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http://hdl.handle.net/2307/4190
Title: | La diaspora transnazionale palestinese in europa : studio comparato tra la comunità palestinese in Italia e in Svezia | Authors: | Sodano, Pina | Advisor: | Maniscalco, Maria Luisa | Keywords: | palestinesi diaspora famiglia identità |
Issue Date: | 26-Jun-2013 | Publisher: | Università degli studi Roma Tre | Abstract: | Il presente lavoro di ricerca intende analizzare, attraverso gli approcci del transnazionalismo e dei diaspora studies, le famiglie palestinesi che vivono in Italia ed in Svezia. L’analisi è stata condotta nelle comunità di Uppsala, Stoccolma e Göteborg per la Svezia, mentre in Italia le comunità studiate sono state Pavia, Roma e Napoli. Un primo livello di indagine ha riguardato le ragioni che hanno spinto i palestinesi a scegliere questi due Paesi europei. Il nucleo della ricerca ha riguardato il ruolo della famiglia palestinese quale luogo di riproduzione di valori, norme e tradizioni acquisite, nelle forme e secondo modalità tradizionali, anche nei contesti di accoglienza esteri. Il lavoro di ricerca ha permesso di analizzare le due comunità proposte e indagarne le modalità, ove presenti, di azione e organizzazione transnazionale. L'utilizzo degli studi sulle diaspore ha consentito, invece, di metterne in evidenza, anche mediante una metodologia qualitativa, le differenze, sia con riferimento alle ragioni della loro formazione, sia relativamente alle loro motivazioni e obiettivi. A partire da questa premessa si sono formulate due diverse tipologie distinte di palestinesi presenti nei due contesti. In Svezia, è presente un palestinese “profugo o rifugiato” che si è stabilito con l'obiettivo originario di sopravvivere. Nel suo progetto di vita è viva la speranza di tornare, una volta raggiunto un benessere considerato soddisfacente per lui e per la sua famiglia, nella terra natia, anche se si tratta di “zone in bilico” ovvero campi profughi, dove la vita è scandita da difficoltà quotidiane. In Italia possiamo definire, invece, la tipologia di palestinese presente come propria di un’élite di giovani giunti con lo scopo di laurearsi, professionalizzarsi e ambire ad un futuro migliore. Ciò ai fini di apportare dei vantaggi concreti anche alla famiglia di origine rimasta a vivere in una condizione di disagio nel Paese di nascita, con la quale essi, tuttavia, hanno mantenuto continui contatti, nonostante la permanenza all’estero per alcuni anche trentennale. Attraverso l’indagine sul campo si sono individuati tre idealtipi di famiglia presenti in entrambi i Paesi: a) Nostalgica–ortodossa si caratterizza per la composizione di entrambi i coniugi di origine palestinese. La speranza di poter ritornare una volta risolto il conflitto, o una volta conclusa la carriera lavorativa, nella propria terra di origine è predominante in questa tipologia di famiglia. La paura che i propri figli possano perdere una parte della identità palestinese è fortemente presente in questo idealtipo, perciò ogni anno la famiglia organizza periodi di permanenza di almeno un mese, nel proprio Paese di origine. b) Ibrida–mista, composta da un membro di origine italiana o straniera. Il genitore palestinese è legato alla terra natia, anche se incluso nella società d’accoglienza, vivendo ed elaborando un sentimento di una “doppia presenza”. I figli si sentono un ibrido; da una parte c’è un forte legame con il Paese in cui sono nati, vivono e hanno instaurato i propri rapporti, dall’altra parte si sentono collegati, soprattutto a livello emotivo, alle origini del genitore che si porta dietro un vissuto drammatico che hanno inevitabilmente acquisito attraverso la continua celebrazione, commemorazione della storia della diaspora palestinese. c) Disembedded, alcuni di loro hanno contratto un primo matrimonio con una donna del luogo in cui si sono stabiliti, e successivamente aver ottenuto il divorzio si sono risposati con una donna araba o palestinese. L’elemento caratterizzante non è la ricomposizione del nucleo familiare, bensì, tipico in questo idealtipo, il loro sentirsi oramai lontani dall’idea di volersi trasferire nel proprio Paese di origine sino ad immaginare il loro futuro e quello dei propri figli nel Paese di accoglienza. Il loro coinvolgimento all’interno delle comunità è marginale, poco rilevante, soprattutto nelle varie forme dell’attivismo tipiche di questa comunità diasporica. La ricerca è divisa in sei capitoli; il primo capitolo è impostato sul quadro teorico di riferimento per l'analisi proposta, approfondendo lo studio sulle varie teorie attinenti al transnazionalismo che sono state illustrate da specialisti in materia e focalizzando l’attenzione sui molteplici approcci sulla diaspora e i suoi relativi teorici. Nel secondo capitolo vengono ripercorsi da un punto di vista storico gli eventi prodromici al conflitto israelo-palestinese. L’analisi, partendo dalla teoria sionista, prende in considerazione i rapporti tra gli esponenti del movimento e il Mandato britannico, la tragedia della Shoah fino alla dichiarazione dello Stato di Israele e la conseguente Nakba, l’espulsione dei palestinesi dalle proprie terre; viene poi esaminata l’evoluzione dei drammatici rapporti tra israeliani e palestinesi. Il terzo capitolo è dedicato allo studio sulle famiglie, si analizzano le teorie sociologiche elaborate dagli autori classici e sviluppate poi successivamente anche all’interno del dibattito contemporaneo. Lo sguardo è stato rivolto alla famiglia migrante e, nel caso specifico, alle caratteristiche interne alla famiglia palestinese in diaspora in Europa. Nel quarto capitolo si affronta l’analisi dettagliata delle famiglie che vivono in Svezia, come si relazionano all’interno del contesto in cui risiedono, il rapporto con la rete amicale in loco. Un’osservazione privilegiata è rivolta alle ambizioni dei migranti per il futuro all’interno della coppia e soprattutto una particolare attenzione è stata dedicata alle prospettive del futuro dei loro figli, i quali vivono proiettati in una dimensione duplice; divisi tra il desiderio di ritornare nei luoghi di origine e dall’altro la volontà di costruirsi una propria vita in un qualsiasi altro posto nel mondo. Nel quinto capitolo si affronta l’analisi della comunità palestinese in Italia, approfondendo le ragioni che hanno spinto questa comunità ad approdare in Italia ed il ruolo che svolgono all’interno del Paese, visto la professionalità raggiunta e il forte senso di inclusione all’interno della propria città. Si affronta il rapporto tra la prima e la seconda generazione ed il relativo network con la madrepatria che risulta in continua comunicazione tra i due contesti, società d’accoglienza e società di provenienza. Nel sesto capitolo, infine, si descrive la metodologia avvalsa ai fini della raccolta dei dati, di tipo qualitativo. Le tecniche utilizzate sono state le interviste semi-strutturate con risposta aperta, raccolta di storie di vita, partecipazione attiva all’interno delle comunità prese in analisi. Nel caso della Svezia è stato condotto, in lingua araba, anche un focus group, con le famiglie ed i rispettivi figli. Quest’occasione ha permesso di raccogliere i sentimenti e le emozioni, successive all’esperienza dei ragazzi, i quali erano rientrati da pochi giorni dal loro primo viaggio in Palestina. In Italia, invece, la maggior parte delle interviste sono state condotte con i capi famiglia, utilizzando entrambe le lingue; arabo ed italiano, sia nella propria abitazione che in ambienti pubblici. In conclusione, la tesi si è avvalsa delle interviste, per poter dimostrare come la comunità presente in Italia si senta inclusa nel nostro Paese, senza però rinunciare o dimenticare la madrepatria, mentre la comunità palestinese in Svezia è rimasta legata ad una immagine di transizione tra i due Paesi; in questo caso, la voglia di rientrare nel proprio Paese, anche se in campi profughi, è predominante. | URI: | http://hdl.handle.net/2307/4190 | Access Rights: | info:eu-repo/semantics/openAccess |
Appears in Collections: | Dipartimento di Scienze Politiche T - Tesi di dottorato |
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