Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/534
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dc.contributor.advisorMortola, Elena-
dc.contributor.authorPetrucci, Viviana-
dc.date.accessioned2011-07-27T12:48:57Z-
dc.date.available2011-07-27T12:48:57Z-
dc.date.issued2010-06-07-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/534-
dc.description.abstractLa città sembra aver assunto il carattere simbolico del bosco delle fiabe, un luogo che attrae e respinge, del quale si ha paura ma si è contemporaneamente affascinati e sedotti per la varietà di stimoli e novità che offre. Il bosco delle fiabe come metafora dello spazio pubblico, in quanto rappresentazione appartenente all’immaginario collettivo, permette di trasmettere in forma immediata la percezione d’insicurezza che attraversa la società contemporanea e che trova proprio nella città la sua forma concreta. La città offre la proiezione visibile ai sentimenti di precarietà e d’incertezza, così emergenti e pressanti, e allo stesso tempo li giustifica; questo ha portato il tema della sicurezza urbana al centro del dibattito politico e scientifico, non perché sia oggettivamente il problema più grave ma perché insiste su un territorio concreto e vicino: il luogo del nostro vivere quotidiano. Come nella fiaba di Cappuccetto Rosso dove la mamma vieta alla bambina di entrare nel bosco per motivi di sicurezza- così ai bambini e alle bambine viene negata la città per il timore di incontrare il lupo cattivo. Negare la città ai bambini significa anche privarli di alcune esperienze ambientali fondamentali allo sviluppo della loro personalità. La ricerca azione qui proposta si fonda sulla convinzione che riportare i bambini per strada e ,quindi, ricreare le condizioni ambientali e sociali necessarie ai cittadini più piccoli per realizzare il proprio modo di vivere la città, sia una risposta possibile alla deriva della società contemporanea. Attraverso la realizzazione di percorsi partecipativi con bambine e bambine di età compresa tra gli otto ed i dodici anni in diversi quartieri romani, viene messa a punto una metodologia denominata “Giochiamo a fare città”. L’espressione “giochiamo a” riprende la tipica frase dei bambini quando iniziano un gioco: giochiamo a nascondino? a color color? ad acchiappa fulmine? Il “potere generativo” di queste parole le rende ,inoltre , sintesi dei principali temi affrontati in questo lavoro di ricerca.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.titleGiochiamo a fare città : le bambine ed i bambini nella progettazione dello spazio pubblicoit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Ingegneria civile e Architettura::COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA E URBANAit_IT
dc.subject.miurIngegneria civile e Architettura-
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Ingegneria civile e Architetturait_IT
dc.subject.isicruiIngegneria civile e Architettura-
dc.subject.anagraferoma3Ingegneria civile e Architetturait_IT
local.testtest-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Progettazione e studio dell'architettura*
item.grantfulltextrestricted-
item.fulltextWith Fulltext-
item.languageiso639-1other-
Appears in Collections:X_Dipartimento di Progettazione e studio dell'architettura
T - Tesi di dottorato
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