Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4301
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dc.contributor.authorTinacci, Elena-
dc.contributor.otherTedeschi, Letizia-
dc.contributor.otherZanchettin, Vitale-
dc.date.accessioned2015-04-22T08:54:54Z-
dc.date.available2015-04-22T08:54:54Z-
dc.date.issued2013-06-07-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/4301-
dc.description.abstractLa ricerca mira a definire le relazioni intercorse nell’arco di quasi trent’anni tra Carlo Scarpa e il mondo Olivetti, relazioni che hanno trovato diverse forme di espressione e diversi “intermediari” che hanno contribuito al loro manifestarsi. Nel mettere in ordine la sequenza storica dei fatti sembra profilarsi un vero e proprio progetto culturale portato avanti nell’ambito olivettiano, verosimilmente a partire dall’iniziativa di Bruno Zevi, ma avvalsosi del contributo di diverse autorevoli figure della storia e della critica di arte e di architettura. Carlo Scarpa e Adriano Olivetti si incontrano per la prima volta in occasione del IV Convegno dell’Istituto Nazionale Urbanistica nel 1952 a Venezia. L’architetto allestisce a Ca’ Giustinian la mostra dei progetti presentati al convegno stesso. Da questo momento prende avvio un rapporto ininterrotto la cui tappa successiva e fondamentale è il conferimento del Premio nazionale Olivetti per l’architettura a Carlo Scarpa nel 1956. Il premio, oltre ad essere un viatico per la realizzazione di un’opera “olivettiana”, rappresenta la prima testimonianza concreta della convergenza intorno alla figura di Carlo Scarpa di alcuni personaggi quali, oltre allo stesso Adriano Olivetti, Bruno Zevi e Carlo Ludovico Ragghianti, che componevano, insieme con Argan, Musatti, Pane, Rogers, Pampaloni e Paci, la commissione giudicatrice. Il premio, che suscita l’indignata reazione del mondo professionale veneziano che accusava Scarpa di esercizio abusivo della professione di architetto, viene conferito quale “riconoscimento ad un autentico artista le cui doti creative non hanno finora ottenuto un’adeguata fortuna professionale” e “richiamo sulla figura di questo artista, rivolto all’opinione competente, e un’espressione di fiducia e di augurio per la sua futura, più ampia affermazione”. La convergenza sulla figura di Carlo Scarpa si traduce in un’attività di sostegno e diffusione della sua opera esercitata nel mondo Olivetti principalmente sulle pagine delle riviste pubblicate dall’ingegnere di Ivrea, sia quelle come “Metron” e poi “Zodiac”, espressamente dedicate all’architettura, sia altre come “Comunità” e “SeleArte” che nella politica olivettiana miravano a sollecitare stimoli e dibattiti in diversi campi del sapere e della cultura. Di assoluto rilievo è il fatto che tali riviste, insieme con “L’Architettura. Cronache e storia”, fondata da Bruno Zevi nel 1954 sulle ceneri di “Metron”, siano le prime, cronologicamente, a dedicare attenzione alla figura di Carlo Scarpa e dunque a pubblicare le sue opere. I primi due articoli pubblicati su “Metron” nel 1950 e nel 1952 vengono presi quale spunto per approfondire alcune tematiche dell’architettura di Scarpa, quali i riferimenti neoplastici e wrightiani, per riflettere sulle sue posizioni nel panorama architettonico coevo. Sempre in riferimento a temi di carattere generale si sono voluti considerare i contributi comparsi tra 1952 e il 1962 su “Comunità” e “SeleArte”, temi che animano il dibattito culturale dell’Italia postbellica, dalle questioni di museologia e di restauro, ai commenti alle esposizioni legate alla Biennale di Venezia e alla Triennale di Milano, e infine alla vicenda tutta veneziana del Masieri Memorial che Frank Loyd Wright avrebbe dovuto realizzare sul Canal Grande. Infine i saggi pubblicati su “Zodiac” tra il 1959 e il 1964 e firmati da Bettini, Ragghianti, Santini e Mazzariol rappresentano la consacrazione nella pubblicistica, olivettiana e non, dell’opera scarpiana. Allargando il campo di indagine anche alle altre testate di riferimento dell’architettura italiana, prime tra tutte “Domus” e “Casabella”, se verificano i diversi atteggiamenti e si tenta di tracciare un bilancio della fortuna critica di Scarpa anche cercando di cogliere gli effetti che le prime letture proposte dagli autori sopra citati nelle riviste olivettiane hanno evocato in tempi successivi, in qualche modo condizionando la percezione stessa del fare scarpiano. Parallelamente, dalla metà degli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta tra Scarpa e la Olivetti si sviluppa anche un rapporto professionale che si esprime concretamente in tre specifiche committenze. Queste danno vita a progetti molto diversi tra loro, che proprio nella loro eterogeneità - una colonia montana per i figli dei dipendenti, uno showroom per i prodotti Olivetti e l’allestimento di una mostra – riflettono sinteticamente gli ambiti di interesse e intervento dell’iniziativa architettonica olivettiana. Il primo coinvolgimento professionale che lega Scarpa all’azienda di Ivrea è, nel 1956, il progetto di concorso per la Colonia Olivetti a Brusson, in Valle d’Aosta, che però non viene decretato vincitore; quindi la prima opera realizzata su incarico diretto di Adriano Olivetti è, immediatamente dopo l’assegnazione del Premio Olivetti, la sistemazione dello showroom di piazza San Marco a Venezia (1957-1958). Nel 1969 l’architetto veneziano è incaricato dalla British Olivetti di progettare l’allestimento della mostra itinerante Frescoes from Florence nella tappa all’Hayward Gallery di Londra. Infine occorre accennare ad un ulteriore progetto espositivo proposto a Scarpa dall’Olivetti, non portato a termine per l’improvvisa morte dell’architetto: l’ultimo episodio che lega l’architetto all’impresa di Ivrea nel 1978 è l’allestimento della mostra itinerante The Horses of San Marco. In ciascuna di queste esperienze sembra di poter leggere una manifestazione del fatto che non solo vi sono ambiti comuni nell’attività di Scarpa e nelle iniziative olivettiane, ma che in fondo tutto è ascrivibile ad una medesima stagione culturale a cui Carlo Scarpa è tutt’altro che estraneo, per quanto figura isolata, come di fatto dimostrato dalla condivisione di determinate esperienze sia sul piano pratico, sia nei valori di cui le rispettive attività sono permeate. Si vuole dunque mettere in evidenza che in alcuni dei temi che animano l’architettura italiana del dopoguerra, e dunque anche il palinsesto critico olivettiano, Carlo Scarpa ha un ruolo di assoluto rilievo e nella dimensione etica e nella valenza didattica del suo operare, nonché nella comune necessità di agire concretamente per consentire all’architettura di farsi portatrice di messaggi per una nuova realtà culturale e sociale sembra di ravvisare il carattere di massima prossimità tra l’opera di Carlo Scarpa e l’attività olivettiana.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.subjectOlivettiit_IT
dc.subjectScarpait_IT
dc.subjectcomunitàit_IT
dc.subjectZeviit_IT
dc.titleCarlo Scarpa e il mondo Olivetti : storia di un progetto culturale tra scritti critici e committenze architettonicheit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Ingegneria civile e Architettura::STORIA DELL'ARCHITETTURAit_IT
dc.subject.miurIngegneria civile e Architettura-
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Ingegneria civile e Architettura::Art & Architectureit_IT
dc.subject.anagraferoma3Ingegneria civile e Architetturait_IT
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Architettura*
item.fulltextWith Fulltext-
item.grantfulltextrestricted-
item.languageiso639-1other-
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T - Tesi di dottorato
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