Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2307/40891
Titolo: L'ISTERESI NELLA DISOCCUPAZIONE E IL RUOLO DELLA DISOCCUPAZIONE DI LUNGA DURATA QUALE CAUSA DELLE RIGIDITA' SALARIALI: UN APPROCCIO CRITICO
Autori: ROMANIELLO, DAVIDE
Relatore: STIRATI, ANTONELLA
Parole chiave: ISTERESI
DISTRIBUZIONE
INFLAZIONE
Data di pubblicazione: 13-lug-2020
Editore: Università degli studi Roma Tre
Abstract: Il concetto di isteresi nel tasso di disoccupazione viene attribuito, nell’ambito dell’approccio neo-keynesiano, a Blanchard e Summers (1986). Con questo termine gli autori si riferivano alla permanenza di alti livelli di disoccupazione non associati ad alcuna considerevole variazione dei prezzi. Non solo dunque, non si notava alcuna tendenza del tasso di disoccupazione effettivo verso il tasso di disoccupazione di equilibrio non inflazionistico o Non accelerating inflation rate of unemployment (NAIRU) ma, anzi, gli autori teorizzarono l’esatto contrario: una dipendenza dell’ultimo dal primo. In sostanza, l’isteresi è quel fenomeno per cui una caduta ciclica dell’attività economica ha effetti persistenti ed altera l’equilibrio di lungo periodo. I due autori, pur spiegando il fenomeno utilizzando un modello di contrattazione insider-outsider, accennavano alla possibilità che esso potesse scaturire dall’aumento della disoccupazione di lunga durata. Quest’ultima, che è oggetto della tesi, è la causa maggiormente addotta dalla letteratura contemporanea (Ball, 2009; Blanchard et al. 2015; Card et al., 2016; Guichard and Rusticelli, 2010), dopo che la capacità dei modelli insider-outsider di spiegare le dinamiche della disoccupazione è stata smentita tanto teoricamente quanto empiricamente (Baker et al, 2005; Stirati, 2001; Stockhammer, 2008). Il tema dell’isteresi, dopo il periodo cosiddetto del New Consensus, ha ripreso piede quando, con la Grande Crisi del 2007-2008, si è assistitoad un aumento eccezionale del tasso di disoccupazione senza che, tuttavia, ciò si accompagnasse a una deflazione dell’entità che i modelli macroeconomici ortodossi avevano stimato, tramite la loro formulazione della curva di Phillips. Emerge quindi con chiarezza l’altra faccia della teoria dell’isteresi: il problema della missing deflation che ha portato a varie formulazioni del NAIRU e della Curva di Phillips interessante a individuarne le cause. Per questo motivo, il primo capitolo della tesi, presenta un excursus sulle diverse formulazioni della Curva di Phillips che dal contributo seminale (Phillips, 1958) è progressivamente diventata il luogo in cui i diversi filoni della teoria neoclassica (Lypsei, 1960; Friedman, 1968; Gordon, 1989) individuavano i disequilibri del mercato del lavoro e le meccaniche reazioni di prezzi e salari che ne sarebbero discese. Questa scelta è stata funzionale anche ad introdurre il secondo capitolo nel quale, si è svolta un’indagine analitica circa l’introduzione dell’isteresi da disoccupazione di lunga durata nei modelli neo-keynesiani e tramite il cosiddetto 3-equation model (Carlin and Soskice, 2005) per spiegare come mai, in presenza di isteresi, il rischio D. Romaniello - L’isteresi nella disoccupazione e il ruolo della disoccupazione di lunga durata quale causa delle rigidità salariali: un approccio critico 2 inflazionistico di una politica espansiva si fa più cogente. Il terzo capitolo si sviluppa, invece, in due tronconi: dapprima si dà contezza della letteratura che ha tentato di trovare una spiegazione alla marginalità dei disoccupati di lunga durata e dunque al loro carattere, secondo la definizione mainstream, “strutturale”. Dopodichè, sono state presentate alcune statistiche descrittive volte a mostrare come non esista un problema di irreversibilità della disoccupazione di lunga durata. Seguendo l’esempio di Webster (2005), abbiamo verificato come il tasso di disoccupazione di lunga durata, definito come il rapporto tra disoccupati di lunga durata e forza lavoro, sia più adatto dell’incidenza della disoccupazione di lunga durata sulla disoccupazione totale per valutare la reale portata del fenomeno, per cui alcune conclusioni circa l’irreversibilità del fenomeno, deriverebbero dell’utilizzo di una variabile errata. Inoltre, dalle statistiche descrittive presentate, riferite alle più importanti economie avanzate, si evince che la relazione tra tasso di disoccupazione di lunga durata e tasso di disoccupazione sia sostanzialmente lineare e che, diversamente da quanto sostenuto dalla letteratura dominante, la linearità si perde per tassi di disoccupazione prossimi al pieno impiego, quando cioè i disoccupati sono tali perché appartenenti a particolari categorie marginalizzate e non per la debolezza della domanda aggregata. Non ci sono dunque evidenze per ritenere che la riduzione della disoccupazione non si accompagni, presto o tardi, anche dal riassorbimento della disoccupazione di lunga durata. Il tema della reversibilità della disoccupazione di lunga durata è strettamente legato a quello degli effetti inflattivi che essa comporterebbe. In alcuni autori (Ball, 2009), infatti, si ammette la possibilità che una riduzione della disoccupazione di lunga durata possa avvenire tramite un aumento della domanda aggregata sufficientemente sostenuto, ma solo a scapito di un’accelerazione del tasso di inflazione, come mostrato nel paragrafo dedicato al 3-equation model con rischio di isteresi. Abbiamo quindi testato questa condizione, facendo ricorso alla metodologia delle Local Projections (Jordà, 2005), su un panel di 26 Paesi OECD tra il 1983 e il 2016: individuati gli episodi di forte caduta del tasso di disoccupazione di lunga durata (i casi anno-paese in cui esso si è ridotto in maniera maggiore della media delle riduzioni del paese più una deviazione standard), abbiamo verificato se essi fossero associati – in un arco di tempo di 5 periodi - ad un’ accelerazione del tasso di inflazione, trovando una risposta negativa a questo quesito. Abbiamo ripetuto lo stesso esercizio nei soli episodi avvenuti in presenza di un unemployment gap (la differenza tra tasso di disoccupazione effettivo e NAIRU) già negativo, dunque in quelle condizioni in cui la spinta inflazionistica si sarebbe già dovuta verificare. Anche in questo caso, non abbiamo notato alcuna accelerazione del tasso di inflazione. I risultati sono significativi, a nostro avviso, sia come elemento di critica della teoria dell’isteresi da D. Romaniello - L’isteresi nella disoccupazione e il ruolo della disoccupazione di lunga durata quale causa delle rigidità salariali: un approccio critico 3 disoccupazione di lunga durata, sia come elemento di critica della stessa teoria del NAIRU, inteso come barriera inflazionistica oltre la quale, il tentativo di ridurre la disoccupazione, genererebbe necessariamente un’accelerazione del tasso di inflazione. L’ultimo capitolo è stato dedicato esplicitamente a una formulazione alternativa della curva di Phillips, dunque ad un’indagine empirica tra tasso di disoccupazione e inflazione che tenesse conto anche della durata della disoccupazione stessa. Innanzitutto, si è dato conto della letteratura neo-keynesiana (Llaudes, 2005; Rusticelli, 2015) che ha inserito, nella stima di una curva di Phillips accelerazionista, anche la disoccupazione lunga durata. In linea con una letteratura alternativa, l’equazione della curva di Phillips che abbiamo stimano non è stata scritta in termini di unemployment gap ma ha riguardato il legame tra variazione percentuale dei salari nominale e diverse formulazioni del tasso di disoccupazione. Dapprima, abbiamo fatto riferimento ad una curva di Phillips lineare in cui le due covariate principali si riferivano al tasso di disoccupazione di breve e di lunga durata: il risultato di maggior interesse per la nostra ricerca è stata la smentita della tesi secondo cui i disoccupati di lunga durata non abbiano alcun ruolo nella determinazione dei salari. In secondo luogo, volendo recuperare il contributo orginario di Phillips (1958) e raccogliendo il suggerimento di Speigner (2014), abbiamo stimato una versione non lineare della curva: dai risultati emerge una significativa relazione negativa tra inflazione salariale e tasso di disoccupazione e una non significatività dell’incidenza della disoccupazione di lunga durata. Il senso è quello di sostenere che l’effetto nullo che la letteratura attribuisce alla disoccupazione di lunga durata, nella determinazione dei salari nominali, dipenda dal fatto che essa emerga in un tratto, corrispondente a tassi di disoccupazione particolarmente elevati, in cui la curva di Phillips è di per sé piatta. Questa non linearità viene spiegata alla luce della dinamica non meccanica dell’inflazione e della rilevanza del conflitto distributivo che può prendere esiti non prevedibili e non meccanici. Inoltre, come già sostenuto in Phillips (1958), la curva diventa piatta e asintotica rispetto all’asse delle ascisse, poiché esiste un livello minimo oltre il quale, per via della resistenza dei lavoratori, non è possibile indebolire ulteriormente la dinamica dei salari. Ciò ci ha permesso di richiamare la teoria dei salari di sussistenza, tipica degli economisti classici, che rappresenterebbero un floor, determinato da situazioni economico-storico istituzionali. Inoltre, i nostri risultati circa l’impossibilità di distinguere tra disoccupati di lunga e di breve durata e circa l’esistenza di una relazione non lineare tra disoccupazione e variazione percentuale dei salari monetari, ci permettono di smentire la tesi neo-keynesiana e trovare argomenti a favore per una teoria alternativa dell’inflazione, non meccanica e determinata, in D. Romaniello - L’isteresi nella disoccupazione e il ruolo della disoccupazione di lunga durata quale causa delle rigidità salariali: un approccio critico 4 ultima istanza, dal conflitto distributivo. Complessivamente, i risultati ottenuti in questo lavoro, ci hanno permesso di confermare una teoria alternativa della distribuzione e dell’inflazione che non necessita delle eccezioni ad hoc, che la teoria neo-keynesiana di volta in volta adduce per spiegare il legame tra disoccupazione e inflazione. Unitamente ad una teoria della crescita e dell’occupazione demand-led, questa teoria dell’inflazione da conflitto distributivo, basata sulla ripresa dell’approccio degli economisti classici, si presta a fornire una spiegazione più convincente della presenza persistente di diversi livelli disoccupazione involontaria, associati a diverse dinamiche dei prezzi.
URI: http://hdl.handle.net/2307/40891
Diritti di Accesso: info:eu-repo/semantics/openAccess
È visualizzato nelle collezioni:Dipartimento di Economia
T - Tesi di dottorato

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