Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/40453
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dc.contributor.advisorLevrero, Enrico Sergio-
dc.contributor.authorAntenucci, Fabrizio-
dc.date.accessioned2021-11-23T12:54:18Z-
dc.date.available2021-11-23T12:54:18Z-
dc.date.issued2017-06-16-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/40453-
dc.description.abstractDalla recente letteratura, che principalmente fa riferimento al Factor Content of Trade e al teorema Stolper-Samuelson, non emerge una chiara influenza del commercio internazionale sul mercato del lavoro nel settore manifatturiero statunitense. L’obiettivo di ricerca è quello di mettere in evidenza dei limiti teorici dei suddetti strumenti di impostazione marginalista e, parallelamente, di fornire una spiegazione alternativa, sulla base di alcuni elementi della teoria classica, dei differenziali salariali e dei livelli occupazionali. In particolare, l’affermazione del principio della libera circolazione delle merci, degli uomini e dei capitali potrebbe causare la riduzione della forza contrattuale dei lavoratori maggiormente esposti alla concorrenza internazionale, influenzandone negativamente le remunerazioni. Inoltre, la frammentazione dei processi produttivi – che si manifesta attraverso le crescenti importazioni di beni intermedi – potrebbe causare una riduzione della domanda di manodopera nel manifatturiero (production workers). Tuttavia, l’espansione del commercio internazionale potrebbe favorire – sia in termini retributivi che occupazionali – i lavoratori impiegati nelle rimanenti fasi della catena del valore aggiunto (nonproduction workers). Diversamente dall’approccio neoclassico – che distingue tra lavoratori qualificati e non qualificati, basandosi sui livelli di istruzione – nella presente ricerca si fa riferimento alle specifiche categorie occupazionali. A riguardo, attraverso un’analisi econometrica condotta specificando un modello panel ad effetti fissi, si dimostra l’esistenza di una relazione significativa tra l’indice di apertura al commercio internazionale e le grandezze relative al mercato del lavoro (salari e occupazione), confermando le considerazioni teoriche precedentemente formulate. Infatti, relativamente al periodo 2002-2014, si riscontra un impatto negativo del commercio internazionale sui lavoratori impiegati nella produzione, nel trasporto e in generale nelle sfere più basse della struttura aziendale. Viceversa, il commercio internazionale influenza positivamente salari e livelli occupazionali di manager, impiegati nell’area finanziaria, sviluppo e ricerca, informatica.en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treen_US
dc.subjectLAVOROen_US
dc.subjectDISUGUAGLIANZAen_US
dc.subjectCOMMERCIO INTERNAZIONALEen_US
dc.titleL'INFLUENZA DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE SUL MERCATO DEL LAVORO: IL CASO DEL SETTORE MANIFATTURIERO NEGLI STATI UNITIen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze economiche e statistiche::ECONOMIA POLITICAen_US
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze economiche e statistiche::Economicsen_US
dc.subject.anagraferoma3Scienze economiche e statisticheen_US
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Economia*
item.grantfulltextrestricted-
item.languageiso639-1other-
item.fulltextWith Fulltext-
Appears in Collections:Dipartimento di Economia
T - Tesi di dottorato
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