Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/563
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dc.contributor.advisorDi Lascio, Francesca-
dc.contributor.authorSoluri, Francesco-
dc.date.accessioned2011-08-04T08:26:19Z-
dc.date.available2011-08-04T08:26:19Z-
dc.date.issued2010-04-09-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/563-
dc.description.abstractEsiste una peculiare "trasversalità" del tema del federalismo fiscale, o meglio, per usare un'espressione neutra della dottrina, delle relazioni intergovernative finanziarie, a conferma di quanto corrisponda al vero l'affermazione secondo cui storicamente, l'elemento che fonda e delimita un assetto di tipo federale è costituito dal profilo fiscale. Questo per una serie di ragioni, alcune delle quali agevolmente intuibili: negli assetti statuali di tipo federale assume un rilievo centrale la constatazione per cui solo ove un determinato livello di governo gestisca effettivamente risorse proprie, può dirsi esistente e concretamente operante un meccanismo istituzionale fondato sul binomio autonomia politica/responsabilità politica. Inoltre, l'assetto delle relazioni economico-finanziarie fra i diversi livelli di governo ha un'immediata ricaduta sull'effettività dei principi di solidarietà e di eguaglianza; in tal senso, il concetto di federalismo fiscale non può non tenere conto delle esigenze di uniformità nella tutela di tali principi. Infine, non possono ignorarsi i rapporti, non sempre di facile interpretazione, intercorrenti fra la definizione di un compiuto sistema statuale di federalismo fiscale ed il quadro dei principi macroeconomici stabiliti in ambito comunitario. L'analisi condotta si apre con una ricognizione della situazione normativa esistente nell'Ordinamento italiano anteriormente alla riforma del Titolo Quinto della Costituzione. In buona sostanza, l'evoluzione dei rapporti finanziari tra Stato ed enti decentrati negli ultimi cinquanta anni nel nostro Paese può essere vista come graduale passaggio da un modello centralistico verso un modello regionale, in cui sono diventati sempre più accentuati gli aspetti federalistici. E' però soltanto a partire dagli inizi degli anni novanta che la necessità, avvertita a vari livelli, di superare la crisi dello Stato centralista e il dissesto del sistema tributario si è tradotta nella necessità di realizzare un modello di federalismo anche di tipo fiscale. Con la stagione delle riforme degli anni novanta, di portata fortemente innovativa sull'intero sistema delle autonomie regionali e locali, si è pertanto inaugurata una nuova politica in materia finanziaria caratterizzata dalla introduzione di un numero consistente di tributi propri in capo alla Regione, cui ha fatto seguito la corrispondente riduzione di trasferimenti statali. Tra le innovazioni di maggior rilievo di quel periodo riformatore è possibile ricordare: a) la „regionalizzazione' del SSN a partire dal 1992 e l'introduzione, con legge n. 662/1996 (cosiddetto “collegato” alla Legge Finanziaria 1997) dell'imposta sulle attività produttive (IRAP); b) alcuni atti normativi di riordino della finanza degli enti territoriali, quali il D. Lgs. n. 504/1992 (che ha trasferito totalmente alla Regione la tassa automobilistica regionale e l'imposta sull'erogazione del gas e dell'energia elettrica per usi domestici a partire dal 1994) e la Legge n. 549/1995 (che ha trasferito alle Regioni l'imposta regionale sulla benzina, la tassa sul diritto allo studio ed il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti); c) il D. Lgs. n. 56/2000, con il quale si tracciava una sorta di „via italiana' al federalismo fiscale attraverso la previsione, a partire dal 2002, di un meccanismo di perequazione delle risorse regionali, basato su nuovi criteri equitativi (cosiddetti a regime ), volti a superare gradualmente quello basato sulla spesa storica, al fine di consentire a tutte le Regioni a statuto ordinario di erogare livelli essenziali ed uniformi di assistenza e di tener conto dell'esigenza di superare gli squilibri socio-economici territoriali. Il secondo capitolo del presente lavoro di ricerca si sofferma sull'evoluzione del tema del federalismo fiscale a seguito della riforma del Titolo Quinto dell a Costituzione. La grande novità della riforma è che anche le Regioni e gli Enti locali possono stabilire tributi propri, sebbene con alcuni limiti. L'articolo 119 fornisce, al riguardo, due indicazioni molto generali: tale attività deve essere svolta in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Poiché la potestà legislativa è assegnata solo allo Stato e alle Regioni (articolo 117 comma 2), ne risulta una dipendenza delle norme tributarie degli enti locali dalla potestà legislativa delle regioni. Oltre alla fonte di finanziamento costituita dai tributi propri, la Costituzione, nell'articolo 119, fornisce indicazioni anche su altre forme di finanziamento dei livelli del governo decentrati. Nello schema “cooperativo” fin qui delineato, essenziali sono apparsi il ruolo ed il lavoro svolto dall'Alta Commissione di studio per il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (AcOFF), attraverso la quale si sarebbero dovuti indicare al Governo gli elementi per ridurre la complessità, ed al tempo stesso migliorare l'efficacia, della risposta legislativa statale. Nelle conclusioni dell'AcOFF sono rinvenibili buona parte dei principi e dei criteri portati avanti dal succeduto Governo, nel solco di un percorso fortemente voluto dall'allora Ministro delle Finanze Padoa Schioppa, che istituì un apposito gruppo di lavoro con il compito di elaborare un'ipotesi di disegno di legge delega, da sottoporre all'esame del Governo e, quindi, del Parlamento, ed il cui punto di approdo è rinvenibile nel DDL licenziato successivamente il 3 agosto 2007 dal Governo Prodi. E' proprio sull'analisi del contenuto di tale provvedimento (e dei profili di criticità del D. Lgs. n. 56/2000) che si apre il terzo capitolo del presente lavoro, dedicato, tra l'altro, all'incisione normativa prodotta dalle leggi finanziarie dello Stato successive alla legge Finanziaria per il 2003 (istitutiva proprio della citata Alta Commissione), agli interventi della Corte Costituzionale in tema di federalismo fiscale, nonché al rapporto tra coordinamento della finanza pubblica e funzioni svolte dalla Corte dei Conti. Invero, dopo la citata Legge Finanziaria per il 2003, le successive leggi di formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato hanno adottato, nel complesso, correttivi molto parziali se visti in funzione dell'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione e, quindi, di scarso rilievo contenutistico, con l'unica eccezione della legge n. 296/2006 (Legge Finanziaria 2007), che ha riconosciuto agli Enti locali maggiori spazi di autonomia in materia di imposizione dei tributi di loro competenza, pur dovendosi comunque prendere atto che tale impostazione non è apparsa affatto risolutiva per il processo di attuazione del federalismo fiscale. Peraltro, l'aver sottolineato spesso l'indeterminatezza delle previsioni di carattere costituzionale contenute nel novellato articolo 119 della Costituzione, proprio nella parte riguardante il “federalismo fiscale”, ha rappresentato il presupposto necessario non soltanto per la successiva attività di attuazione legislativa dell'istituto, ma anche per l'indispensabile opera integratrice della Corte costituzionale prodotta per iniziativa del governo centrale e delle Regioni. In particolare, per quanto concerne l'autonomia di entrata da riconoscere in capo agli enti territoriali, il Giudice delle leggi ha ritenuto di frapporre un freno alla dinamicità legislativa in materia, pretesa ed esercitata, freneticamente, da alcune Regioni, attesa l'assenza di una disciplina attuativa dell'articolo 119 della Costituzione (già di per sé un po' troppo ermetico, laconico e certamente incompleto) che regolasse le condizioni e i limiti di esercizio dell'autonomia impositiva regionale e degli Enti locali, dovendosi nelle more necessariamente riaffermare l'unicità del sistema tributario ed il ruolo di tutore delle istanze unitarie da parte dello Stato, evidenziandosi in tal modo il richiamo alla necessaria “macrocornice” legislativa statale. Il quarto capitolo è dedicato all'analisi complessiva dei recenti interventi del legislatore in tema di federalismo fiscale. Al riguardo, si è prima detto come nelle conclusioni dell'AcOFF siano contenute buona parte dei principi e dei criteri portati avanti dal Governo successivo attraverso la Commissione Giarda, ed il cui punto di approdo è rinvenibile nel DDL licenziato successivamente il 3 agosto 2007 dal Governo Prodi. Invero, il progetto legislativo contenuto nel DDL in questione è successivamente naufragato a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, al quale ha fatto seguito un dibattito apertosi a ridosso delle ultime elezioni politiche e continuato dopo gli esiti prodotti da uno schema di DDL delega predisposto inizialmente dal Ministro Roberto Calderoli, e poi condiviso dal Governo (su proposta dei Ministri Tremonti, Bossi, Calderoli e Fitto), sebbene in una versione finale sensibilmente modificata ed integrata rispetto alla „bozza' originaria. In realtà, tale proposta di DDL (meglio nota come „bozza Calderoli') aveva già esordito il 24 luglio 2008; alla prima versione ha fatto seguito la seconda edizione, sensibilmente integrata e modificata, ufficializzata il 3 settembre successivo, alla quale è poi succeduto l'esame ed il licenziamento dello schema da parte del Consiglio dei Ministri dapprima nella seduta dell'11 settembre e poi in quella definitiva del successivo 3 ottobre 2008. Secondo un orientamento, il nuovo DDL avrebbe ripreso alcune soluzioni previste dal Governo precedente, anche in tema di perequazione, semplificando al contempo il quadro complessivo dagli eccessi di statalismo e rivalutando con maggiore intensità l'autonomia regionale. Al licenziamento della „bozza Calderoli' (nella sua versione „condivisa'), da parte del Consiglio dei Ministri nella seduta dell'11 settembre scorso, ha fatto poi seguito la successiva rubricazione al Senato (A.S. n. 1117) del testo del DDL delega dell'Esecutivo e la sua consistente integrazione in sede di Commissioni riunite, conclusasi con l'approvazione di un elaborato finale del 16 gennaio 2009 e con la definitiva approvazione in prima lettura al Senato, il successivo 22 gennaio, con 156 voti favorevoli, 6 contrari e 108 astenuti. Il DDL A.S. n. 1117, salutato positivamente dalla dottrina, è stato, quindi, trasmesso alla Camera dei Deputati (A.C. n. 2105); modificato da quest'ultima, con un lavoro di “fine tuning” il 24 marzo, il testo è stato trasmesso in data 26 marzo 2009 al Senato della Repubblica con rubricazione n. 1117-B, per essere definitivamente approvato il successivo 29 aprile con 154 voti favorevoli, 6 contrari e 87 astenuti, divenendo così la legge 5 maggio 2009, n. 42 (“Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione”). Il quarto capitolo si chiude con l'esame delle ultime novità legislative intervenute, riguardanti, rispettivamente: a) il ruolo e le funzioni della Corte dei Conti in materia di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione al federalismo fiscale (articolo 17, comma 31, del D.L. n. 78/2009, convertito dalla legge n. 102/2009); b) il primo decreto di attuazione della legge delega n. 42/2009 (sul c.d. „federalismo demaniale'); c) le disposizioni, contenute nella Legge Finanziaria per il 2010 (legge n. 191/2009), concernenti il „Patto per la salute'; d) la legge di riforma del sistema di contabilità pubblica (legge n. 196/2009). Infine, l'analisi compiuta nel quinto capitolo affronta, in una prospettiva di diritto comparato, i modelli di federalismo fiscale in atto esistenti in due ordinamenti europei decentrati di particolare interesse, la Spagna e la Germania. Entrambi i Paesi vantano una certa eredità federale intesa, nel primo caso, come decentramento fiscale, mentre nel secondo come federalismo politico e cooperativo; entrambi, comunque, hanno storicamente costituito (e costituiscono tuttora) un punto di confronto con l'ordinamento italiano. In questo senso, l'impiego di una prospettiva di diritto comparato oltre a contribuire a dare una visione di insieme sulle tendenze che caratterizzano gli ordinamenti europei, specialmente in relazione allo studio dei diversi modelli di riparto finanziari, rappresenta indiscutibilmente un ausilio per comprendere forse meglio le scelte compiute dal legislatore italiano, dapprima con il processo di revisione costituzionale del 2001 e, infine, con la legge-delega n. 42/2009, approvata al fine di dare attuazione legislativa, sia pure tardiva, all'articolo 119 della Costituzione. Il presente lavoro è aggiornato alla data del 22 febbraio 2010, non essendo, dunque, prese in considerazione eventuali evoluzioni normative successivamente intervenute.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.titleFederalismo fiscale meccanismi di perequazione finanziariait_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::DIRITTO AMMINISTRATIVOit_IT
dc.subject.miurScienze giuridiche-
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze giuridicheit_IT
dc.subject.isicruiScienze giuridiche-
dc.subject.anagraferoma3Scienze giuridicheit_IT
local.testtest-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Societa'*
item.fulltextWith Fulltext-
item.grantfulltextopen-
item.languageiso639-1other-
Appears in Collections:X_Dipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Societa'
T - Tesi di dottorato
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