Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4195
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dc.contributor.advisorScuccimarra, Luca-
dc.contributor.authorVisone, Tommaso-
dc.date.accessioned2015-04-08T13:58:36Z-
dc.date.available2015-04-08T13:58:36Z-
dc.date.issued2013-07-08-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/4195-
dc.description.abstractLa ricerca è volta ad esaminare il dibattito concernente l’Idea d’Europa nel corso degli anni Trenta (1929-1939). In tal senso essa è finalizzata a rispondere alle seguenti domande: Secondo quali caratteristiche, allora, venne “ideata” l’Europa all’interno dei differenti “campi” ideologici? Quale fu la relazione tra il dibattito interno ai differenti contesti ideologici e l’elaborazione di un’ idea d’Europa (o più)? Quale peso ebbe tale idea (o idee) nel rapporto e nel confronto intellettuale tra le differenti prospettive ideologiche? E’ possibile individuare, in merito, degli elementi comuni tra le “idee” proprie alle diverse ideologie ? E se sí quali? Per rispondere a tale domanda si sono esaminati tre campi ideologici : quello liberale, quello socialista e quello fascista, andando a studiare le elaborazioni prodotte allora da diversi intellettuali schieratisi all’interno di essi quali - per i liberali - Francesco Saverio Nitti e José Ortega y Gasset - per i socialisti - Luis Araquistáin e Thomas Mann e – per i fascisti – Ernesto Giménez Caballero e Carl Schmitt. Ne emerge un quadro variegato ma non privo di icastici punti in comune. Nel caso dei liberali il problema principale, un autentico dramma “intellettuale”, era quello di ripensare l’Europa a partire dall’abbandono di un sistema (quello del XIX secolo) che, sia pur razionalmente considerato come superato, era comunque emotivamente percepito come il più grande tentativo di dare vita ad una civiltà ispirata ai valori del liberalismo che la storia avesse mai visto. Non a caso, ancora negli anni Venti, i liberali erano stati tra i più attivi sostenitori di una riforma di quest’ultimo tramite una prospettiva paneuropea o/e “ginevrina”, ovvero connessa ad una tutela del fulcro del vecchio modello (lo Statonazione) mediante il rafforzamento, in senso confederale, della “Società delle Nazioni”. Tale prospettiva era destinata a tramontare negli anni Trenta che avrebbero visto, con la definitiva crisi di quest’ultima, la progressiva rinuncia al principio della sovranità nazionale e l’adesione ad una logica che portava alla coincidenza tra sovranità e nuova entità politica europea (Ortega) o ad un sistema post-sovrano in cui la logica stessa dei veti sovrani sarebbe venuta meno (Nitti). I socialisti a loro volta sostenevano che l’Europa dovesse essere completamente ripensata come una federazione continentale che, superando l’ordine dato dai singoli stati-nazione, desse vita ad una nuova forma di umanità completamente svincolata dal modello individualistico del XIX secolo. Rispetto a quest’ultimo la presa di distanza rispetto al pensiero dei liberali era netta : si trattava di dare vita ad una nuova civiltà europea che rinunziasse simultaneamente all’individualismo degli stati (la sovranità) e a quello atomistico degli uomini. Il nuovo modello di convivenza era, quindi, concepito sotto il segno di una nuova unità politica e “vitale” del vecchio continente, della “volontà popolare” e della “giustizia sociale”. A riguardo i due casi maggiormente approfonditi – quello di Araquistáin e quello di Mann – mostrano la pluralità delle declinazioni che tale indirizzo poteva assumere in quella temperie. Da un lato l’intellettuale spagnolo proponeva una federazione europea articolata su un modello di stato “assoluto” e “totalitario”, ispirato ad un principio di socializzazione integrale e pervasiva della vita del singolo, sulla base del quale si sarebbe istaurato un nuovo modello di convivenza comunitario mentre, dall’altro, lo scrittore tedesco pensava ad una federazione continentale, fondata su una “fusione interstatale” che, pur ispirata ai principi della giustizia sociale, preservasse gli spazi del singolo riarticolandoli con quelli sociali tramite una prospettiva fondata su un “uomo nuovo” generato dalla relazione mito/tipo. La soluzione dei fascisti - opposta a quella socialista e a quella dei liberali - era altrettanto orientata in senso “metapolitico” : bisognava istaurare un ordine completamente nuovo su tutto il vecchio continente, un sistema che facesse strame del modello borghese ottocentesco (e delle sue derivazioni socialistiche) e che si ispirasse ad un’alternativa radicale in ambito valoriale e ordinamentale. Molti degli intellettuali fascisti guardavano con favore alla nascita di un Impero europeo che si traducesse nell’egemonia di una nazione sull’intero spazio continentale (o su una sua significativa parte) e che sostentasse la creazione di una nuova civiltà europea ispirata ai principi del fascismo (gerarchia, omogeneità etnico/razziale, politicizzazione dell’esistenza, ecc.). Tale dato emerge anche dallo studio del pensiero di autori distanti per formazione e origine nazionale quali Ernesto Giménez Caballero e Carl Schmitt. Quest’ultimo permette di evidenziare l’importanza di tale punto consentendo, allo stesso tempo, di far emergere alcuni degli elementi di maggior eterogeneità, che contraddistinsero questa riflessione volta a fare del fascismo la sola prospettiva di palingenesi del vecchio continente. In merito era significativo anche il ricorso al “corporativismo” quale modello vincente attorno al quale strutturare le relazioni tra economia, lavoro e società; un sistema che veniva pensato come alternativo sia al capitalismo che al socialismo. Il “nuovo ordine europeo”, pensato a partire dal fascismo, avrebbe, quindi, coinciso con una nuova prospettiva valoriale, politica e economico/sociale, ovvero con una nuova civiltà tout court. In questo modo si sarebbe definitivamente compiuta la palingenesi del vecchio continente che avrebbe iniziato una nuova e rivitalizzata esistenza. Complessivamente, quindi, le ideologie si scontravano sullo stesso terreno in cui si incontravano : quello metapolitico. Tutte si proponevano, tramite l’affermazione di una nuova idea d’Europa da opporre a quelle proposte dalle ideologie rivali, di dare vita ad una nuova civiltà ed ad una nuova identità che avrebbe preso il posto di quella, ormai morente, affermatasi nel corso del XIX secolo. In questo modo esse provavano a rispondere radicalmente alla domanda quale Europa oltre l’Europa?. Una domanda che in tal senso, una volta accesosi il secondo conflitto mondiale, sarebbe rimasta inevasa.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.subjectEuropait_IT
dc.subjectidea d'Europait_IT
dc.subjectcrisiit_IT
dc.subjectideologiait_IT
dc.titleL'Europa oltre l'Europa : storia di un'idea meta-politica nel dibattito ideologico e intellettuale degli anni Trenta (1929-1939)it_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze politiche e sociali::STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHEit_IT
dc.subject.miurScienze politiche e sociali-
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze politiche e sociali::Social Work & Social Policyit_IT
dc.subject.anagraferoma3Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologicheit_IT
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Scienze Politiche*
item.grantfulltextrestricted-
item.languageiso639-1other-
item.fulltextWith Fulltext-
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T - Tesi di dottorato
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