Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/567
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dc.contributor.advisorD'Alessio, Gianfranco-
dc.contributor.authorBonomolo, Andrea-
dc.date.accessioned2011-08-04T09:14:18Z-
dc.date.available2011-08-04T09:14:18Z-
dc.date.issued2010-05-06-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/567-
dc.description.abstractLo studio qui condotto ha come scopo quello di analizzare il ruolo svolto dall’attività programmatoria strategica nelle amministrazioni pubbliche ed il suo impatto, per un verso, sul principio di distinzione tra politica e amministrazione e, per altro verso, sul buon andamento dell’azione amministrativa, anche in relazione alle aspettative dei cittadiniutenti. Nel settore pubblico, le tecniche di programmazione e controllo hanno conosciuto soltanto di recente un organico assetto normativo ed un apprezzabile sviluppo pratico da parte dei competenti organi di governo. Ciò nonostante, si deve prendere atto che, nell’attuale contesto di congiuntura economica e di competitività internazionale del mercato, l’esigenza di razionalizzare le attività da porre in essere e la necessità di ottimizzare le limitate risorse a disposizione costituiscono un presupposto indispensabile per conservare e migliorare i livelli delle prestazioni degli apparati pubblici. Inoltre, il fallimento delle politiche che si sono affidate alle misure emergenziali, quale strumento sistematicamente utilizzato per affrontare le situazioni di difficoltà, ha suggerito lo sviluppo di metodologie basate sulla pianificazione delle attività e sulla programmazione degli obiettivi da raggiungere nel lungo periodo. Il passaggio da un modello di amministrazione incentrato sul rispetto formale delle norme ad un modello di amministrazione orientato alla logica del risultato ha così condotto l’azione dei pubblici poteri a valorizzare una tipologia di organizzazione del lavoro basata sulla programmazione in funzione strategica delle attività, abbandonando l’approccio semplicemente reattivo e contingente alle esigenze espresse dai soggetti portatori di interesse e dai cittadini-utenti; il destinatario dei servizi pubblici si spoglia delle vesti di soggetto amministrato per divenire un customer, di cui occorre garantire la soddisfazione ed a cui rendere conto delle attività svolte dall’amministrazione. La metodologia seguita nella ricerca si connota come di tipo deduttivo-induttivo: all’analisi della normativa in materia di programmazione strategica fa seguito l’esame dei sistemi e dei documenti di programmazione presenti nelle amministrazioni pubbliche prescelte, come best practice di riferimento, per l’indagine condotta. Lo studio delle esperienze maturate presso le amministrazioni individuate per il test ha consentito di poter formulare alcune considerazioni di sintesi sulle varie tecniche programmatorie e sui punti di forza e di debolezza dell’intero sistema. Il lavoro si struttura in cinque parti fondamentali. Nella prima parte, a carattere generale, vengono declinati i concetti di pianificazione, di programmazione e di strategia, riguardati nel prisma della mission e della vision che caratterizzano un’organizzazione pubblica. Programmare significa assegnare un ordine alle cose, prevedendo i possibili scenari futuri e preordinando le condotte al raggiungimento di obiettivi prefissati, aventi un orizzonte temporale esteso, in guisa da rendere coerente l’azione stessa rispetto ai risultati attesi. L’attività programmatoria rappresenta un modulo di organizzazione della funzione di indirizzo politico-amministrativo, nella quale l’organo di governo, dopo aver individuato gli obiettivi strategici, le risorse ed i tempi occorrenti per il loro raggiungimento, lascia agli organi burocratici il potere di decidere in ordine alle modalità concrete di implementazione del programma. Alla programmazione è affiancato il concetto di strategia, intesa quale scelta della direzione verso la quale l’amministrazione vuole andare, in funzione delle proprie missioni istituzionali. L’attività amministrativa programmatoria diviene strategica, dunque, allorquando si effettuano analisi riguardanti il ruolo che l’organizzazione intende svolgere nel futuro e le “scelte di fondo” che devono guidare l’agire dell’amministrazione. La capacità di definire le proprie strategie, analizzare i processi di lavoro, valutare i risultati conseguiti e correggere le imperfezioni diventa fonte di vantaggio competitivo. Lo studio condotto in questa parte è finalizzato, per un verso, a verificare se la programmazione strategica assecondi il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, riservate all’autorità di governo dell’ente, e la gestione concreta dell’attività amministrativa, affidata alla cura dei dirigenti e, per altro verso, ad esaminare la relazione funzionale tra l’azione amministrativa di lungo periodo ed il principio costituzionale di buon andamento, riguardato sotto i profili dell’efficienza e del coordinamento delle attività poste in essere dagli attori coinvolti nel processo di programmazione strategica. Nella seconda parte, vengono esaminate le fonti normative sull’attività di programmazione strategica nelle amministrazioni centrali, nelle amministrazioni parastatali, nelle amministrazioni locali e nell’ambito del sistema universitario. In questa sede, ci si sofferma, altresì, sulla natura, sui caratteri e sulle finalità dei principali documenti di natura programmatoria delle varie tipologie di organizzazioni pubbliche selezionate per lo studio. La scelta di individuare, ai fini dell’indagine, le tipologie di amministrazioni sopra menzionate si fonda sull’utilità connaturata al raffronto tra organizzazioni caratterizzate da differenti missioni istituzionali, anche allo scopo di individuare possibili percorsi di good practice di riferimento per le altre organizzazioni pubbliche. Non è un caso che, nella selezione delle amministrazioni, si sia deciso di soffermare l’indagine tanto su enti che alimentano con maggiore evidenza l’offerta di pubblici servizi o prestazioni destinate agli utenti (è il caso dell’università o del comune), quanto su amministrazioni la cui attività ha un impatto tendenzialmente minore o indiretto (ci si riferisce al ministero o all’ente pubblico non economico) sul cittadino-cliente. In questa parte del lavoro, particolare attenzione viene dedicata al rapporto tra la pianificazione strategica e la programmazione finanziaria ed alla logica sottesa al superamento del metodo puramente storico-incrementale nelle decisioni di allocazioni di bilancio, per privilegiare il riesame dell’insieme delle politiche di spesa in atto e delle attività e delle risorse impiegate dalla pubblica amministrazione per conseguire determinati obiettivi (spending review). Il nuovo sistema di classificazione del bilancio pubblico, distinto nei due livelli di aggregazione denominati “missioni” e “programmi”, dovrebbe consentire, in coerenza con il profilo finalistico della spesa, per un verso, di evidenziare la connessione tra risorse stanziate e finalità perseguite nel loro utilizzo e, per altro verso, di migliorare la capacità dell’amministrazione di raggiungere obiettivi definiti, favorendo il passaggio da una cultura di previsione per capitoli di spesa ad una programmazione per politiche pubbliche, in linea con la tendenza generale in corso in altri paesi occidentali ad economia avanzata, quali gli Stati Uniti d’America e la Francia, ove le tecniche di programmazione strategica vengono utilizzate come leva per la modernizzazione ed il rinnovamento del sistema amministrativo. Nella terza parte viene analizzata la riforma del ciclo di gestione della performance delle organizzazioni pubbliche, attuata con il d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che introduce nuovi meccanismi di programmazione degli obiettivi e di valutazione del rendimento e della produttività degli apparati pubblici. Atteso che i pubblici poteri, producendo beni e servizi non verificati dal mercato, si trovano ad agire in una condizione protetta dalla concorrenza, l’obiettivo di fondo della riforma può essere sintetizzato nell’esigenza di coinvolgere le amministrazioni pubbliche in una dimensione competitiva, in modo da incentivare l’efficienza, la produttività e, in definitiva, assicurare elevati livelli di soddisfacimento del cittadinoutente, che diviene così un imprescindibile termine di riferimento per la funzione di programmazione strategica e per la rendicontazione delle attività svolte dai pubblici apparati. Lo strumento individuato dal decreto delegato per consentire il continuo miglioramento dei servizi offerti alla collettività è il piano della performance, che conferisce veste di pianificazione all’amministrazione per risultati, traducendo le priorità politiche e gli orientamenti strategici in progetti da attuare ed azioni da porre in essere per il raggiungimento dei risultati attesi. Il nuovo quadro delle attività di programmazione, gestione, controllo e rendicontazione delle amministrazioni consente di disporre di un utile termine di riferimento per verificare se, ed in quale misura, le attuali metodologie di programmazione strategica delle amministrazioni pubbliche prescelte per il test siano coerenti con gli strumenti previsti dal predetto decreto delegato. La quarta parte è dedicata alla verifica dell’effettivo funzionamento dell’attività di programmazione strategica nelle amministrazioni prese in considerazione quali ipotesi di “buone pratiche” di riferimento, in relazione all’ambito statale (Ministero dell’economia e delle finanze), parastatale (Istituto nazionale della previdenza sociale), locale (Comune di Reggio Emilia) ed universitario (Università degli studi di Bologna). L’individuazione delle amministrazioni prescelte per l’indagine risponde ad un duplice ordine di motivazioni: per un verso, si è inteso indirizzare la preferenza verso amministrazioni notevolmente differenziate tra loro in ordine al grado di “contatto sociale” con i cittadini-utenti o con i soggetti portatori di interesse; per altro verso, si è voluto esaminare amministrazioni che presentano, in sede di programmazione strategica, un fattore di impatto significativamente diversificato in funzione delle rispettive missioni istituzionali. L’analisi delle esperienze maturate nelle amministrazione “campione” prende in considerazione l’intero ciclo di pianificazione strategica e programmazione finanziaria, soffermandosi, in particolare, sui documenti utilizzati nel processo di programmazione. La quinta ed ultima parte è dedicata ad una disamina relativa ai caratteri dei sistemi e dei documenti di programmazione strategica presenti nelle amministrazioni sottoposte ad esame ed alle differenze funzionali tra i modelli individuati, dalle disposizioni legislative, in relazione alle diverse organizzazioni pubbliche. In questa parte del lavoro vengono messe a confronto le esperienze e le metodologie di programmazione adottate dalle amministrazioni sottoposte a test e ci si sofferma sui principali fattori di disallineamento tra la normativa e la prassi amministrativa, anche al fine di individuare le “buone pratiche” presenti nel panorama amministrativo. La verifica svolta, ancorché abbia messo in evidenza alcuni aspetti di criticità del sistema ed una forte disomogeneità tra le varie amministrazioni, sia dal punto di vista metodologico che funzionale, tuttavia ha dimostrato che la programmazione strategica favorisce la distinzione tra politica e amministrazione e riempie di contenuto il principio di buon andamento dell’attività amministrativa. Sotto il primo aspetto, essa transla la pianificazione politica nelle attività e negli obiettivi operativi che dovranno essere attuati dal management; consente il passaggio concreto delle politiche pubbliche dalla dimensione di governo a quella amministrativa; in breve, traduce la strategia in azione. In relazione al buon andamento, l’attività programmatoria dà sostanza ad un disegno ordinato e sistematizzato dei diversi interventi che i vari organi di gestione sono chiamati a svolgere per il raggiungimento degli obiettivi (coordinamento delle attività) entro un periodo temporale predeterminato e mediante l’utilizzo di risorse limitate (efficienza dell’azione amministrativa). Prendendo spunto dall’analisi empirica condotta, vengono formulate alcune riflessioni conclusive, di natura generale e sistemica, in materia di programmazione strategica, anche in relazione ai risultati attesi dalla riforma del ciclo di gestione della performance delle amministrazioni pubbliche.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.titleLa programmazione strategica nelle amministrazioni pubblicheit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::DIRITTO AMMINISTRATIVOit_IT
dc.subject.miurScienze giuridiche-
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze giuridicheit_IT
dc.subject.isicruiScienze giuridiche-
dc.subject.anagraferoma3Scienze giuridicheit_IT
local.testtest-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Societa'*
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item.fulltextWith Fulltext-
item.languageiso639-1other-
Appears in Collections:X_Dipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Societa'
T - Tesi di dottorato
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