Interesse individuale e interesse generale della collettività: l’ “utilità sociale” come limite all’iniziativa economica privata nell’art. 41 della Costituzione

Abstract

Il lavoro affronta il tema dell’utilità sociale. Una nozione fondamentale nell’architettura della Costituzione, la cui introduzione nell’art. 41, secondo comma, Cost. rappresenta un tentativo di dare una risposta all’interrogativo, che ha percorso la storia del pensiero, su quale rapporto intercorra tra il perseguimento dell’interesse materiale dei singoli e il soddisfacimento dell’interesse della collettività. Il lavoro è diviso in tre capitoli: il primo, in cui si discutono i fondamenti teorici dell’utilità sociale, il secondo, in cui si analizza la giurisprudenza costituzionale fino agli Ottanta del secolo scorso e il terzo, in cui si prendono in esame le decisioni della Corte a partire dagli Novanta fino ai giorni nostri. Il primo capitolo inquadra la questione teorica del rapporto tra interesse privato e interesse della collettività nell’ambito del dibattito filosofico dell’illuminismo scozzese e, prendendo le mosse da tale dibattito, ne legge l’eco nello svolgimento dei lavori della Assemblea Costituente. L’esame permette di guadagnare un accesso privilegiato ai significati di quel complesso di valori morali, sociali e giuridici che sono alla base dei modi in cui la nostra Costituzione repubblicana ha disegnato i rapporti fra politiche pubbliche ed economia e che devono costituire un orizzonte di senso inaggirabile per l’attività del legislatore e per l’opera ermeneutica dei giudici. Il capitolo si chiude con una riflessione dal punto di vista della teoria generale del diritto sulla natura della clausola utilità sociale e sui suoi elementi caratterizzanti. Il secondo capitolo è dedicato all’esame della prima fase della giurisprudenza costituzionale. Attraverso l’esame delle decisioni della Corte, il lavoro verifica se nella giurisprudenza costituzionale la formula utilità sociale sia stata letta come “riassuntiva” di altri limiti presenti in Costituzione o se essa sia stata intesa come “concetto valvola” idoneo ad aprirsi a contenuti ulteriori, che di volta in volta sono emersi nella realtà sociale. Oppure ancora, muovendosi in una prospettiva, per così dire intermedia, se in essa il giudice costituzionale abbia ricondotto tutti quei fini che siano funzionali al pieno e libero sviluppo della persona umana, secondo quanto previsto dall’art. 3, secondo comma, Cost. A questo scopo, vengono prese in esame anche le modalità del sindacato della Corte costituzionale che, senza poter incidere sulla discrezionalità della scelta legislativa nella configurazione dell’utilità sociale, sembra concretizzarsi soprattutto in un controllo di congruità mezzi-fini che richiama le forme del giudizio di ragionevolezza delle leggi. Il terzo capitolo, infine, analizza il rapporto tra l’utilità sociale e la tutela della concorrenza, anche alla luce del diritto dell’Unione europea. L’analisi è condotta sempre attraverso la lettura della giurisprudenza costituzionale, ma in un quadro di riferimento senza dubbio modificato dall’introduzione della materia “tutela della concorrenza” nell’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. In questa prospettiva, nel capitolo si prendono in esame alcune scelte del legislatore in tema di liberalizzazioni, verificandone la compatibilità col quadro costituzionale e soprattutto con la clausola dell’utilità sociale.