Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/463
Title: La comprensione sociale del bambino sordo nella scuola dell'infanzia : relazione educativa con l'insegnante e abilità di mentalizzazione
Authors: Malfatti, Monica
Advisor: Spadolini, Bianca
Issue Date: 12-May-2009
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: L'interesse per le ricerche linguistiche, socio-antropologiche e psicologiche condotte all'interno dei deaf studies, lo studio della lingua dei segni italiana, l'esperienza come assistente alla comunicazione in una scuola elementare e come tutor in un laboratorio per il potenziamento delle abilità di studio e di comprensione del testo scritto rivolto agli studenti universitari sordi, gli incontri umani e professionali con bambini, ragazzi e adulti sordi, con genitori, insegnanti e logopediste, con ricercatori sordi e udenti, mi hanno guidato ad intraprendere la mia ricerca di dottorato in un settore come quello degli studi sulla Teoria della Mente (TOM) di particolare interesse e ancora inesplorato dalla ricerca pedagogica ed educativa. In particolare gli studi sull'acquisizione della cognizione sociale nei bambini udenti e sordi hanno immediatamente suscitato il mio interesse. Mediante l'analisi dei principali contributi teorici sull'acquisizione delle abilità mentalistiche nel bambino con sviluppo tipico e sui processi responsabili di tale acquisizione(cfr. parte I del lavoro di tesi), è emerso che la capacità di attribuire stati mentali (in termini di emozioni, sentimenti, desideri, intenzioni, credenze, pensieri) a sé e agli altri e di comprendere che il comportamento deriva proprio da stati mentali, cioè che le azioni proprie e altrui sono indissolubilmente legate ai nostri stati mentali, consente di spiegare, predire e agire sul comportamento proprio e altrui. La comprensione della comunicazione, verbale e non verbale, va al di là di ciò che viene detto letteralmente, è altresì necessario formulare delle ipotesi sull'intenzionalità dell'interlocutore, e, quindi, sul suo stato mentale. Inoltre, ogni individuo può apprendere solo attraverso l'altro, assumendone le prospettive, cioè attraverso la comprensione della mente altrui. Sono le specifiche concezioni della mente che ciascuno elabora nel corso dello sviluppo a consentire di prendere parte a quel dialogo tra menti che è il processo di insegnamento-apprendimento. In corrispondenza dello sviluppo delle abilità di mentalizzazione (intenzione, credenza di primo ordine, credenza di secondo ordine) e delle specifiche concezioni della mente dell'altro (l'altro come agente intenzionale, agente mentale, agente riflessivo) emergono diverse modalità di apprendimento (imitativo, tramite istruzione e collaborativo). In particolare, alla base della comprensione di un testo scritto, vi è la capacità di distinguere tra contenuto proposizionale (il significato dell'affermazione) e forza illocutoria (l'intenzione dell'autore dell'affermazione), cioè la capacità di formulare delle ipotesi sull'intenzionalità dell'autore. Lo sviluppo delle abilità mentalistiche ha, dunque, notevoli implicazioni per l'integrazione scolastica e sociale di ogni bambino. Nonostante i bambini siano capaci di comprendere la falsa credenza altrui, siano cioè in grado di concepire la mente come sistema rappresentazionale, all'età di quattro anni, già durante i primi due anni di vita, acquisiscono delle competenze che si prefigurano come precursori della capacità mentalistica (i precursori della Teoria della Mente), a partire da due anni possiedono una comprensione della mente basata sui desideri (psicologia del desiderio), a partire dai tre anni comprendono che le persone intraprendono determinate azioni perché credono di realizzare i propri desideri (psicologia del desiderio), dai due ai quattro anni, si riferiscono a desideri e a credenze (vere credenze) nelle conversazioni quotidiane in famiglia. E' emerso, inoltre, dall'analisi dei principali contributi teorici l'esistenza di un nesso tra qualità della interazione discorsiva e/o qualità della relazione affettiva madre-bambino e sviluppo delle abilità mentalistiche nel piccolo. La frequenza con la quale le madri coinvolgono i propri figli fin dai primi anni di vita in pratiche discorsive quotidiane nelle quali fanno riferimento a stati mentali, sia utilizzando un lessico mentale o psicologico sia esplicitando attraverso il linguaggio il collegamento tra stato mentale e evento o comportamento, è positivamente correlata con lo sviluppo delle abilità mentalistiche del bambino (in particolare con la prestazione nei compiti di falsa credenza) (ipotesi socio-conversazionale). La mind-midedness o orientamento alla mente, cioè la propensione a considerare il proprio figlio come agente mentale e la sensibilità a sintonizzarsi, a identificare gli stati mentali del piccolo e a rispondervi in modo sollecito ed adeguato, determinerebbe e la sicurezza di attaccamento del bambino e lo sviluppo della comprensione della mente. Dallo studio della letteratura sullo sviluppo mentalistico nel bambino sordo (cfr. parte II del lavoro di tesi) è emerso che i bambini sordi late signer (figli di genitori udenti non condividono con i loro caregiver primari una modalità di comunicazione; apprendono la lingua dei segni in età scolare attraverso un insegnamento formale) e i bambini oral deaf (figli di genitori udenti caratterizzati da un percorso educativo e riabilitativo improntato esclusivamente all'apprendimento della lingua verbale), rispetto ai bambini sordi native signer e ai bambini udenti con sviluppo tipico, acquisiscono l'abilità di attribuzione di falsa credenza in ritardo. I late signer e gli oral deaf, infatti, falliscono nelle prove di falsa credenza di primo ordine fino all'età di tredici anni ("effetto età"). Si può parlare di ritardo e non di deficit nelle abilità di mentalizzazione poiché i bambini sordi late signer, come i native signer e gli udenti, raggiungono le tappe dello sviluppo mentalistico, anche se in ritardo, seguendo lo stesso percorso degli altri bambini. Tale ritardo, secondo l'ipotesi socio-conversazionale, sarebbe attribuibile alla "carenza conversazionale". I genitori udenti di bambini sordi incontrerebbero difficoltà nel condividere quotidianamente con i figli riferimenti agli stati mentali, per la mancanza di un comune canale comunicativo. Anche quando i genitori apprendono la lingua dei segni, infatti, non riescono a raggiungere la stessa competenza di un segnante nativo e, inoltre, hanno difficoltà ad utilizzare strategie comunicative di tipo visivo per richiamare e condividere l'attenzione del bambino su un oggetto, su un evento, ecc.. e comunicare in maniera efficace e adeguata al livello cognitivo e all'età del piccolo. Tali difficoltà portano i genitori a riferirsi nella comunicazione ad elementi concreti e visibili a scapito di quelli di natura rappresentazionale come desideri e credenze. I bambini sordi nati da genitori udenti, late signer e oral deaf (sono il 95% della popolazione sorda), risultano invischiati in un circolo vizioso: sono preclusi dagli scambi conversazionali, ritenuti fondamentali per acquisire le abilità di mentalizzazione e allo stesso tempo proprio la carenza nelle abilità mentalistiche rende critico l'accesso a forme di interazione sociale più ricche; inoltre, dal momento dell'ingresso a scuola, gli apprendimenti disciplinari, la partecipazione alla vita sociale, relazionale e affettiva della classe richiedono il possesso di abilità mentalistiche sviluppate. In considerazione di quanto emerso dallo studio della letteratura, si rende necessario indagare sul rapporto tra aspetti del funzionamento della diade alunno sordo-insegnante- qualità della relazione affettiva e della interazione discorsiva- e sviluppo della cognizione sociale nel bambino sordo, nel tentativo di individuare quali risorse l'insegnante sia in grado di mettere in campo nella relazione educativa per facilitare nell'alunno lo sviluppo di abilità di mentalizzazione sempre più sofisticate (cfr. parte III del lavoro di tesi). Il nesso tra aspetti del funzionamento della diade bambino sordo-insegnante- qualità della relazione affettiva e della interazione discorsiva- e sviluppo delle abilità mentalistiche del bambino sordo non è stato indagato dagli studiosi della Teoria della Mente. Inoltre gli studi sui percorsi evolutivi della cognizione sociale nel bambino sordo non hanno finora messo a fuoco quali risorse possono essere attivate nel contesto educativo, in particolare nel contesto scolastico, per facilitare apprendimenti finalizzati alla acquisizione di abilità di mentalizzazione più sofisticate. Questa la finalità dello studio sperimentale condotto nella scuola dell'infanzia integrata con sperimentazione di bilinguismo all'interno dell'Istituto Statale per Sordi di Roma. Tale scuola è stata scelta per le sue caratteristiche come "laboratorio", come una sorta di "luogo privilegiato" in cui condurre una prima indagine esplorativa. Ci si è proposti di indagare le competenze mentalistiche degli alunni sordi e udenti, in particolare, la comprensione di desideri, intenzioni, falsa credenza di primo ordine e l'uso del lessico mentalistico e metacognitivo. Dall'analisi dei risultati dei bambini nelle prove mentalistiche (desideri discrepanti, azioni incompiute/intenzioni, gioco della moneta nascosta; compiti di falsa credenza di primo ordine, riordino e narrazione delle storie in sequenza) è emerso che i bambini sordi e udenti della stessa età cronologica hanno raggiunto analoghi livelli di sviluppo mentalistico. Ci siamo proposti, inoltre, di indagare: - le seguenti competenze dell'insegnante: la capacità di utilizzare strategie di comunicazione visiva, codice linguistico e/o altre modalità comunicative usate dal bambino; di utilizzare strategie tutoriali o di insegnamento efficaci e di promuovere l'utilizzo del discorso mentalistico e metacognitivo nelle interazioni discorsive con gli alunni; - le rappresentazioni dell'insegnante del bambino, di se stessa e della relazione; - il nesso tra le competenze dell'insegnante e le rappresentazioni del bambino, di se stessa e della relazione e le competenze mentalistiche acquisite dell'alunno o in fase di acquisizione. Dall'analisi delle risposte alle domande dell'intervista mentalistica e dell'intervista sulla relazione per l'insegnante (TRI) e del comportamento della docente nella relazione con l'alunno è emerso che i bambini, sordi ed udenti, che hanno sviluppato o stanno sviluppando delle competenze mentalistiche adeguate alla loro età (comprensione delle emozioni, dei desideri, delle intenzioni, della falsa credenza di primo ordine e uso del linguaggio mentalistico) hanno delle insegnanti propense a considerarli come esseri intenzionali e mentali, a identificare i loro stati mentali e a rispondervi in maniera adeguata, offrendo loro un sostegno e un supporto affettivo stabile, competenti nell'utilizzare strategie tutoriali efficaci, riconducibili alla sensibilità al feedback del bambino e alla capacità di posizionare il proprio intervento tutoriale all'interno della zona di sviluppo prossimale, e nel promuovere il discorso mentalistico e metacognitivo nell'interazione discorsiva con l'alunno durante lo svolgimento di un compito. Le capacità di utilizzare strategie di insegnamento efficaci, di promuovere il discorso mentalistico e metacognitivo nell'interazione discorsiva con l'alunno- competenze strettamente collegate alla propensione a considerare il bimbo un essere dotato di stati mentali- non solo possono aver facilitato, contribuendo alla strutturazione di un contesto di apprendimento adeguato alle capacità e alle potenzialità dell'allievo, lo sviluppo delle abilità mentalistiche di cui il bambino è già in possesso ma costituiscono, inoltre, una risorsa che l'insegnante è in grado di mettere in atto nella relazione educativa per sostenere e implementare nell'alunno lo sviluppo di abilità di mentalizzazione più sofisticate. Dall'analisi del comportamento dell'insegnante nella relazione con l'alunno non sono emerse differenze significative legate alla presenza del deficit. Nel discutere i risultati del presente lavoro è necessario tenere in considerazione le caratteristiche del contesto scolastico nel quale è stata condotta l'indagine. Una considerazione importante a tal proposito. Abbiamo osservato che la capacità dell'insegnante di utilizzare nella interazione discorsiva con l'alunno sordo strategie comunicative di tipo visivo, una lingua dei segni, la lingua dei segni italiana, e di impiegare altre modalità comunicative, italiano segnato, dattilologia, ecc..., usate dal bambino, pur consentendo alla docente, che non condivide con il piccolo deficit e canale comunicativo, di comunicare in maniera efficace, non è sufficiente a facilitare lo sviluppo mentalistico del bimbo. Quanto emerso dal presente lavoro merita un approfondimento in ulteriori indagini.
URI: http://hdl.handle.net/2307/463
Appears in Collections:X_Dipartimento di Scienze dell'educazione
T - Tesi di dottorato

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