Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4641
Title: Il silenzio nella fase antecedente la conclusione del contratto : valore e conseguenze giuridiche
Authors: Cavallari, Chiara
Advisor: Vecchi, Paolo Maria
Keywords: silenzio
manifestazione della volontà
reticenza
Issue Date: 6-Jun-2013
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: L’attività di ricerca si propone di esaminare il valore giuridico del silenzio serbato dalle parti nell’ambito dell’esercizio dell’autonomia privata, circoscrivendo l’analisi alla materia contrattuale. L’indagine è circoscritta alla fase precontrattuale, prendendo in considerazione tre momenti in cui il silenzio della parte può manifestarsi: le trattative, il procedimento di formazione del contratto, la conclusione dello stesso. L’attività di ricerca mira ad individuare ed analizzare le varie realtà comprese nel fenomeno giuridico, ripercorrendone l’evoluzione storica. Il tentativo è di inquadrare in modo compiuto il fenomeno del silenzio ove manifestato in fase precontrattuale, combinando nell’analisi aspetti solitamente esaminati dalla dottrina in contesti separati: il silenzio pone, infatti, un conglomerato di problemi, non riducibili ad un’unica questione giuridica né tantomeno suscettibili di un inquadramento unitario. L’indagine si propone di qualificare il silenzio nei singoli momenti della fase diretta alla conclusione del contratto, individuando le conseguenze suscettibili di derivazione nella sfera giuridica dei soggetti coinvolti (l’autore del contegno silenzioso ed il destinatario del silenzio), apprezzando l’interesse di volta in volta ritenuto meritevole di protezione. La tesi è articolata in tre capitoli. Il punto di partenza è rappresentato dall’illustrazione della nozione di silenzio inteso come fatto naturalistico, ossia come fenomeno dell’esperienza: il silenzio indica il comportamento del soggetto che tace, omettendo di parlare; identifica, pertanto, non una generica ipotesi di inattività bensì una forma di inazione avente contenuto specifico, in cui il non facere si sostanzia nell’omissione verbale (o, più in generale, sonora); in tale prospettiva, può definirsi come fatto negativo. La connotazione negativa non si estende, tuttavia, al piano semantico: il silenzio può assumere una pluralità di significati, riconducibili essenzialmente a quattro ipotesi. In particolare, l’inazione verbale può rappresentare: a) una mancata risposta; b) un’omessa reazione a fronte di un’ingerenza altrui; c) un’omessa comunicazione; d) un disinteresse. L’esame del profilo semantico segna il punto di partenza dell’analisi giuridica: i molteplici significati del silenzio nell’esperienza comune possono infatti essere valutati in seno all’ordinamento giuridico, per verificare se il silenzio sia idoneo a produrre conseguenze giuridiche. La valutazione del silenzio pone quindi in primo luogo un problema di qualificazione. Il fenomeno del silenzio si mostra suscettibile di apprezzamento sotto svariati profili in seno al diritto civile. Nella sua accezione di mancata risposta, il silenzio può essere valutato nell’ambito delle manifestazioni di volontà negoziale. Nel suo significato di mancata reazione all’ingerenza altrui, il silenzio serbato dal soggetto che subisce l’ingerenza nella propria sfera giuridica può esprimere un contegno di tolleranza o, viceversa, di acquiescenza, da intendersi come mancata reazione a fronte della violazione di un proprio diritto. Nella sua accezione di omessa comunicazione, il silenzio può invece assumere rilevanza nell’ambito delle trattative (oltre che nell’esecuzione del rapporto negoziale nell’ambito dei contratti di durata): può assumere forma di reticenza, intesa come volontà di tacere circostanze ignorate dalla controparte, che quest’ultima avrebbe interesse a conoscere, integrando la violazione di un obbligo informativo, suscettibile di determinare la responsabilità dell’autore del silenzio, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c. Il contegno reticente può altresì assumere rilevanza come fattore idoneo ad inficiare la volontà della controparte di addivenire alla stipula del contratto: occorre verificare, in particolare, se il silenzio possa integrare il dolo in forma omissiva, ove si ritenga in astratto configurabile, e per l’effetto determinare l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1439 c.c. Nella sua accezione di disinteresse il silenzio può assumere rilievo non soltanto nei rapporti tra le parti di una relazione (precontrattuale, contrattuale o più in generale obbligatoria): può venire in considerazione anche nei confronti dei consociati (erga omes), quale fattore concorrente alla perdita di un diritto o di una facoltà spettante al soggetto. Il contegno silenzioso può infatti manifestare una forma specifica di inerzia del titolare del diritto o della facoltà, ove si manifesti in concorso con l’elemento temporale: il silenzio protratto per un periodo di tempo predeterminato può comportare la maturazione della prescrizione o della decadenza ai sensi degli artt. 2934 ss. c.c. Il primo capitolo è quindi dedicato all’inquadramento del silenzio come fenomeno giuridico (muovendo dall’esame del fatto come dato della realtà materiale e, successivamente, dall’analisi del suo valore sotto il profilo semantico); prosegue con la ricostruzione del dibattito interpretativo sulla valenza giuridica del fenomeno, ripercorso nella sua genesi ed evoluzione storica; termina con la delimitazione dell’ambito di indagine, oggetto dell’attività di ricerca. Il secondo capitolo è dedicato al silenzio manifestato nella fase di formazione del contratto, quale fatto idoneo a determinare il perfezionamento dell’accordo ed integrare la conclusione del contratto: il contegno silenzioso è serbato in un momento successivo alla formulazione della proposta negoziale; è riconducibile alla persona dell’oblato o, in caso di accettazione non conforme alla proposta, al proponente originario; viene quindi a configurarsi come “mancata risposta” a fronte di un’iniziativa altrui. L’efficacia giuridica del silenzio viene a sostanziarsi nella realizzazione degli effetti fissati nel programma negoziale (formulato dal proponente): il contegno inerte può determinare l’assunzione di diritti ed obblighi, con effetti vincolanti anche nei confronti del suo autore, ove sia accertata l’attitudine del silenzio a determinare il perfezionamento della fattispecie contrattuale. L’analisi mira ad individuare le ipotesi di silenzio suscettibili di integrare manifestazione della volontà di accettare la proposta negoziale: il silenzio con valore legalmente determinato (tra cui l’ipotesi prevista dall’art. 1333 c.c.); il silenzio con significato certo attribuito dalle parti in virtù di apposita convenzione; il silenzio cd. circostanziato, quale figura elaborata in via giurisprudenziale, in cui il contegno inerte perde l’ambiguità normalmente ad esso connaturata, alla luce del complesso di circostanze che accompagnano il silenzio (ricorrenza di una consuetudine o di una pratica invalsa tra le parti, esistenza di situazioni fattuali di carattere oggettivo o soggettivo, sussistenza del dovere o onere di parlare). L’analisi termina con la qualificazione giuridica delle ipotesi di silenzio con significato certo, concentrando l’attenzione sulla figura del silenzio circostanziato, distinguendola altresì dall’ipotesi della cd. esecuzione senza una preventiva risposta dell’accettante ex art. 1327 c.c. Il terzo capitolo è dedicato all’esame del silenzio come omessa comunicazione di circostanze che la controparte avrebbe interesse a conoscere, manifestato nella fase delle trattative ovvero nel corso del procedimento di formazione del negozio: la problematica giuridica, in questo caso, consiste nella definizione dei rimedi invocabili dalla parte lesa per effetto del silenzio altrui. L’efficacia giuridica del silenzio è quindi connessa al profilo della tutela invocabile dal destinatario del contegno silenzioso. L’analisi muove dalla definizione delle ipotesi prospettabili, a seconda della connotazione soggettiva del contegno inerte. Il silenzio può indicare l’intenzione di tacere circostanze ignorate dalla controparte, che questa avrebbe interesse a conoscere: l’omissione verbale viene, quindi, ad integrare un’ipotesi di reticenza, connotata da un atteggiamento volontario del soggetto che omette di parlare. Il contegno inerte si sostanzia in un silenzio intenzionale: la volontà di tacere presuppone la conoscenza della circostanza oggetto della mancata comunicazione. La reticenza può, a sua volta, inserirsi in una fattispecie complessa, venendo ad integrare un vizio del consenso manifestato dalla controparte, che versa in uno stato di ignoranza per effetto della mancata comunicazione delle circostanze inerenti al contratto: il silenzio intenzionale, ove connotato da un’attitudine ingannatoria, può determinare nella controparte una falsa rappresentazione della realtà, venendo ad incidere sul processo di formazione della decisione negoziale. Il silenzio intenzionale può quindi concorrere al radicamento di una fattispecie di dolo, configurata in forma omissiva. Il silenzio può altresì indicare l’omessa comunicazione di circostanze per difetto di conoscenza da parte del soggetto silente: questa ipotesi fuoriesce dall’ambito della reticenza, difettando la connotazione intenzionale della condotta di omissione verbale. Il silenzio assume carattere colposo ove la mancata conoscenza da parte del silente sia imputabile a sua negligenza: l’omessa comunicazione riguarda situazioni che la parte avrebbe dovuto conoscere, ed invece ha colpevolmente ignorato. Il contegno inerte assume, invece, la fisionomia di silenzio semplice, qualora la mancata comunicazione derivi dal difetto di conoscenza non imputabile al soggetto silente. Alle distinte forme di silenzio prospettabili nella fase precontrattuale corrisponde una diversa rilevanza del comportamento omissivo sul piano giuridico, che investe la natura del rimedio invocabile dalla controparte, pregiudicata per effetto dell’inerzia altrui. Il silenzio può determinare la responsabilità del suo autore, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c., e legittimare la controparte ad esperire il rimedio dell’annullamento del contratto per dolo omissivo, ai sensi dell’art. 1439 c.c.; qualora la circostanza taciuta consista nell’esistenza di vizi del bene, consente all’acquirente di invocare la garanzia prevista agli artt. 1494 ss. c.c. Nel sistema di protezione del contraente debole si assiste altresì ad un tentativo (rigettato dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Cassazione) di ricostruire la rilevanza giuridica della reticenza in chiave autonoma, valorizzando la portata degli obblighi informativi previsti dalla legge a carico del contraente forte: si prospetta la sua configurazione come causa di nullità virtuale del contratto, in particolare, nella materia dei servizi finanziari; la giurisprudenza, tuttavia, conferma la soluzione volta a circoscrivere al piano della responsabilità le ricadute del contegno reticente (salva l’ipotesi in cui risulti integrata la fattispecie del dolo, con conseguente annullabilità del contratto).
URI: http://hdl.handle.net/2307/4641
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
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T - Tesi di dottorato

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