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Title: Indirizzo e controllo fra modelli organizzativi pubblicistici e privatistici : enti pubblici, società per azioni e società di proprietà pubblica
Authors: Caruso, Giovanni Maria
Advisor: Rossi, Giampaolo
Issue Date: 5-May-2009
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: 1 Dottorando: Giovanni Maria Caruso Tutor: Chiar.mo Prof. Giampaolo Rossi INDIRIZZO E CONTROLLO FRA MODELLI ORGANIZZATIVI PUBBLICISTI E PRIVATISTICI. ENTI PUBBLICI, SOCIETÀ PER AZIONI E SOCIETÀ DI PROPRIETÀ PUBBLICA - Abstract - Alla molteplicità delle soluzioni organizzative che si sono affermate per il perseguimento dei fini pubblici non sempre risponde un riscontro in termini di maggior funzionalità di un modello rispetto ad un altro. Il crescente impiego dello strumento societario per finalità pubblicistiche sta conducendo ad un processo di standardizzazione dell'opzione organizzativa che non sempre si concilia con le caratteristiche delle funzioni di volta in volta demandate alla singola struttura. Il più delle volte la soluzione viene prediletta in ragione delle sue potenzialità elusive dei vincoli di matrice pubblicistica e l'abuso tale di scelta ha finito per comportare un'inevitabile reazione che si è concretizzata nell'emersione di orientamenti funzionali o comunque ispirati da una logica sostanzialistica. Le perplessità che si manifestano in ordine all'individuazione delle discipline applicabili sono strettamente correlate alla natura ibrida di tali organismi i quali riescono ad oscillare alternativamente fra le polarità del diritto pubblico e del diritto privato. Concetti, questi, apprezzabili in ragione della loro capacità di evocare elementi che si pongono in un naturale rapporto di conflittualità: il pubblico 2 rimanda all'idea del potere e del carattere unilaterale degli atti; il privato incarna, invece, un sistema fondato sulla consensualità che presuppone, almeno formalmente, una posizione di parità fra le parti. Queste predisposizioni si riflettono sul versante organizzativo e aiutano a spiegare come il fenomeno intraprenda itinerari diversi a seconda del contesto pubblico o privato in cui si colloca. L'organizzazione, modellandosi sull'interesse da curare, risente inevitabilmente della diversa natura che questo assume1 . Il rapporto di funzionalità sussistente fra mezzo organizzativo e interesse da curare nel campo del diritto privato si muove su percorsi per molti versi standardizzati: la patrimonialità dell'interesse da curare e la base consensuale del rapporto riducono la problematica alla logica del conflitto di interessi. Nel campo del diritto pubblico la vicenda è più articolata e risente della complessa dinamica che conduce all'emersione degli interessi e all'assunzione di rilevanza pubblicistica. Anche nelle forme più evolute di organizzazione che sfociano in soggettività giuridica che assume un proprio interesse diverso da quello dei titolari dell'interesse esponenziato, la diversità degli interessi sottostanti sembra ostacolare la riconduzione del problema ad una logica unitaria. Si cercherà quindi di dar conto delle specificità dei modelli pubblicistici e privatistici per verificare se sussistano o meno dei margini di convergenza fra le soluzioni offerte dai due rami dell'ordinamento. L'indagine, tuttavia, non potrà incentrarsi sulla sconfinata gamma di variabili organizzative che si sono affermate nei due campi. Si adotterà pertanto una selezione per molti versi stipulativa ma che cercherà di dar conto dei modelli che presentino il maggior grado di caratterizzazione e che, al contempo, offrano dei maggiori spunti per un possibile raffronto. 1 Sul punto, v. M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, 1966, Milano, p. 113. 3 In quest'ottica, dapprima, verranno esaminati gli enti pubblici che, seppur con molteplici sfaccettature e secondo itinerari non sempre uniformi, sono il fattore preponderante dell'espansione della sfera pubblica e, poi, si esamineranno le società per azioni, ossia quelle strutture organizzative che incarnano un'innata vocazione imprenditoriale. Ci si soffermerà, quindi, sull'analisi delle società per azioni aventi connotati pubblici per verificare se la fisiologica anfibologia derivante dalla commistione degli elementi propri dei due modelli disegni un sistema in grado di veicolare efficacemente il retrostante interesse pubblico, ovvero, un sistema comunque coerente con la natura delle specifiche funzioni assolte. Ognuna delle suddette soluzioni organizzative comporta delle ricadute in termini di dosaggio degli interessi. Il rapporto tra interessi e organizzazione non è asettico o sterile, ma refluisce sulla consistenza dei due elementi che si vengono così ad integrare vicendevolmente. Per effetto di questo processo osmotico, l'interesse risulta condizionato dall'apparato organizzativo e dalle dinamiche relazionali che è in grado di generare. E tali relazioni sistemiche consentono di apprezzare le differenze proprie di ogni modello organizzativo, nonché il grado di condizionamento che si riflette sull'interesse rappresentato. Alcune di queste sono immanenti al modello organizzativo prescelto e si articolano come relazioni di carattere meramente interno. Si tratta di strumenti prevalentemente volti ad assicurare una ripartizione delle funzioni fra i vari organi dell'ente, o comunque dettati dall'esigenza di salvaguardare la funzionalità della stessa organizzazione. Dal canto suo, il tessuto relazionale che si instaura con i titolari dell'interesse mediato dall'apparato organizzativo appare ancora più significativo. In tal caso, infatti, le relazioni sono espressive di una posizione di dominio che si estrinseca principalmente attraverso dei poteri di nomina degli organi apicali dell'ente. A queste relazioni se ne aggiungono altre che si articolano in controlli esterni tendenzialmente imposti in ragione della compresenza di un interesse 4 esterno alla funzionalità del modello, ovvero, di ulteriori interessi qualificati dalla normativa che li disciplina. Si tratta di relazioni che risentono del processo storico di affermazione del modello e le cui caratteristiche essenziali sono apprezzabili soprattutto in ragione del diverso rapporto che si instaura con la norma. Nel caso degli enti pubblici e, segnatamente, degli enti pubblici collettivi, si registra un'interazione fra un fenomeno sociale e il dato normativo che opera prevalentemente in funzione di riconoscimento di un preesistente fenomeno. In tal modo, si instaura un rapporto simbiotico per cui l'organizzazione legittimata dalla norma tenderà a rispecchiare le modalità con cui l'interesse si è già affermato nella realtà sostanziale mediante le sue forme di aggregazione spontanea. Per tutte le tipologie di enti pubblici, sia pure in maniera diversa, il modello organizzativo assicura delle forme di raccordo tra la soggettività dell'ente e le finalità pubbliche cui deve assolvere. Nelle società per azioni, l'interposizione del legislatore assume, invece, dei connotati differenti e per molti versi predominanti. L'intervento normativo è volto alla predisposizione di un specifico modello organizzativo che viene posto nella disponibilità di gruppi sociali indifferenziati con delle caratteristiche già predeterminate. In altri termini, il corpo sociale nasce necessariamente dopo l'opera di legittimazione operata in astratto dalla norma e si dovrà plasmare su una struttura rispetto alla quale non sussistono significativi margini di alterazione. Si tratta di caratteristiche correlate al processo genetico dell'istituto che è il frutto di un'operazione legislativa volta ad assicurare l'autonomia patrimoniale dei soci e l'impossibilità di ogni assimilazione fra la soggettività di quest'ultimi e la personalità della società stessa. Queste differenze spiegano come le formule organizzative assunte dagli enti pubblici siano difficilmente sussumibili nell'ambito di un unico modello strutturale, in quanto ognuno di questi si è sviluppato in funzione di 5 interessi specifici e sulla base della diversa consistenza assunta dai fenomeni sociali che si erano precedentemente affermati. Nel caso della società per azioni, la formale tipizzazione dell'interesse e il suo sostanziale appiattimento sui profili che assumono una consistenza prettamente patrimoniale determina, invece, un'uniformità del modello organizzativo, sia pure con alcune varianti predeterminate dalla norma. La consistenza del rapporto esistente fra norma e fenomeno sociale ha indotto la prevalente dottrina a ritenere che lo strumento societario sia un modello sostanzialmente neutro, idoneo ad essere asservito alla cura dei più svariati interessi. I tratti di uniformità e stabilità che contraddistinguono la formula societaria, in ragione della sua portata universale, hanno finito per relegare in una posizione marginale il riferimento al fine della distribuzione degli utili sancito dall'art. 2247 c.c., ed il modello è stato progressivamente apprezzato proprio per le sue caratteristiche organizzative. All'affermazione dell'inessenzialità dello scopo di lucro al modello societario non sembra, tuttavia, potersi collegare un'assoluta neutralizzazione del modello. Nessun modello organizzativo può considerarsi effettivamente neutro e soprattutto non è neutro il modello societario. La premessa logica della presente analisi è costituita dalla non occasionalità del rapporto fra interessi e organizzazione che, se valida in termini generali, deve necessariamente trovare riscontro anche con rifermento alle società aventi connotati pubblici. Del resto, anche all'interno della stessa società per azioni sono presenti tre modelli di governance che comportano una diversa articolazione delle funzioni degli organi nei limiti dell'autonomia statutaria riconosciuta dalla legge. L'affermazione della neutralità dello schema societario deve essere colta in chiave storica. 6 Nell'intento di trasporre la maggior efficienza delle soluzioni organizzative private nell'ambito della pubblica amministrazione, si era riscontrato un sempre più crescente ricorso allo strumento societario. Il contributo offerto dalla dottrina per superare il disposto dell'art. 2247 c.c. va dunque letto come una forma di legittimazione postuma ad eventi che si erano già da tempo consolidati. Così, l'affermazione della neutralità dello schema societario può essere apprezzata nella constatazione della potenzialità di questo ad essere asservito a finalità pubbliche. Depurata l'analisi dalle sovrastrutture teoriche e ideologiche che necessitavano di offrire una copertura dogmatica all'utilizzazione del modello per finalità diverse da quelle puramente speculative, il dibattito sul tema sembra assumere dei connotati differenti fino a legittimare un ripensamento, quantomeno in chiave dubitativa, sulla proficuità di determinate scelte. Una volta che il processo di affermazione di tale modello organizzativo si è pienamente consolidato anche per il settore pubblico, e non appare più concretamente dubitabile la legittimità di una tale scelta organizzativa, sembrano aprirsi nuove prospettive di indagine. Per quanto si ritenga irrilevante lo scopo di lucro, il modello societario, come ogni modello organizzativo, finisce per influire sul rapporto esistente con i sottostanti interessi. Il processo osmotico che si realizza fra interesse e organizzazione rischia, così, di condizionare il modo di sviluppo, di affermazione ed evoluzione dell'interesse per effetto della diversa articolazione delle trame organizzative e delle specifiche modalità in cui assumono rilievo i relativi interessi. Le diverse relazioni si svilupperanno sulla base di un predefinito iter legislativo, per cui l'organizzazione assumerà il carattere di una invariante, mentre sarà l'altro elemento del rapporto, ossia l'interesse a 7 subire i maggiori condizionamenti e ad adattarsi alle caratteristiche del modello. Se tale situazione, per il privato non comporta delle conseguenze distorsive in ragione del carattere puramente strumentale che assolve l'organizzazione rispetto al fine di lucro perseguito, diverso è il discorso per il pubblico. L'interesse pubblico sarà mediato da quella particolare struttura organizzativa e troverà affermazione secondo gli strumenti societari, attraverso tutti i filtri pensati in ragione delle finalità tipiche della società. Anche a voler ridurre la portata prescrittiva dell'art. 2247 c.c., che, peraltro, non è stato intaccato neanche dai più recenti interventi normativi, è innegabile che il modello societario si sia sviluppato su una base ideologica imprenditoriale e, conseguentemente, si sia conformato alle logiche economiche che animano l'intero apparato organizzativo. L'interesse, rapportandosi a quest'organizzazione finisce quindi per piegarsi alle logiche sottese dal modello, comportando una progressiva erosione degli elementi che non siano riconducibili a valori puramente economici che, poi, sono quelli in funzione dei quali si giustifica l'intervento pubblico. La dottrina economica che si è soffermata sul tema per spiegare la minor efficienza che caratterizza le strutture pubbliche ha già evidenziato quali sono gli elementi che non consentono di trasporre sulla pubblica amministrazione la teoria dell'organizzazione dell'impresa. L'applicazione dei modelli economici tradizionali, invero, viene sostanzialmente preclusa in ragione della presenza dei c.d. attributi invisibili, ossia di elementi che pur non essendo agevolmente riconducibili ad un'ottica puramente patrimoniale, sono espressivi di valori che devono necessariamente riflettersi sulle modalità operative degli apparati pubblici2 . 2 Sul punto, v. COTTON M. LINDSLAY, Una teoria degli enti pubblici, 1976, trad. it. in La teoria economica dell'organizzazione a cura di G. BROSIO, 1989, che riconduce la maggior efficienza dell'organizzazione privata all'assenza degli attributi invisibili. In tale settore il consumatore con il suo apprezzamento è in grado di dare un valore alla qualità 8 Mediante l'adozione del modello societario si realizza, infatti, una più netta cesura con le valutazioni di ordine politico, che sono filtrate dalla conformazione dei poteri di cui gode il socio, il quale non dispone di alcuno strumento per imprimere direttive dalla cui inosservanza possano discendere forme di responsabilità specifiche. Gli amministratori, nella veste di unici responsabili, della gestione risponderanno solo dei danni causati all'integrità del capitale (sia nei confronti dei soci che rispetto ai creditori sociali), ma non in conseguenza dell'inosservanza delle direttive informalmente dettate dal socio pubblico. Ma le distorsioni derivanti dall'adozione del modello societario comportano delle ricadute anche in termini di funzionalità della stessa organizzazione. Tali organismi sono oggetto di un costante e disorganico intervento legislativo e, sulla base di non sempre coerenti indici di pubblicizzazione del fenomeno, vengono sottoposti a forme di controllo e responsabilità aggiuntive rispetto a quelle tipicamente societarie. Tuttavia, i correttivi progressivamente imposti per arginare gli effetti che più immediatamente si riconnettono al modello sono stati oggetto di un approccio differenziato. Quando si è trattato di rafforzare il potere di penetrazione dell'interesse pubblico nell'ambito della struttura societaria e, quindi, le potenzialità di condizionamento da parte dei pubblici poteri dell'agire societario, è prevalso l'interesse a preservare le peculiarità del modello organizzativo. Situazione questa che si è verificata soprattutto in relazione alla disciplina dei poteri speciali, a quella dettata dall'art. 2449 c.c. e, seppur con sfumature diverse, con riferimento all'individuazione dei della produzione, mentre nelle organizzazioni pubbliche, gli operatori tendono a generare delle inefficienze proprio in ragione della presenza di elementi che non possono essere oggetto di un'immediata valutazione. Per le anomalie connesse alla sola valutazione degli attributi visibili al settore pubblico si riporta il classico esempio del servizio di polizia: i poliziotti, il cui prodotto è controllato dal numero di multe che comminano, possono di fatto pattugliare tratti di strada, che offrono possibilità di starsene nascosti, con maggiore intensità di quella richiesta dall'effettiva sicurezza della circolazione. 9 presupposti integrativi del controllo analogo necessario per gli affidamenti in house, ove, in nome del principio di parità fra azionisti si è voluto evitare che la ripartizione delle funzioni fra gli organi societari, nonché il rapporto fra questi e i soci, potessero subire delle distorsioni derivanti dalla presenza di un interesse pubblico. Da contraltare a questo depotenziamento dei pubblici poteri fa eco un rafforzamento delle forme di responsabilità di matrice pubblicistica e dei meccanismi di controllo che non comportano delle potenzialità di condizionamento diretto dell'agire societario. Le forze attrattive delle discipline pubblicistiche, infatti, hanno comportato la permanenza del controllo sulla gestione finanziaria operato dalla Corte dei conti, un'evoluzione in senso espansivo dell'istituto della responsabilità amministrativa, nonché l'introduzione di specifici limiti sulle nomine degli amministratori e sulla determinazione dei loro compensi. L'assetto che ne risulta appare pertanto contraddittorio, in quanto ove maggiori sono le esigenze di un controllo di matrice pubblicistica, si registra un arretramento della sfera pubblica, mentre, ove a queste esigenze potrebbero sopperire gli ordinari strumenti societari, si assiste ad un'insolita commistione con le discipline pubblicistiche. Gli elementi che comportano una caratterizzazione in senso pubblicistico di tali organismi finiscono quindi per incidere proprio sugli aspetti di ordine patrimoniale, generando così delle significative distorsioni che si collegano alla compresenza di elementi ispirati a logiche diverse. In tal senso, è emblematico il caso della responsabilità amministrativa che rispecchia una presunzione di inadeguatezza del socio pubblico all'esercizio delle prerogative connesse all'assunzione di tale veste. Con la riforma del diritto societario si è operato un rafforzamento dei poteri degli amministratori della società che, una volta nominati, restano i soli arbitri della gestione senza che possa residuare alcun margine di ingerenza in capo all'assemblea dei soci. Si tratta di un meccanismo che, ispirandosi alle teorie istituzionalistiche dell'impresa, ha voluto assicurare 10 una piena corrispondenza fra gestione e responsabilità. Infatti, questo processo di emancipazione dell'organo amministrativo dalle ambizioni gestorie dell'assemblea si è consolidato solo con il contrappeso dovuto alla predisposizione di adeguate garanzie in capo alla compagine sociale che si è tradotto nella diminuzione del quorum necessario per l'azione sociale di responsabilità. Il riconoscimento della titolarità dell'azione al p.m. contabile rompe il contrappeso di poteri fra organo assembleare e organo amministrativo e, al contempo, dimostra la scarsa attitudine del socio pubblico all'attivazione degli ordinari strumenti di responsabilità previsti dalla disciplina societaria. Il binomio fra responsabilità e gestione, che il sistema del codice civile ha delineato sul presupposto di una compagine sociale in grado di far valere i propri poteri, si viene sostanzialmente a spezzare per effetto dell'attribuzione della titolarità dell'azione al pubblico ministero. Questi rimane, infatti, l'unico titolare di uno strumento di controllo sull'operato degli amministratori effettivamente persuasivo ma che trova i suoi limiti nella logica propria del danno erariale. In altri termini, in presenza di un socio non sufficientemente predisposto all'esercizio dei diritti attribuitigli dalla legge si vanifica l'articolato meccanismo di poteri che, attraverso pesi e contrappesi, aveva lasciato apprezzare l'efficienza dello strumento societario. Pertanto, il mito dello strumento societario appare per molti versi sovrastimato, tant'è che le reazioni (a volte eccessive) dell'ordinamento ne stanno minando seriamente l'efficienza anche per quelle ipotesi in cui la natura degli interessi perseguiti si concilia più agevolmente con la logica imprenditoriale sottesa all'adozione del modello. In ragione delle conseguenze che si riconnettono alla scelta dello strumento societario, si dovrebbe limitarne l'applicazione ai casi in cui risponda a delle effettive esigenze organizzative, mentre nelle altre ipotesi si dovrebbe prediligere delle soluzioni più sincere che rispecchino una certa corrispondenza con la tipologia di interesse perseguito. 11
URI: http://hdl.handle.net/2307/483
Appears in Collections:X_Dipartimento di Diritto Europeo. Studi Giuridici nella dimensione nazionale, europea, internazionale
T - Tesi di dottorato

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