Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/5120
Title: Il contratto e le autorità indipendenti
Authors: Viti, Valentina
Advisor: Clarizia, Renato
Keywords: regolazione autoritativa
autonomia privata
inserzione automatica di clausole
nullità virtuale
Issue Date: 18-Apr-2012
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: La tematica dell’incidenza dell’attività delle Autorità amministrative indipendenti sul contratto è emersa negli ultimi decenni in maniera dirompente, ponendo all’attenzione degli studiosi alcune questioni di estrema delicatezza, che in un’ottica interdisciplinare hanno toccato diversi rami del nostro ordinamento giuridico, riflettendosi tanto sulla materia delle fonti del diritto, quanto su quella, più propriamente civilistica, dell’autonomia negoziale dei contraenti e dei suoi limiti. Il contesto da cui l’analisi condotta con il presente lavoro ha preso avvio è rappresentato da quei settori del mercato, sempre più numerosi, nei quali, in virtù della particolare delicatezza e conflittualità degli interessi coinvolti (si pensi, ad esempio, al settore bancario, a quello borsistico o assicurativo e, ancora, all’ambito dei servizi di pubblica utilità), sono stati negli anni riconosciuti alle rispettive Autorità garanti non solo poteri di controllo e sanzionatori nei confronti degli operatori sottoposti alla loro vigilanza, bensì anche poteri di regolazione che, spingendosi in diversi casi fino alla prescrizione di “contenuti tipici determinati” o alla definizione di clausole da inserire obbligatoriamente, hanno prospettato un problema di configurabilità di fenomeni di integrazione-conformazione contrattuale ad opera della fonte autoritativa. Si è ritenuto necessario nella costruzione del percorso argomentativo della trattazione prendere le mosse da una preliminare indagine sulla stessa figura delle autorità indipendenti e sull’attività da esse svolta, al fine di delineare dei primi punti fermi su cui fondare il successivo sviluppo dell’analisi. Si è, dunque, innanzitutto affrontato il problema dell’individuazione, in assenza di una definizione generale della categoria delle amministrazioni indipendenti ad opera del legislatore nazionale, dei criteri che permettano di ascrivere le diverse figure organizzative, di volta in volta istituite, al più ampio genus in esame, giungendo alla conclusione che principale carattere ricostruttivo delle stesse debba ritenersi il tratto dell’indipendenza. Nel delineare un quadro generale dei poteri e delle funzioni attribuite a tali organismi, poi, si è sottolineato come il vero elemento qualificante degli stessi, oltre che maggiormente rilevante ai fini del nostro lavoro, sia rappresentato dalla c.d. funzione regolativa, ovvero dai poteri conferiti alle autorità di “disporre in via generale e astratta”, formulando regole direttamente incidenti su situazioni e rapporti giuridici dei privati, laddove sulla base di un’analisi delle caratteristiche di tale funzione e degli atti di regolazione che ne costituiscono il frutto, si è ritenuto di riconoscere a questi ultimi una vera e propria natura normativa. Tale quadro introduttivo trova, infine, il proprio completamento in un approfondimento sulla qualificazione delle stesse autorità indipendenti e sulla definizione degli interessi dalle medesime tutelati. Si è ritenuto, in merito, di aderire a quella prevalente opinione dottrinale che, pur riconducendo, anche alla luce di interventi della giurisprudenza di legittimità, le amministrazioni indipendenti alla “funzione amministrativa”, nonostante il tratto caratteristico dell’indipendenza dall’esecutivo e l’esercizio di funzioni c.d. “giustiziali”, sottolinea come le stesse non possano essere inquadrate nel tradizionale archetipo del potere amministrativo discrezionale, volto al perseguimento di un “interesse pubblico primario”, risultando, invece, ad esse affidato un interesse “di composizione”, da intendersi come sintesi paritaria ed equilibrata di una pluralità di diritti ed interessi contrapposti. Delineato in tal modo un generale quadro di riferimento in tema di autorità indipendenti, si è proseguita l’indagine focalizzando l’attenzione sui due principali profili problematici che scaturiscono proprio dall’esercizio di poteri normativi da parte di tali organismi. Il primo di essi, attenendo alla questione, non prettamente civilistica, della legittimità costituzionale delle stesse amministrazioni indipendenti, nonché della legittimazione della loro potestà regolativa all’interno del sistema delle fonti, è stato oggetto, da parte nostra, di semplice illustrazione con riguardo alle diverse opinioni emerse in dottrina, senza una precisa presa di posizione in merito alle stesse, la quale – si ritiene - sarebbe stata inopportuna. Partendo, dunque, da quegli orientamenti che in una prospettiva tradizionale, rifacendosi al principio gerarchico quale principio cardine del sistema delle fonti e riconoscendo rango secondario agli atti promananti dalle autorità, hanno giustificato i poteri normativi autoritativi attraverso il richiamo al meccanismo della delegificazione, si è passati all’analisi di quelle diverse opinioni che, ritenendo non appropriato il suddetto richiamo, hanno fondato l’esercizio dei menzionati poteri sul diverso criterio di competenza, la cui applicabilità sarebbe giustificata dalla particolare sfera di autonomia riconosciuta dall’ordinamento agli organismi in esame. La problematica viene, infine, risolta in modo radicale da coloro che, reputando non adeguata la stessa classificazione degli atti delle autorità nell’ambito delle fonti di grado secondario, ne affermano la riconducibilità ad un rango primario, equiparandone la forza a quella della legge, in virtù di diverse ricostruzioni, tendenti in alcuni casi a ritenere determinante (e legittimante) il fondamento diretto che gli atti regolativi avrebbero nella norma comunitaria e, in altri casi, a ricollegare la affermata forza di legge degli stessi alla natura di fonte extra ordinem che da alcuni viene riconosciuta alle fonti autoritative. Illustrato il suddetto primo profilo problematico, si è ritenuto di concentrare l’attenzione su quello che sicuramente rappresenta il nucleo centrale della trattazione, ovvero sulla questione degli importanti riflessi che la regolazione autoritativa spiega sulla disciplina dei contratti in tutte le ipotesi in cui dalla stessa possano ricavarsi clausole da inserire obbligatoriamente nelle negoziazioni private o contenuti minimi determinati, dalla cui inosservanza il medesimo legislatore faccia discendere la nullità del contratto. Si ripropone evidentemente per tale via il tema dei limiti al principio dell’autonomia privata di cui all’art. 1322 c.c., sebbene in una prospettiva diversa rispetto a quella generalmente indagata. A seguito di un preliminare approfondimento sul concetto di autonomia privata, così come ricavabile dalla stessa disciplina positivamente prevista nelle principali norme ad essa dedicate, si è ritenuto di dover verificare la compatibilità dei riferiti poteri conformativi delle autorità con il nostro sistema civilistico, attraverso un’indagine sulla applicabilità ai provvedimenti autoritativi del meccanismo integrativo di cui all’art. 1339 c.c., nonché, per le ipotesi in cui all’inosservanza dei contenuti dagli stessi dettati sia ricollegata una sanzione invalidante, della fattispecie di nullità virtuale di cui all’art. 1418, 1° comma, c.c. Con riguardo ad entrambe le disposizioni, a seguito di una compiuta indagine circa le loro modalità operative, si è giunti a focalizzare il vero nucleo problematico dell’applicabilità delle stesse agli atti delle amministrazioni indipendenti nel carattere secondario di questi ultimi (seguendo quella che, in merito a tale carattere, è ancora l’opinione dominante) e nel riferimento che l’art. 1339 c.c. fa alla “legge” e l’art. 1418, 1° comma, c.c. alle “norme imperative”. La questione della ammissibilità tanto di meccanismi di inserzionesostituzione automatica di clausole di fonte secondaria, quanto di nullità per violazione di norme imperative secondarie è stata oggetto, da tempo risalente, di attenzioni dottrinali e giurisprudenziali, che hanno dato luogo a diverse opinioni. In merito, si è ritenuto di aderire a quegli orientamenti che, anche sulla base di alcune importanti pronunce giurisprudenziali, intendono rispettato il riferimento alla legge, contenuto in diverse disposizioni tanto legislative quanto costituzionali, in ogni caso in cui la norma primaria, attribuendo ad un organo amministrativo il relativo potere di provvedere, predetermini i criteri direttivi necessari a circoscrivere l’attività della pubblica amministrazione, limitandone la discrezionalità. Dall’accoglimento di tale opinione si è conclusivamente ricavata una possibile soluzione al problema posto dai poteri integrativi delle autorità, laddove, rapportando i suddetti “criteri direttivi” ad una prospettiva propriamente funzionalistica, si è ritenuta l’ammissibilità di conformazioni negoziali tramite l’inserimento automatico di clausole autoritativamente determinate, ovvero la configurabilità di invalidità contrattuali per violazione di contenuti minimi autoritativamente imposti, nei limiti in cui siano presenti le seguenti condizioni: vi sia una delega con cui espressamente la fonte legislativa conferisca alla fonte secondaria il potere di disporre in determinate materie; dalla suddetta delega possa ricavarsi il carattere imperativo (presupposto tanto dall’art. 1339 c.c. quanto dall’art. 1418, 1° comma, c.c.) delle disposizioni di rango secondario; vi sia il rispetto da parte della fonte subordinata dei criteri, stabiliti dalla fonte delegante, che ne limitino la discrezionalità e che, in virtù della prospettiva funzionalistica adottata nella trattazione, si ritiene debbano essere individuati nelle finalità che la norma primaria, con lo stesso conferimento di potere, impone di perseguire. La conseguente ammissibilità del riconoscimento di efficacia integrativa ovvero invalidante a favore dei provvedimenti autoritativi risulterà, dunque, con riferimento a tale ultimo requisito, subordinata ad un “sindacato nei fini”, che permetta di controllare il rapporto di congruenza dei suddetti provvedimenti con il determinato assetto di interessi posto dal legislatore a fondamento della delega.
URI: http://hdl.handle.net/2307/5120
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
Appears in Collections:X_Dipartimento di Diritto dell'Economia ed Analisi Economica delle Istituzioni
T - Tesi di dottorato

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