunti teorici citati nella prima parte, ci si confronta con la forma della città contemporanea e con le sue pratiche. Sempre diversa, difficilmente assoggettabile a un modello ed esportabile. Ci si cala, inoltre, in una situazione di frontiera che sfuggendo al paradigma, perché in evoluzione, obbliga a lavorare per tentativi per giungere a un risultato. Si propone quindi un percorso esplorativo, che può disorientare esploratore e lettore, ma che tenta di produrre/individuare ipotesi (che forse non sono esportabili). Da Roma si parte non s’intende arrivare. Lavorare sull’apparente marginalità di questa porzione di territorio permette di capire cosa queste aree possono offrire, anche di diverso da Roma, se è possibile rifuggire da un immaginario consolidato, metropolitano radiocentrico, “centripeto”, se questi territori possono risultare in parte autonomi. S’intende quindi trovare una forma nella discontinuità fisica dei territori, una rottura nella struttura metropolitana continua il tutto sostenuto da una dimensione non fisica della città.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.subjectromait_IT
dc.subjecturbanoit_IT
dc.subjectintensità urbanait_IT
dc.subjectpraticheit_IT
dc.subjecttraiettorieit_IT
dc.titleIntensità urbana : un rapporto ragionato a partire dal caso di Romait_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Ingegneria civile e Architettura::URBANISTICAit_IT
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Ingegneria civile e Architetturait_IT
dc.subject.anagraferoma3Ingegneria civile e Architetturait_IT
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Architettura*
item.languageiso639-1other-
item.fulltextWith Fulltext-
item.grantfulltextrestricted-
Appears in Collections:Dipartimento di Architettura
T - Tesi di dottorato
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