Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/5988
Title: Storia del restauro e della conservazione del patrimonio culturale nel Medio Oriente nei periodi Ayyubite e Mamelucco
Authors: Salloum, Joliana
Advisor: Micheli, Mario
Lancioni, Giuliano
Keywords: Restauro
Conservazione
Trasformazione
Ayyubite
Mamelucco
Issue Date: 20-Jun-2016
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: La ricerca, finalizzata alla ricostruzione della storia del restauro e della conservazione del patrimonio culturale nel Medio Oriente nei periodi Ayyubite e Mamelucco, è stata condotta attraverso l’analisi filologica di numerose fonti contenenti indicazioni importanti riguardo ai concetti di conservazione e di restauro in quei periodi storici, al pensiero artistico ed a questioni di natura politica. Emerge ad esempio che il termine ḥifẓ ‘conservazione’ rappresenta un valore presente nel Corano e che significa protezione dalla perdita, valorizzazione e memorizzazione. Il termine tarmīm ‘restauro’ nella lingua araba non significa “ricostruire le parti distrutte”, e neanche “rinnovare le parti mancanti”, bensì “rimettere in ordine gli elementi danneggiati” appartenuti alla struttura originaria per salvare solo i caratteri formali dell’opera. Gli arabi, secondo quanto è attestato dalle fonti classiche delle epoche Ayyubite e Mamelucca hanno eseguito diverse operazioni che possiamo definire utilizzando i termini moderni: tarmīm ‘restauro’, iṣlāḥ ‘riparazione’, taǧdīd ‘rinnovamento’, iʿādat bināʾ ‘ricostruzione’, ma con una prevalenza delle operazioni di ricostruzione e di rinnovamento rispetto al semplice restauro; tutte queste operazioni erano compiute al valore di ḥifẓ ‘conservazione’ oppure taḥawūl ‘trasformazione’. I principali fattori che hanno influenzato il campo degli interventi compiuti sul patrimonio culturale architettonico in quelle fasi storiche sono principalmente di natura politica ed amministrativa: per esempio l’azione conservativa finalizzata alla valorizzazione del monumento nei luoghi sacri prevedeva un certo rispetto dello stato originario, mentre per altri siti patrimoniali che non avevano un valore religioso come le cittadelle e le piazzeforti ecc., venivano applicate tutte le operazioni di conservazione o di trasformazione. Un altro fattore che ha condizionato le scelte è rappresentato dalla proprietà del monumento: musulmana o non musulmana ḏimmī. La legge islamica proibiva ai ḏimmī di eseguire le operazioni di ricostruzione o di rinnovamento dei loro luoghi di culto e permetteva loro solo il semplice restauro o interventi di riparazione. Ciò è spiegabile poiché il restauro aveva il fine di prolungare la vita di una proprietà, mentre la ricostruzione rappresentava l’acquisizione di qualcosa di nuovo. Oppure nel caso di amministrazioni che si succedevano in un determinato contesto geografico, se vi era somiglianza o coincidenza di pensiero e di visione con l’amministrazione precedente, allora se ne conservavano le tracce, le architetture e i monumenti come il caso che vede coinvolto Saladino nella moschea Aqṣā e nella cupola della roccia a Gerusalemme. In caso contrario il nuovo stato cerca di omologare tutto ciò che apparteneva allo stato precedente, come nel caso degli interventi compiuti dallo stesso Saladino al Cairo. Se il monumento appartiene ai musulmani incontriamo fattori ideologici e fattori tecnici: fra i primi si segnala il conflitto tra il mondo antico e il presente, fra il mondo pagano, la cultura cristiana, ebraica e la cultura islamica, l’influsso religioso mistico dell’islam, l’influsso estetico e la definizione del bello. I fattori tecnici riguardano la complessità dell’operazione del restauro, ben espressa da Abū Ḥayyān at-Tawḥīdī (310/922- 414/1023): «il restauratore non riuscirà mai a rifare l’opera esattamente come l’aveva fatta e voluta l’artista in origine; infatti l’artista procede verso la perfezione mentre lo scopo del restauratore è quello di provare ad inseguire lo scopo originario riuscendo però soltanto a raggiungere un alternativo». Si riscontrano inoltre le numerose distruzioni causate dalle guerre, dagli eventi naturali o accidentali come i terremoti e gli incendi, molto frequenti nell’epoca classica; il restauro e la conservazione in questi casi sono rivolte al ripristino o alla ricostruzione del monumento distrutto e al rafforzamento del monumento sopravvissuto. Nelle fonti classiche si notano infine vari riferimenti alla necessità di eseguire le operazioni di conservazione e di restauro, si ricorda fra tante l’opera di ʿAbd al-Laṭīf al-Baġdādī (557/1162, 629/1231), in cui si riscontra una dettagliata descrizione delle raccomandazioni dei governi arabi islamici nella cura del patrimonio culturale arabo nel XII secolo.
URI: http://hdl.handle.net/2307/5988
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
Appears in Collections:Dipartimento di Studi Umanistici
T - Tesi di dottorato

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