Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2307/40551
Titolo: LA STRUTTURA DEL SAPERE-IMMAGINE NELL’ANWEISUNG ZUM SELIGEN LEBEN: UNO SPECIFICO PUNTO DI VISTA SULLA RELAZIONE TRA FILOSOFIA E VITA
Autori: SICOLO, GIOVANNA
Relatore: IVALDO, MARCO
Parole chiave: ONTOLOGIA TRASCENDENTALE
FILOSOFIA DELLA RELIGIONE
Data di pubblicazione: 11-apr-2019
Editore: Università degli studi Roma Tre
Abstract: Lo scopo della mia ricerca è analizzare lo scritto fichtiano del 1806, Anweisung zum seligen Leben, in relazione con i cicli di lezione coevi, a carattere scientifico e popolare, per far luce su specifiche questioni riguardanti il rapporto tra Wissenschaftslehre e vita. L’esigenza speculativa è mostrare quanto la reciproca relazione tra filosofia scientifica e filosofia popolare, non solo legittimi il carattere a tutti gli effetti trascendentale della seconda – assicurato dal rinvenirvi puntualmente la dottrina del sapere come immagine dell’essere – ma sia essa stessa questione genuinamente trascendentale. La relazione tra filosofia e vita, specificata poi nella relazione tra WL e coscienza comune, conduce a due fondamentali riflessioni: una prima riguarda il punto d’innesto della filosofia nella vita, una seconda l’applicazione o realizzazione della WL nella stessa. Si ritiene che per un possibile chiarimento di queste due questioni, cruciali nella riflessione fichtiana, sia utile rivolgersi proprio a questo ciclo di lezioni a carattere popolare e di filosofia della religione. Infine, una prospettiva cui si attribuisce grande rilievo è mettere in luce quanto complessa e profonda sia, in questi anni di inizio Ottocento, la comprensione fichtiana del reale. È la dimensione stessa della vita, compresa alla luce del sapere come immagine dell’essere, che comporta immediatamente, e per questo giustifica, la relazione di reciproca condizionatezza tra punto di vista scientifico-genetico e punto di vista comune-fattuale. Nel primo capitolo si svolge una ricostruzione critico-contestuale che mostra l’orizzonte di riferimento delle esigenze speculative dell’Anweisung. L’attenzione che Fichte pone sulla modalità espositiva, in relazione al pubblico cui sono rivolte, si inserisce in un orizzonte di confronto retorico-polemico, di grande utilità per la loro comprensione. Occorre per questa ragione riferirsi, prima, al riaccendersi dell’Auseinandersetzung con Schelling negli anni 1804-1806; nel secondo paragrafo poi, si mostra la particolare recezione fichtiana delle accuse di nichilismo, rivoltegli da Jacobi; nel terzo, infine, si riflette sulla funzione delle esposizioni popolari, in relazione agli altri due cicli di lezioni coevi, Die Grundzüge des gegenwärtigen Zeitalters Über das Wesen des Gelehrten und seine Erscheinungen in Gebiete der Freiheit. Nel secondo capitolo si opera un confronto metodologico-teoretico tra l’esposizione della Wissenschaftslehre del 1804II e l’Anweisung. In linea generale, il ciclo di conferenze sulla dottrina della scienza del 1804, nella sua seconda versione, è considerato, per completezza strutturale e profondità speculativa, paradigma di riferimento per la filosofia prima fichtiana di questi anni. L’analisi che si propone, tuttavia, è mossa da due precise ragioni di ricerca. In primo luogo, s’intende verificare lo statuto pienamente trascendentale delle lezioni a carattere popolare del 1806. A tale scopo si individuano le strutture speculative fondamentali della WL 1804II per capire se e come si ritrovino nell’Anweisung. Al netto di ciò, si è pienamente consapevoli di come un’operazione di questo genere sia esposta a un importante rischio: nella sincera convinzione di perseguire l’obiettivo, potrebbero operarsi pericolose forzature, reiterando il destino di sovra interpretazioni e fraintendimenti, cui la WL è da sempre andata incontro. Per fuggire tale pericolo, tuttavia, interviene la seconda – e forse principale – esigenza. Per metterla in termini baconiani, in questa tavola di presenze e assenze, sono le seconde a suscitare l’interesse della mia riflessione anzi, meglio ancora, è la terza, la tabula graduum, che ne legittima l’intrapresa. In altre parole, si intende mostrare come sia le presenze, sia le assenze, derivino da specifiche – non contraddittorie – esigenze e conducano a specifici – non distanti – esiti. Questo metodo conduce ad affrontare due problemi molto complessi. In primo luogo, per quel che riguarda le esigenze, si riflette sulla costitutiva relazione tra: sapere ordinario e sapere trascendentale, tra esposizione fattuale e deduzione genetica, tra filosofia popolare e filosofia scientifica, nella convinzione, che questa sia una questione decisiva e tutta interna al pensiero trascendentale fichtiano. Per quel che riguarda gli esiti, d’altra parte, si prova a sviscerare la complessissima questione di una possibile applicazione della dottrina della scienza alla vita. Nel primo paragrafo, s’imposta un confronto tra i prolegomeni della WL e le prime due lezioni dell’Anweisung; il secondo è dedicato alla funzione della dialettica tra idealismo e realismo, nella fenomenologia ascendente; il terzo è un excursus sul realismo logico di Bardili-Reinhold; nel quarto, si legge in parallelo la Wahrheitslehre della WL e la terza lezione dell’Anweisung, nel quinto, la fenomenologia discendente della WL e le lezioni quarta e quinta dell’AzsL; nel paragrafo conclusivo si propone, infine, un breve excursus sui Principien der Gottes-, Sitten-u, Rechtslehre. Nel terzo capitolo si prende in esame la seconda parte dell’Anweisung per comprendere, nello specifico, in che modo l’auto-comprensione del sapere, in quanto manifestazione di Dio, si realizzi nella vita. A questo scopo, occorre guardare all’approfondimento della dottrina della quintuplicità dei punti di vista sul mondo, in una sua componente affettiva. In queste ultime lezioni dell’esposizione a carattere popolare, incentrate sull’amore, si è sempre individuato, nel dibattito critico, lo specifico dell’Anweisung. Tuttavia, occorre muoversi con un attento rigore ermeneutico, perché non si rischi di banalizzarne il contenuto o sottovalutarne esigenze e novità speculative. Un luogo testuale molto utile per comprendere il valore teoretico di questo sentimento è la Wissenschaftslehre del 1805 di Erlangen, cui per questo ci si rivolge negli ultimi cinque paragrafi. Alla luce dell’acquisizione per cui il Leitfaden dell’Anweisung sia la possibilità e volontà di distinguere la vita vera da quella parvente, con la WL 1805,si apprende che il criterio epistemologico assiologico atto a tale scopo, non possa essere ciò stesso che rende l’apparenza tale, la forma, la riflessione ma qualcos’altro. Il trascendentale processo di valutazione del sapere su se stesso può innescarsi, compiersi e – in uno specifico senso – approdare in ciò che sapere non è. Il Glaube, per come emerge nelle lezioni XII-XIV della WL 1805, la religione chiara nelle pagine di annotazioni dello stesso anno possono intendersi come spazi di sospensione teoretica – prima e dopo il sapere – delle sue necessarie oggettivazioni che vanno, nella loro intoglibilità fattuale, gelten oder nicht gelten lassen. Il Gefühl, quale ultimativo esito di una radicalizzazione nell’auto-comprensione del intelletto, è espressione immediata dell’indeducibilità dell’essere nel sapere, di un luogo residuale, a fronte della sua auto-annichilazione intellegibile. La comprensione che si propone dell’amore, nell’Anweisung, prova a tenere assieme queste due ultime componenti. La certezza di cui è fonte non è un immediato, ultimativo possesso in positivo ma il risultato di un continuo scambio con la riflessione: del suo infinito configurare, l’amore rivela l’apparenza, sospingendola ad auto-superarsi in un’eternità vivente. L’ulteriorità di questa dimensione, così, riguarda, da una parte, l’inoggettivabilità di ciò che si trova prima e dopo la riflessione, dall’altra, la funzione dissipamento dell’apparenza, del lasciar o non lasciar valere le sue oggettive posizioni. Questo conferimento di valore – indirizzare il proprio amore non alla molteplicità ma all’Uno, inteso come principio esplicativo di noi stessi e del mondo – è assieme un conferimento di senso che conduce a una totalizzante trasformazione interiore, a un nuovo e performativo progetto d’esistenza. La relazione immaginale tra essere e sapere, la medesimezza nella non medesimezza, il conseguire liberamente non-conseguendo è la dimensione stessa della vita, commista di realtà e di nulla, di metafisico e storico, di genetico e fattuale. In questa comprensione della vita, complessiva e autentica proprio perché interrotta e realizzata nella libertà del sapere in quanto immagine dell’essere, la tesi si conclude con l’ipotesi per cui: un sistema di pensiero aperto e autenticamente trascendentale, che provi a riflettere la vita, riflettendo sulla vita, si fonda su un profondo intreccio di epistemologia e ontologia, su un’ontologia – quella dell’Anweisung – che può e deve auto-legittimarsi epistemologicamente, su un’ontologia trascendentale.
URI: http://hdl.handle.net/2307/40551
Diritti di Accesso: info:eu-repo/semantics/openAccess
È visualizzato nelle collezioni:Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo
T - Tesi di dottorato

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