Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4631
Title: Concorrenza e ambiente : il caso dei sistemi di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio
Authors: Blasi, Enrica
Advisor: Rossi, Giampaolo
Keywords: ambienti
imballaggi
concorrenza
Issue Date: 10-Jun-2013
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: Nonostante gli imballaggi facciano ormai parte del comune vissuto quotidiano, gli studiosi di diritto hanno sinora dedicato ad essi scarsa attenzione, relegandone la trattazione nell’ambito del più ampio settore dei rifiuti (con i quali essi hanno senza dubbio un rapporto di genus ad speciem), e così finendo per sottovalutarne i profili di assoluta unicità. Dal punto di vista merceologico gli “imballaggi” costituiscono una tipologia di beni del tutto peculiare, poiché, pur essendo oggetto di processi di consumo, essi non sono desiderabili in quanto tali, ma soltanto nella misura in cui consentano la fruizione di altri beni (le merci imballate). Si tratta, infatti, di beni “serventi” rispetto ad altri beni di consumo, che durano finché sono idonei ad esplicare la loro funzione, trasformandosi in rifiuti di imballaggio non appena il bene rispetto al quale servono da involucro, da strumento di trasporto o di manipolazione, sia stato consumato o trasportato, o comunque nel momento in cui sia venuta meno la loro utilità iniziale. La spiccata continuità tra l’imballaggio-bene e l’imballaggio-rifiuto si manifesta anche sotto il profilo meramente economico, in considerazione dell’irrisorio “deprezzamento” che subiscono gli imballaggi nel momento in cui si trasformano in rifiuti, al punto che si è detto che nelle mani del detentore “non transitano rifiuti, bensì risorse”. Tali peculiarità si riflettono nella particolare accezione che assumono i principi mutuati dal diritto ambientale quando trovano applicazione nel settore in esame: se con riguardo alla generalità dei rifiuti, il principio “chi inquina paga” implica la responsabilità del consumatore per i rifiuti da lui intenzionalmente prodotti, dei quali è chiamato a sostenere gli oneri di gestione (mediante il pagamento di una tariffa/tassa), nel caso degli imballaggi la responsabilità retrocede in capo ai loro produttori ed utilizzatori, responsabili di aver immesso sul mercato beni destinati a trasformarsi in rifiuti in tempi brevi, a prescindere dalla volontà del consumatore. La “corretta ed efficace gestione ambientale” di cui si devono far carico produttori e utilizzatori, riguarda le operazioni di ritiro (degli imballaggi conferiti nel flusso dei rifiuti solidi urbani e raccolti in maniera differenziata dal gestore pubblico), di raccolta sul suolo privato (degli imballaggi industriali non conferiti nel sistema pubblico), di ripresa e riutilizzo (degli imballaggi usati riutilizzabili), riciclaggio, recupero ed eventualmente smaltimento dei rifiuti di imballaggio. Ma è soprattutto sulla corretta attività di prevenzione che si gioca l’effettività del principio della responsabilità estesa del produttore (art. 187 bis del d.lgs. 152/2006), grazie al quale il legislatore ha ampliato la sua visuale dal “fine vita” degli imballaggi-rifiuto all’intera “vita” degli imballaggi-beni, secondo un approccio definibile non più “dalla culla alla tomba”, ma “dalla culla alla culla”. Tale ripartizione degli oneri di gestione ha determinato, sul piano organizzativo, l’istituzione di un consorzio, operante a livello nazionale, composto dai produttori ed utilizzatori di imballaggi che non intendano predisporre sistemi autonomi di gestione: il Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi). La specificità del quadro disciplinare colloca inoltre la materia degli imballaggi al crocevia tra interessi ambientali ed interessi concorrenziali, essendo essi merci di consumo liberamente circolanti sul mercato, delle quali è al tempo stesso necessario garantire una corretta gestione sul piano ambientale. Obiettivo del presente lavoro è quello di offrire una ricostruzione del modello di gestione degli imballaggi apprestato nel nostro ordinamento giuridico. In particolare, verranno presi in esame il profilo soggettivo-organizzativo, relativo alla natura giuridica del Conai (secondo capitolo), quello inerente le modalità di finanziamento del sistema, con particolare riguardo al contributo ambientale riscosso dal consorzio e alla compatibilità dello stesso con la disciplina sugli aiuti di Stato (terzo capitolo) e in ultimo quello dei rapporti tra le modalità operative del Conai e le regole di concorrenza, con particolare attenzione alla presenza pressoché esclusiva dello stesso nel mercato della gestione di questa particolare categoria di merci (quarto capitolo). Il Conai, consorzio dalla fisionomia ibrida, è dotato di personalità giuridica di diritto privato, ma opera in via pressoché esclusiva sul territorio nazionale al fine di soddisfare l’interesse pubblico alla corretta gestione dei rifiuti di imballaggio e consentire altresì ai consorziati (produttori e distributori di imballaggi) di adempiere agli obblighi di gestione sui medesimi ricadenti per legge. Sebbene l’esistenza di varie misure di controllo pubblico (sullo Statuto, sul Regolamento, sugli organi e sull’attività) potrebbe indurre a ritenere che il Conai abbia veste pubblicistica, deve rilevarsi il prevalere dei tratti privatistici, come sostenuto dalla giurisprudenza che di recente ha ritenuto il contributo Conai come oggetto di un’obbligazione consortile. È dunque tra i soggetti privati incaricati dello svolgimento di funzioni pubbliche che pare opportuno collocare il Conai, investito per legge di una funzione pubblica, in ragione della quale si giustifica l’atipicità del regime giuridico. Tali conclusioni consentono di esaminare il profilo dei “finanziamenti” di cui gode il Conai tramite la riscossione annuale di un contributo: l’assenza di un controllo pubblico sia in ordine alla destinazione che alla quantificazione di tali somme consente di escludere la qualificabilità di tali contributi come “risorse pubbliche”, e di conseguenza come aiuti di Stato. Infine, con riguardo ai rapporti tra il Conai e gli altri eventuali modelli alternativi astrattamente previsti per legge, l’analisi è condotta con riguardo alle norme recanti il divieto di abuso di posizione dominante e di intese restrittive. Certamente l’assetto normativo e fattuale rivelano l’esistenza di una posizione dominante in capo al Conai, unico modello di gestione operante a livello nazionale, nonostante il dato normativo consenta la costituzione di sistemi alternativi. Oltre ai rilievi sollevati nel tempo dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con riferimento a profili specifici del sistema, la sua “posizione dominante” pare tuttora giustificabile in considerazione dell’esigenza di garantire la corretta gestione degli imballaggi anche quando i costi delle operazioni la rendano economicamente sconveniente. È tuttavia innegabile che le condizioni attuali risultano notevolmente diverse rispetto a quelle presenti nel momento in cui tale modello è stato ideato: la crescente scarsità delle risorse ha accelerato l’evoluzione delle tecnologie di recupero e la conseguente apertura dei mercati delle materie prime secondarie, ormai equiparabili alle materie prime vergini, sia dal punto di vista qualitativo che del valore economico. Tali mutamenti, invero, non sembrano ancora idonei a consentire una completa liberalizzazione del settore degli imballaggi, in quanto l’oscillazione del prezzo delle materie prime e lo scarso divario esistente tra esso e i costi di gestione, rappresentano elementi ancora validi per garantire l’esistenza di un modello unico di riferimento, operante anche “in perdita”. Tuttavia con specifico riferimento al flusso dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, esterni al sistema pubblico di gestione (con riguardo ai quali, mancando la fase pubblicistica di raccolta, l’intera filiera della gestione può essere realizzata da un unico operatore), un’apertura alla concorrenza sembra dimostrata dai recenti interventi giurisprudenziali. La scelta di dedicare alla materia degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio una specifica trattazione in chiave giuridica non deve perciò stupire, in considerazione dei numerosi spunti di approfondimento che la tematica in discorso offre al giurista. Peraltro, sebbene l’unicum normativo ed organizzativo proprio del settore renda il modello di gestione apprestato per gli imballaggi difficilmente replicabile anche in altri contesti, le recenti riforme in materia di rifiuti, ed in particolare la direttiva 2008/98/CE, hanno ampiamente attinto proprio alla disciplina degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, conferendole il ruolo significativo di modello di riferimento per l’intero settore. Il progressivo depauperamento delle risorse, infatti, ha indotto a generalizzare logiche inizialmente applicate solo per quelle tipologie di scarti facilmente recuperabili, adottando un approccio che, al fine di definire costi e responsabilità, tenga conto dell’intero ciclo di vita dei beni e non solo della loro gestione finale (cd. life cycle assessment). Del resto, il carattere relativamente “giovane” della disciplina degli imballaggi (la prima direttiva europea è del 1994), ed il ruolo essenziale svolto da essi sia all’interno dei processi produttivi e di consumo che nel ciclo di gestione dei rifiuti, consente di prospettare interessanti margini di evoluzione, auspicabili anche in considerazione della sempre più allarmante scarsità di materie prime e dei mutamenti in corso nelle dinamiche economiche. Non va sottaciuta, in ultimo, l’utilità pratica di tale indagine, dal momento che gli imballaggi rappresentano la componente quantitativamente più cospicua dei rifiuti solidi urbani e che quindi l’efficiente gestione degli stessi sia imprescindibile ai fini del raggiungimento dei più generali obiettivi di gestione dei rifiuti.
URI: http://hdl.handle.net/2307/4631
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
Appears in Collections:Dipartimento di Giurisprudenza
T - Tesi di dottorato

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