Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4639
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dc.contributor.advisorCorso, Guido-
dc.contributor.authorTrimarchi, Michele-
dc.date.accessioned2015-06-01T12:09:14Z-
dc.date.available2015-06-01T12:09:14Z-
dc.date.issued2013-06-10-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/4639-
dc.description.abstractLa tesi affronta alcune delle questioni fondamentali in tema di validità del provvedimento amministrativo. Il primo capitolo è dedicato all’introduzione della categoria della validità sul piano della teoria generale. Posta la distinzione tra norme primarie e secondarie, si affronta la questione della giustificazione della trasmissione normativa della validità per poi accennare all’ulteriore distinzione tra validità formale e validità sostanziale. In seguito, si delinea l’ambito di operatività della categoria alla luce della classificazione dei fatti giuridici secondo lo schema eventicomportamenti. Il secondo capitolo si apre con l’esame della questione pregiudiziale (posta dalla dottrina recente) circa l’ammissibilità e l’opportunità di una teoria della validità del provvedimento amministrativo; questione che viene risolta positivamente alla luce di considerazioni teoriche e pratiche. Il lavoro prosegue con l’analisi delle norme che disciplinano l’attività amministrativa autoritativa (il c.d. paradigma normativo della validità). Viene in primo luogo posta la distinzione tra vizi sostanziali e vizi formali, criticando la tesi secondo cui il provvedimento irregolare andrebbe considerato valido. Irregolare è considerato l’atto invalido nei cui confronti l’ordinamento non appresta alcun rimedio privativo dell’efficacia. Successivamente, si fa oggetto di critica la diffusa tesi – gravida di conseguenze, sia sul piano dell’assetto della giurisdizione amministrativa, sia sul piano della qualificazione dei poteri di riesame dell’amministrazione – secondo cui il paradigma di validità del provvedimento sarebbe composto tanto da norme di legittimità (giuridiche) quanto da norme di opportunità (non giuridiche), sostenendo che la validità costituisce sempre la relazione tra due entità giuridicamente qualificate. Si esamina poi la distinzione tra principi e regole sul piano della teoria generale, per verificare in seguito il modo di operare degli uni e delle altre all’interno del paradigma di validità del provvedimento amministrativo. Con riferimento al vincolo di validità discendente dai principi si sostiene in particolare che esso opera tramite la mediazione della clausola generale della ragionevolezza, che consente la composizione sul piano concreto delle diverse eccedenze assio-deontologiche in campo. Il capitolo prosegue con l’approfondimento del tema dell’autovincolo amministrativo. Dal punto di vista della teoria della validità, il fenomeno in questione pone il problema dell’ esistenza di condizioni di validità del provvedimento poste da atti precettivi che non occupano una posizione ad esso sovraordinata nel sistema delle fonti. Si cerca di dimostrare nel testo che questa non è condizione necessaria affinché la regola sulla produzione condizioni la validità della prescrizione regolata. Il capitolo si conclude con la critica della tesi secondo cui il provvedimento vincolato non costituisce esercizio del potere amministrativo. Si sostiene in particolare che la differenza con il provvedimento discrezionale è da apprezzare integralmente sul piano della validità, e non dell’efficacia, vincolato essendo il potere il cui esercizio può dar luogo ad una sola soluzione valida. Il terzo capitolo ripercorre il dibattito dottrinale relativo ai nessi che intercorrono tra la validità del provvedimento, da una parte, e l’interesse pubblico e le situazioni giuridiche soggettive, dall’altra. Viene in particolare affrontata la questione se l’invalidità del provvedimento sia da apprezzare essenzialmente, come ritiene la dottrina tradizionale, in termini di dis-funzionalità, ovvero in termini di lesione delle situazioni giuridiche del cittadino. Dopo aver affermato l’impossibilità di espungere integralmente la dimensione della funzione (e quindi dell’interesse pubblico) dalla teoria del provvedimento amministrativo, si esamina la consistenza delle situazioni giuridiche soggettive che derivano dalla disciplina normativa del potere, tracciando sotto quest’angolo visuale la distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo. Nel quarto capitolo è avviata la trattazione dei rapporti tra l’invalidità e l’efficacia del provvedimento. Oggetto di esame critico sono in particolare le giustificazioni teoriche offerte nel tempo dalla dottrina con riferimento alla capacità del provvedimento di produrre effetti malgrado l’imperatività. Si rileva infine come questo fenomeno trovi una agevole spiegazione in precise scelte di diritto positivo, ossia nella conformazione del sistema italiano di giustizia amministrativa. Il capitolo prosegue con l’esame dell’ambito di operatività del rimedio dell’annullabilità alla luce della tripartizione dei vizi di legittimità. Si sostiene in particolare l’impossibilità di tracciare una distinzione rigorosa tra di essi, rilevando come, in ultima analisi, ciò che differenzia la violazione di legge (e l’incompetenza) dall’eccesso di potere è la struttura del sindacato operato dal giudice per l’accertamento dell’invalidità. Si affronta poi la tematica dell’ “annullamento non pronunciabile” ex art 21 octies l. 241/1990, analizzando i principali profili applicativi della norma e sostenendone la natura sostanziale. Il quinto capitolo è dedicato alla controversa figura del provvedimento inefficace in quanto invalido. Si osserva come, malgrado la recente previsione della nullità (art. 21 septies l. 241/1990, introdotto dalla l. 15/2005), sia tuttora attuale l’ impostazione tradizionale della giurisprudenza e della dottrina amministrativistica, secondo cui la patologia del provvedimento si risolve nell’alternativa tra invalidità-annullabilità ed inesistenza-inefficacia. La nullità è in seguito concepita come rimedio all’invalidità del provvedimento; rimedio finalizzato, in alcune delle ipotesi previste dall’art. 21 septies l. 241/1990, a dissipare l’incertezza (anche solo potenziale) circa l’idoneità dello stesso a produrre effetti ed, in altre ipotesi, a rimuovere gli effetti prodotti dal provvedimento invalido (annullabilità “rinforzata”). La pluralità di funzioni del rimedio è infine tenuta in considerazione allo scopo di tentare una composizione della frammentata e disorganica disciplina in materia di nullità.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.subjectvaliditàit_IT
dc.subjectinefficaciait_IT
dc.subjectleggittimitàit_IT
dc.titleContributo alla teoria della validità del provvedimento amministrativoit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::DIRITTO AMMINISTRATIVOit_IT
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze giuridiche::Lawit_IT
dc.subject.anagraferoma3Scienze giuridicheit_IT
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Giurisprudenza*
item.fulltextWith Fulltext-
item.grantfulltextrestricted-
item.languageiso639-1other-
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T - Tesi di dottorato
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