Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/40744
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dc.contributor.advisorTREZZA, VIVIANA-
dc.contributor.authorMELANCIA, FRANCESCA-
dc.date.accessioned2022-04-26T09:47:20Z-
dc.date.available2022-04-26T09:47:20Z-
dc.date.issued2019-02-27-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/40744-
dc.description.abstractI termini "Disturbo dello spettro autistico" si riferiscono a un gruppo di disturbi psichiatrici dello sviluppo caratterizzati da deficit nella comunicazione verbale e non verbale, da un comportamento sociale alterato e dalla presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. Nonostante i recenti progressi della ricerca scientifica nella comprensione della fisiopatologia del disturbo dello spettro autistico, ad oggi non ci sono terapie efficaci e, sebbene molti farmaci off-label siano utilizzati per attenuare alcuni dei sintomi, nessun farmaco specifico è stato ancora approvato. In questo contesto, la ricerca preclinica è di fondamentale importanza. Infatti, i modelli animali consentono di riprodurre sintomi specifici della patologia e di studiare il ruolo dei fattori genetici e ambientali, nonché la loro potenziale interazione, nella patogenesi del disturbo autistico. Inoltre, i modelli animali sono importanti per validare nuovi bersagli terapeutici e l’efficacia di nuovi potenziali farmaci. I comportamenti tipici del disturbo dello spettro autistico possono essere riprodotti in modo efficace negli animali da laboratorio, specialmente nei roditori, e sono disponibili diversi modelli animali che mostrano le caratteristiche comportamentali tipiche dell'autismo, le cui basi neurali sono simili a quelle osservate nei pazienti autistici. Ad esempio, dal momento che i roditori vocalizzano immediatamente dopo la nascita, i deficit nella comunicazione sociale possono essere rilevati fin dai primi giorni di vita, quando altri comportamenti sono ancora immaturi, attraverso l'analisi delle vocalizzazioni emesse dai cuccioli separati dal nido. Inoltre, i deficit cognitivi possono essere analizzati nei roditori in un'età molto precoce attraverso il test comportamentale di homing, che consente di valutare la capacità del roditore di discriminare un odore familiare da un odore neutro. Le abilità sociali possono essere facilmente valutate nei roditori attraverso il social play test e il 3-chamber test durante l'adolescenza e l'età adulta, mentre i comportamenti ripetitivi e stereotipati possono essere analizzati attraverso i test di marble burying e hole board. In questo scenario, l'obiettivo generale del mio progetto di dottorato è stato quello di utilizzare modelli preclinici del disturbo dello spettro autistico allo scopo di 1. fare luce sulle possibili alterazioni neurochimiche che causano questo disturbo; 2. identificare nuovi bersagli terapeutici. A tale scopo, ho focalizzato la mia attenzione sull'analisi delle alterazioni comportamentali tipiche del disturbo dello spettro autistico, osservate nei modelli preclinici della patologia. Durante la prima parte del mio progetto di dottorato, ho effettuato esperimenti comportamentali per validare nel nostro laboratorio due modelli ambientali di autismo. Il primo modello che ho studiato è basato sull'esposizione prenatale al Metimazolo (MMI). In particolar modo, ho studiato se l'ipotiroidismo prenatale indotto da MMI fosse in grado di indurre nella prole di ratto comportamenti simili a quelli esibiti dai pazienti autistici. I risultati ottenuti hanno dimostrato che l'ipotiroidismo indotto da MMI prenatale non causa nella prole del ratto deficit nella comunicazione sociale, nell'interazione sociale, nella sfera cognitiva e un fenotipo ansioso. Il secondo modello che ho studiato è basato sull'esposizione prenatale ad acido valproico (VPA) nel ratto. Tale modello sperimentale si basa sull’evidenza clinica di un’associazione esistente tra l’assunzione di VPA in gravidanza e l’insorgenza di autismo nella prole esposta. In particolar modo, ho testato nei ratti gli effetti di un’esposizione a dosi crescenti di VPA durante la gravidanza, valutando le alterazioni comportamentali tipiche del disturbo dello spettro autistico nella progenie. Ho anche valutato la risposta al danno del DNA (double strand breaks, DSB) in embrioni esposti a una dose di VPA che ha indotto nella prole di ratto le alterazioni comportamentali tipiche del disturbo dello spettro autistico, al fine di determinare se le alterazioni comportamentali osservate nei ratti esposti a VPA sono associate al danno al DNA indotto dal farmaco. I risultati dei miei esperimenti dimostrano che solamente la somministrazione prenatale di VPA alla dose di 500 mg/kg induce nella prole di ratto deficit nella comunicazione e discriminazione sociale durante l’infanzia e altera il comportamento sociale e l'emotività nella prole durante l’adolescenza e l’età adulta. Abbiamo inoltre scoperto che a questa dose il VPA provoca negli embrioni di ratto l’inibizione dell’enzima istone deacetilasi e favorisce la formazione di DSB nel DNA, compromettendone la riparazione. Durante la seconda parte del mio Dottorato, ho eseguito esperimenti comportamentali su due modelli preclinci della sindrome dell'X fragile, la causa monogenetica più comune del disturbo dello spettro autistico. Per prima cosa, ho eseguito test comportamentali su topi e ratti knock-out per il gene FMR1 al fine di determinare se questi animali mostrassero sintomi simili a quelli esibiti dai pazienti autistici. Successivamente, ho utilizzato questi due modelli genetici di autismo per testare la validità di un nuovo bersaglio farmacologico. Infatti, è stato recentemente dimostrato che l'mRNA della fosfodiesterasi 2a (Pde2a) è uno dei principali bersagli della fragile X mental retardation protein (FMRP), una proteina legante gli mRNA codificata dal gene FMR1 e mancante nella sindrome dell’X fragile. In particolar modo, in assenza di FMRP, il livello di PDE2A è aumentato sia nella corteccia che nell'ippocampo dei topi Fmr1-KO e in queste aree cerebrali il livello di cAMP e cGMP è ridotto. Su queste basi, ho eseguito test comportamentali per valutare la capacità di un inibitore selettivo di PDE2A chiamato BAY607550 di mitigare i deficit comunicativi, sociali e cognitivi mostrati dai topi Fmr1-KO nel corso dello sviluppo. Per validare la PDE2A come bersaglio terapeutico per la sindrome dell’X fragile, ho anche esteso lo studio della sua inibizione ai ratti Fmr1-KO durante l’infanzia. È interessante notare che il BAY607550 è stato in grado di ripristinare i deficit comunicativi, cognitivi e sociali mostrati dai ratti Fmr1-KO. Inoltre, ho convalidato questo risultato bloccando la PDE2A con un altro inibitore altamente specifico chiamato Lu AF64280 che, come BAY607550, è stato in grado di ripristinare i deficit comunicativi mostrati dai topi Fmr1-KO. Gli esperimenti biochimici condotti in collaborazione con la dott.ssa Barbara Bardoni dell'Institut de Pharmacologie Moléculaire et Cellulaire di Valbonne, in Francia, hanno dimostrato alterazioni nella lunghezza degli assoni e nella maturazione delle spine dendritiche dei neuroni corticali di topi Fmr1-KO e la normale lunghezza degli assoni e la morfologia delle spine dendritiche è stata ripristinata dopo il trattamento con l'inibitore selettivo della PDE2A, BAY607550. Abbiamo anche dimostrato che l'inibizione farmacologica di PDE2A con il BAY607550 ha invertito l’incremento della LTD dipendente da mGluR nell ippocampo dei topi Fmr1-KO. Pertanto, gli esperimenti comportamentali, biochimici ed elettrofisiologici descritti rappresentano un buon razionale preclinico per la validazione della PDE2A come nuovo bersaglio farmacologico per attenuare i sintomi osservati nella principale forma genetica del disturbo dello spettro autistico. In conclusione, l'attività di ricerca realizzata durante il mio triennio di dottorato ha contribuito ad ampliare le attuali conoscenze riguardo i meccanismi neurochimici che sono alla base del disturbo dello spettro autistico e il ruolo dei fattori ambientali e genetici coinvolti nella sua patofisiologia, introducendo nuovi bersagli terapeutici che meritano ulteriori approfondimenti.en_US
dc.description.abstractThe terms “Autism Spectrum Disorder” (ASD) refer to a group of developmental psychiatric disorders characterized by deficits in verbal and non verbal communication, altered social behavior, restricted and repetitive behavior and interests. Currently, clinical research for ASD, and for neuropsychiatric disorders in general, is slowly progressing, primarily due to the ethical problems related to research in human subjects. Furthermore, despite the recent advances in our understanding of ASD pathophysiology, effective targeted therapies are still lacking and, although many off-label medications are used to mitigate some of the symptoms, no specific drug is yet approved. In this context, preclinical research in appropriate animal models of the human disease is of pivotal importance. Indeed, animal models allow to mimic specific symptoms and to study the role of genetic and environmental factors, as well as their potential interaction, in the pathogenesis of these disorders. In addition, animal models are important to validate new therapeutic targets and the efficacy of potential new drugs. Behaviors relevant to the core and associated symptoms of ASD can be easily and effectively assessed in laboratory animals, especially in rodents, and several animal models are available that show specific autism relevant behavioral features, whose neural underpinnings resemble those found in autistic patients. For example, since rodent pups vocalize immediately after birth, deficit in social communication can be detected from the first days of life, when other behaviors are still immature, through the analysis of the vocalizations emitted by the pups isolated from the nest. Furthermore, deficits in cognitive processing can be evaluated in rodents at a very early developmental age through the homing behavior test, that allows to assess the ability of rodent pups to discriminate a familiar from a neutral odor. Social abilities can be easily assessed in rodent through the social play behavior test, the social interaction test and the 3- chamber test, during adolescence and adulthood, while repetitive and stereotyped behaviors can be evaluated in rodents through the marble burying and the hole board tests. Animal models of ASD can be assessed in these behavioral tests in order to evaluate the ability of new potential therapeutic compounds to improve behavioral deficits that resemble the core and associated symptoms of ASD. In this scenario, the overall aim of my PhD project was to use preclinical animal models of ASD in order to 1. shed light on possible neurochemical alterations causing this disorder; 2. find new therapeutic targets. To these aims, I focused my attention on the analysis of behavioral alterations observed in rodent models of ASD relevant to the core and secondary symptoms displayed by autistic patients. During the first part of my PhD project, I performed behavioral experiments to validate in our laboratory two preclinical environmental animal models of ASD. The first model I studied was based on prenatal exposure to Methimazole (MMI). In particular, I investigated if prenatal MMI-induced hypothyroidism was able to cause in the rat offspring behaviors that resemble core and associated ASD symptoms. I found that prenatal MMI-induced hypothyroidism did not cause in the rat offspring deficit in social communication, social interaction, anxiety and cognition. The second model I studied was based on prenatal exposure to valproic acid (VPA) in rats. In particular, I tested the effects of increasing doses of VPA on behavioral features resembling core and secondary symptoms of ASD in rats. I also evaluated the double strand breaks (DSB) response in embryos exposed to a dose of VPA that induced autistic-like features in the rat offspring, in order to determine whether the autistic-like features displayed by VPA-exposed rats are associated with drug-induced DNA damage. My results extended the existing literature about the effects of different doses of VPA on behavioral features resembling core and secondary symptoms of ASD in rats. In particular, I found that only prenatal administration of VPA at the dose of 500 mg/kg induced deficits in communication and social discrimination in rat pups, and altered social behavior and emotionality in the adolescent and adult offspring. I also found that at this dose of VPA inhibited histone deacetylase in rat embryos and favored the formation of DNA DSB, but impaired their repair. During the second part of my PhD project, I performed behavioral experiments on rodent models of Fragile X syndrome (FXS), the most common monogenetic cause of ASD. I first performed behavioral tests in Fmr1-KO rats and mice in order to determine if these two genetic animal models of ASD were able to reproduce core and associated symptoms of ASD. Next, I used these animal models to test the validity of a novel pharmacological target. Indeed, it has been recently demonstrated that the mRNA of Phosphodiesterase 2 a (Pde2a) is one prominent target of the fragile X mental retardation protein (FMRP), which is a mRNA binding protein encoded by the FMR1 gene and missing in FXS. In particular, in the absence of FMRP, the level of PDE2A is elevated both in cortex and hippocampus and the level of cAMP and cGMP is reduced in those brain areas of Fmr1-KO mice. On these bases, I performed behavioral tests to assess the ability of a selective inhibitor of PDE2A called BAY607550 to rescue the atypical communicative, social and cognitive behaviors displayed by Fmr1-KO mice in the course of development. To validate PDE2A as a therapeutic target for FXS, I also extended the study of its inhibition to Fmr1-KO infant rats. Interestingly, BAY607550 was able to revert the communicative, cognitive and social deficits displayed by Fmr1-KO animals. Moreover, I validated this result by inhibiting PDE2A with another highly specific PDE2A inhibitor called Lu AF64280 that, similar to BAY607550, was able to revert the altered communicative pattern displayed by Fmr1-KO mice. The biochemical experiments performed in collaboration with Dr. Barbara Bardoni from the Institut de Pharmacologie Moléculaire et Cellulaire in Valbonne, France, showed alterations in axonal length and spine maturation in cultured cortical neurons of Fmr1-KO mice and that the normal length of growing axons and dendritic spine morphology were restored after treatment with the specific PDE2A inhibitor BAY607550. We also demonstrated that the pharmacological inhibition of PDE2A with the specific inhibitor BAY607550 rescued the exaggerated mGluR-dependent LTD in Fmr1-KO hippocampal slices. Thus, the behavioral, biochemical and electrophysiology experiments described here provided a preclinical rationale about the validity of PDE2A as a new pharmacological target to mitigate the symptoms observed in the leading genetic form of ASD. In conclusion, the research performed during my three-year PhD project increased the current knowledge about the neurochemical mechanisms underlying ASD, about the role of environmental and genetic factors in its pathophysiology and introduced new therapeutic targets that are worth of further investigation.en_US
dc.language.isoenen_US
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treen_US
dc.subjectAUTISM SPECTRUM DISORDERen_US
dc.subjectFRAGILE X SYNDROMEen_US
dc.titlePRECLINICAL STUDIES ON NOVEL PHARMACOLOGICAL TARGETS FOR AUTISM SPECTRUM DISORDERen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze biologiche::FARMACOLOGIAen_US
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze biologiche::Pharmacology & Toxicologyen_US
dc.subject.anagraferoma3Scienze biologicheen_US
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Scienze*
item.languageiso639-1other-
item.grantfulltextrestricted-
item.fulltextWith Fulltext-
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T - Tesi di dottorato
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