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http://hdl.handle.net/2307/40410
Titolo: | INTANGIBLES, VALUE RELEVANCE E DISCIPLINA CONTABILE. UN'ANALISI STORICA A DIECI ANNI DALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA "NUOVA" DISCIPLINA CONTABILE | Autori: | ROTILI, MARCO | Relatore: | PUCCI, SABRINA | Parole chiave: | INTANGIBLES VALUE RELEVANCE IAS-IFRS VALORE |
Data di pubblicazione: | 11-apr-2018 | Editore: | Università degli studi Roma Tre | Abstract: | A partire dalla seconda metà del secolo scorso si è assistito, con intensità del fenomeno più che proporzionale rispetto al fattore tempo, ad una radicale trasformazione del contesto economico, che ha interessato tanto le modalità di creazione del valore, quanto le leve sottostanti l’ottenimento del (conseguente) vantaggio competitivo: in particolare si è passati da un’economia c.d. tangible asset sensitive (cioè dove i principali fattori critici di produzione del valore erano ricercabili nei beni tangibili dell’impresa, tanto per le produzioni labour intensive che per quelle capital intensive), ad un contesto sempre più intangible asset sensitive, dove la creazione del valore è sempre più connessa con elementi privi di materialità fisica e, dunque, maggiormente complessi da individuare e da stimare.In questo lavoro di tesi, dunque, ci si è chiesti “se” ed “in che misura” le diverse discipline contabili siano in grado di intercettare nei “bilanci legali” delle imprese le componenti intangibili del valore che, come detto, pongono delle strutturali problematiche classificatorie e valutative. Una volta introdotto il tema dell’intangibilità nel generale contesto della valutazione d’impresa (primo capitolo), si è quindi cercato di indagare, prima sotto il profilo teorico e poi attraverso l’ausilio di un modello econometrico, in che modo le discipline contabili presenti nel nostro Paese avessero la capacità di rappresentare, dati i rispettivi sistemi contabili, le citate componenti immateriali del valore. Dunque, sotto il profilo della struttura della tesi, attraverso il secondo ed il terzo capitolo ci si è occupati della descrizione delle modalità di individuazione, classificazione e stima delle attività immateriali nella disciplina contabile local (secondo capitolo) e negli IAS-IFRS (terzo capitolo), dedicando ampio spazio al confronto tra le diverse caratteristiche concettuali e valutative delle due discipline (cercando di non trascurare anche cenni ai principi contabili americani ed ai principali standard presenti nel mondo). Il quarto ed ultimo capitolo è stato interamente dedicato a fornire un supporto statistico (prima di natura prettamente “descrittiva”, aggiungendovi poi un “supporto econometrico”) alle affermazioni rinvenienti dal confronto tecnico-giuridico dei capitoli precedenti. In particolare, attraverso un modello di tipo “OLS” si è cercato di mettere in relazione i valori di libro delle imprese italiane quotate con i loro rispettivi valori di mercato, avendo a riferimento un orizzonte storico ventennale: l’idea di fondo del modello è quella per cui una maggiore (minore) distanza tra valori di mercato e valori contabili sia indicativa di una minore (maggiore) capacità della disciplina contabile vigente di “intercettare” elementi del valore, anche intangibili, nei bilanci legali delle imprese; l’analisi si è concentrata sulla dinamica storica di tale “distanza”, avendo a riferimento che, per le imprese quotate nel mercato finanziario nazionale, i bilanci 1996-2005 sono redatti secondo la disciplina local, mentre, a partire dal 2006, tutte le società quotate presentano bilanci IAS-compliant (dunque l’utilizzo della serie storica 1996-2015, applicata al “caso Italia”, ci ha consentito lo studio del “prima” e del “dopo” l’introduzione degli IAS-IFRS). Dall’esame giuridico contabile e dalle risultanze statistiche sembrerebbe emergere che le due discipline contabili analizzate rispondono a finalità di redazione del bilancio concettualmente differenti ma, in tema di beni immateriali, pur non mancando differenti strumenti per l’individuazione e la valutazione delle stesse, sembra trasparire una “non eccessiva difformità” dei criteri identificativi e valutativi; inoltre, come esplicitato nel paragrafo 3.4 e come confermato dall’analisi quantitativa, sotto taluni aspetti la disciplina contabile civilistica – il cui fine della rappresentazione veritiera e corretta è strettamente legato al principio di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale – apparirebbe, soprattutto nella versione pre-riforma del 2015, addirittura “meno prudente” della disciplina contabile internazionale (soprattutto in sede di qualificazione di quali oneri possano effettivamente essere considerati “capitalizzabili” come attività patrimoniali). In particolare, venendo ad esplicitare le nostre risultanze statistiche, pur consci dei limiti insiti in qualsiasi modello di stima, la disciplina contabile internazionale apparirebbe paradossalmente “less value-relevant” rispetto alla pre-vigente (per le società quotate) disciplina contabile nazionale: seguendo l’approccio deduttivo pocanzi descritto, si è arrivati a concludere che la disciplina contabile internazionale non avrebbe portato un incremento di “componenti del valore” nel bilancio delle società quotate italiane; in altre parole l’impianto normativo sotteso agli IAS-IFRS, pur essendo rivolto alla “tutela informativa” del soggetto investitore, non avrebbe comportato, stando al nostro modello, mutamenti sostanziali nella “riconoscibilità” dei fattori immateriali nel bilancio d’esercizio, non contribuendo, in quest’ottica, ad avvicinare la configurazione del patrimonio d’impresa al proprio “valore di mercato”. Ed in questa affermazione, pur con tutta la prudenza del caso, troviamo tuttavia un collegamento con quanto già detto in sede di risposta alla nostra prima domanda di ricerca: la risultanza empirica del modello econometrico ha infatti confermato quanto già da noi affermato in sede di analisi giuridica, ove non apparivano, tra le discipline contabili in esame, forti differenze nelle modalità di individuazione e valutazione delle poste immateriali (ed anzi gli aspetti di minor restrittività della disciplina nazionale nell’individuare gli oneri forieri di capitalizzazione in bilancio sarebbero coerenti con la diminuzione della value relevance osservata a seguito dell’introduzione degli IAS-IFRS). Nella chiosa finale del lavoro di tesi, una volta esplicitate le conclusioni pocanzi descritte, si è dato conto della volontà di continuare assiduamente a seguire l’evoluzione del dibattito in materia di intangibles e value relevance, da cui certamente scaturiranno sempre nuovi spunti innovativi, a servizio del contesto produttivo e degli operatori economici. | URI: | http://hdl.handle.net/2307/40410 | Diritti di Accesso: | info:eu-repo/semantics/openAccess |
È visualizzato nelle collezioni: | T - Tesi di dottorato Dipartimento di Economia Aziendale Dipartimento di Economia Aziendale |
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