Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/5129
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dc.contributor.advisorResta, Eligio-
dc.contributor.authorBarra, Favorita-
dc.date.accessioned2016-08-03T10:24:49Z-
dc.date.available2016-08-03T10:24:49Z-
dc.date.issued2015-06-24-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/5129-
dc.description.abstractIl presente lavoro ha ad oggetto il rapporto tra diritto e decisione. Da un punto di vista squisitamente strutturale il diritto è un reticolato di fondamenti decisionali e regole decisionali più o meno sistematizzate. Ma c’è di più. La molteplice fenomenologia dei paradigmi decisionali costituisce, da un lato, la nervatura del diritto, dall’altro, funge da potente sonda attraverso la quale è possibile svelare l’imperativo del sistema giuridico: decidere. Del resto già Max Weber aveva parlato di Stato come quella forma di organizzazione coattiva che detiene il monopolio legittimo della decisione sull’uso della coercizione. Tornando alla mia premessa iniziale, la tematica del diritto sub specie decisionis affrontato sia in base ad un approccio teorico che pratico-applicativo porterà a rilevare una costante dialettica: quella tra norma e decisione. La norma presuppone una decisione e del resto non è configurabile una decisione svincolata da un tessuto normativo. Procedendo ad un’analisi della teoria normativista elaborata da Hans Kelsen, che sembra perpetuare un dissolvimento di ogni momento decisionistico e della teoria decisionista di Carl Schmitt, che al contrario lo rende palese, questa irrinunciabile correlazione risulta ancora più evidente. Del resto le prospettive di questi due grandi studiosi sono opposte ma complementari. Come è noto la teoria kelseniana del diritto elabora una strutturazione a gradi dell’ordinamento (Stufenbau). In particolare ogni norma, partendo proprio dalla Grundnorm, che conferisce legittimità all’intero ordinamento giuridico, pone un’altra norma e la autorizza a statuire diritto secondo i procedimenti formali previsti dalla norma di rango superiore. Da questo punto di vista il meccanismo normativo può essere tradotto in una concatenazione di autorizzazioni a decidere ad un livello inferiore. Le norme dunque possono essere lette come autorizzazioni decisionali. Il diritto decide la sua propria produzione, in quanto una norma giuridica regola il procedimento con cui un’altra norma viene prodotta e ne delinea i tratti contenutistici. Si procede dalla Grundnorm alla Grundgesetz, dalle leggi ordinarie ai provvedimenti giurisdizionali e amministrativi, considerati da Kelsen come norme individuali. La decisione sul caso concreto è per Kelsen, continuazione del processo di produzione del diritto dal generale all’individuale. La sentenza, nel connettere un fatto ad una conseguenza giuridica rimane per lo studioso la produzione di diritto vero e proprio. L’attività amministrativa è al pari dell’attività giurisdizionale estrema individualizzazione e concretizzazione di leggi, in particolare di leggi amministrative. In definitiva dall’esame della teoria kelseniana è possibile definire il sistema giuridico come un sistema di decisioni. Del resto non può non sottolinearsi che le norme giuridiche sono decisioni. Ciò risulta evidente dalla lettura degli artt. 72 -138 Cost. La legge è il risultato di una deliberazione articolata in fasi. Non può non tornare in mente l’insegnamento di Aristotele che definisce la decisione krisis (dal verbo krino) il risultato di una deliberazione, procedimento intellettivo, che traduce la semplice volizione, in scelta razionalmente orientata verso uno scopo. La norma non può essere prodotta o applicata senza una decisione e viceversa una decisione non può “sopravvivere” senza il sigillo formale di efficacia conferito prima dalla promulgazione e successivamente dalla pubblicazione. Il legame inscindibile tra norma e decisione può essere ravvisato a maggior ragione dalla lettura della teoria decisionista per eccellenza: la teoria della sovranità di Carl Schmitt. Il punto di vista kelseniano è ribaltato: la decisione è origine di ogni normazione. Schmitt spiega che la decisione del sovrano sullo stato d’eccezione è nata da un nulla; la forza giuridica della decisione non può assolutamente spiegarsi con l’aiuto della norma. In base alla norma infatti non si ha nessun punto di riferimento, ma solo qualità di contenuto. L’unico punto di riferimento che stabilisca i criteri della certezza normativa è la decisione. Tuttavia il concetto di decisione sovrana porta con sé quello di normatività: il sovrano è colui che nello stato d’eccezione ripristina quella “situazione media omogenea” necessaria affinché ogni norma generale possa avere efficacia. Ogni decisione del resto nasce dall’esigenza di vedersi riconosciuta come decisione sovrana atta ad incidere sul corpo sociale. Ampia parte del lavoro è dedicata altresì all’analisi della teoria realista del diritto. Un filo rosso delineato dall’analisi teorica e pratico-applicativa del diritto ci conduce dunque ad affermare che la decisione è inscindibile dalla norma. Nello stesso tempo norma e decisione sono entrambi concetti relazionali del caso. Il sistema giuridico, nel suo complesso, è indubbiamente il risultato di una continua sintesi dell’indeterminato e inatteso e del suo contestuale riconoscimento. Norma è decisione sono modalità che l’ordinamento mette a punto nel tentativo di controllare il caso. Il dato normativo costituisce il parametro attraverso il quale l’ordinamento misura e canalizza il flusso indeterminato e informe dell’accadibile al fine di decidere sull’accaduto; mentre l’accadimento concreto è occasione per mezzo del quale la norma viene applicata, dunque resa conoscibile. Nei sistemi giuridici il caso viene ad assumere una diversa connotazione a seconda del suo posizionamento nell’ambito dei sistemi di Common Law o di Civil Law. Il caso nei sistemi di Common law corrisponde ad un precedente giudiziario, o meglio ad una precedente decisione giudiziaria e nello stesso tempo ad una regola decisoria, paradigma decisionale frutto della scelta di una certa norma come fondamento di una decisione rispetto ad un accadimento. Il rapporto tra decisione e caso centrale nei sistemi di Common law è sostituito nei sistemi continentali dal rapporto norma - fatto. In linea generale la norma è costruita sulla previsione di fatti, che fungono da paradigma per la produzione di determinate conseguenze giuridiche. Come è noto la fattispecie, dal latino medievale facti species, è letteralmente “figura” o “parvenza del fatto”, che la norma fissa nel tempo e nello spazio dell’impianto giuridico. Si potrebbe affermare che la fattispecie corrisponde alla condensazione del caso, il quale imbrigliato nella norma, perde la sua peculiarità ed è ridotto a modello di generalizzazione congruente di una serie indeterminata di fatti a schema tipico. Il legame tra diritto e caso sembra muoversi su un doppio binario: riconoscimento a livello cognitivo e controllo a livello organizzativo. In altre parole è il diritto stesso a decidere quale tecnica di controllo del caso è più appropriata per la tutela di un interesse prevalente in riferimento ad un preciso contesto funzionale o finalistico. Difatti il governo del caso si esplica in una serie di forme, che intercettano diverse situazioni giuridiche. Più precisamente l’ordinamento giuridico realizza tecniche di esclusione del caso, mantenimento del caso, ricorso al caso, calcolo razionale del caso. Il presente lavoro di ricerca ha altresì ad oggetto l’analisi della decisione razionale. Nell’ambito della teoria dell’agire razionale si pone l’agire regolato da norme. Del resto la decisione si muove all’interno di una razionalità procedimentale. Ampio spazio è dedicato all’esame della decisione giudiziaria e all’argomentazione giuridica. Come è noto l’art 111 Cost. sancisce che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati, in ossequio a tale prescrizione l’art. 132 c.p.c prescrive che la sentenza deve contenere “la coincisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto della decisione”. La motivazione funge da strumento di controllo del ragionamento del giudice che, tuttavia, non sempre si fonda su un iter logico formale. Questa alterazione del procedimento logico formale di decisione è stato notato da Perelman che, nell’ambito della Nouvelle Rhétorique, spiega come il giudice prima decida poi motivi. Questa fuoriuscita dell’irrazionalità, viene incanalata attraverso la procedura e resa prevedibile. Del resto è proprio nella razionalità procedimentale che si intercetta la riflessività del diritto. Diritto che sceglie come proprio codice influente quello della decisione. Invero, come si evince dall’art. 12 delle preleggi, il giudice non può esimersi dal decidere: egli è colui che pronuncia l’ultima parola, la parola definitiva sul conflitto.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.subjectdecisioneit_IT
dc.subjectcasoit_IT
dc.subjectdirittoit_IT
dc.titleDiritto, decisione, casoit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::FILOSOFIA DEL DIRITTOit_IT
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze giuridiche::Lawit_IT
dc.subject.anagraferoma3Scienze giuridicheit_IT
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Giurisprudenza*
item.fulltextWith Fulltext-
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item.languageiso639-1other-
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T - Tesi di dottorato
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