Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4235
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dc.contributor.advisorBini, Piero-
dc.contributor.authorFerrulli, Simona-
dc.date.accessioned2015-04-11T21:30:10Z-
dc.date.available2015-04-11T21:30:10Z-
dc.date.issued2012-05-11-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/4235-
dc.description.abstractCon il lavoro svolto ci siamo proposti di ripercorrere la vicenda dei numerosi economisti italiani che vissero un’esperienza formativa presso l’Università inglese di Cambridge, nel ventennio compreso tra la seconda metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta. Due gli obiettivi principali dello scritto. Il primo è quello di ricostruire i lineamenti per così dire esterni di quell’esperienza: quali e quanti furono questi economisti, quale la loro provenienza accademica, che tipo di ambiente formativo essi trovarono nella facoltà cantabrigense di Economics and Politics. Il secondo obiettivo è invece quello di comprendere se alcuni tratti distintivi della loro produzione teorica possano essere ricondotti proprio alla loro esperienza oltremanica. In altri termini, muovendo dall’idea secondo cui l’economista non nasce tale, ma lo diventa in virtù di uno specifico percorso formativo, cercheremo di capire se e come quella particolare vicenda di studio abbia influito sulle posizioni teoriche assunte dagli economisti oggetto del nostro interesse e se, per quella via, abbia poi avuto una ricaduta sul dibattito svoltosi nel nostro paese. Il filone di ricerca all’interno del quale il lavoro si inserisce è quello relativo al processo di formazione degli economisti e alla circolazione internazionale delle idee economiche. L’interesse mostrato dagli studiosi italiani per questo indirizzo di indagine è stato forte, e numerosi e di qualità sono gli studi a ciò dedicati. In questo lungo e interessante percorso, due le pietre miliari. La prima, costituita dal volume pubblicato nel 1975 a cura di Augusto Graziani e Siro Lombardini, intitolato “Gli studi di economia in Italia”. Quella breve monografia analizzava le modalità organizzative adottate per l’insegnamento della scienza economica nel nostro paese, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. L’altro contributo di rilievo, che prende peraltro ad esplicito riferimento il precedente, è invece costituito dal volume collettaneo curato dallo stesso Augusto Graziani insieme a Giuseppe Garofalo, “La formazione degli economisti in Italia (1950-1975)”. Con i contributi lì raccolti si è voluto analizzare una serie di esperienze di formazione e di ricerca a cui parteciparono diversi economisti in erba, con lo scopo di individuarne l’influenza sullo sviluppo del pensiero economico italiano e per comprendere in che misura quelle vicende abbiano contribuito ad innovare i modi di “fare economia” nel nostro paese. In particolare, in questo volume, si trova un saggio di Carlo Casarosa1 riguardante la formazione degli economisti italiani nelle università inglesi (e, tra queste, anche l’università di Cambridge) che ha costituito il nostro riferimento più immediato. Nei trent’ anni trascorsi tra la pubblicazione dei due contributi appena citati, e anche in anni più recenti, altre indagini hanno aiutato ad individuare, enumerare ed esplicare i diversi legami e canali attraverso cui gli studiosi italiani di economia hanno acquisito la loro formazione o contribuito alla diffusione e all’insegnamento di tale disciplina. È peraltro interessante sottolineare come questi saggi abbiano fatto uso di una rimarcabile varietà di approcci. Accanto a studi svolti con una metodologia che potremmo definire più tradizionale, e che si basano prevalentemente sullo studio e l’analisi delle opere dei diversi economisti, è possibile rinvenire diversi scritti che invece hanno adottato un metodo di tipo quantitativo, mirando a monitorare l’andamento nel tempo e a valutare il peso relativo dei diversi temi di analisi affrontati dagli studiosi nei loro scritti. Per avere un’idea riguardo la complessità e la varietà di questi studi, si pensi ad esempio all’approccio usato da Roggi [1987]2, da Birolo e Rosselli [2009]3 e da Birolo [2010]4 che, mediante un’analisi quantitativa relativa ai temi affrontati nelle pubblicazioni di economia prodotti da nostri connazionali e pubblicati su riviste selezionate, tentano di individuare i temi di interesse, prevalenti nella ricerca economica italiana5. Oppure, si pensi ai volumi che ricostruiscono le vicende intellettuali di Paolo Sylos Labini6 o di Nino Andreatta7. Nel delineare il profilo di questi due studiosi come economisti, maestri, divulgatori di idee economiche e consiglieri della politica, i rispettivi biografi si sono riferiti non soltanto alle loro opere ma anche alle testimonianze di quanti furono loro vicini. Va peraltro sottolineato come, nel corso dell’ultimo anno, anche ambienti non accademici abbiano mostrato un crescente interesse per il tema della formazione in campo economico. È il caso ad esempio dell’ Institute for New Economic Thinking, che in una rubrica intitolata “30 Ways to be an Economist”, ha dedicato spazio a tale argomento con diversi interventi ed in particolare attraverso un’ intervista ad Irwin Collier dal titolo “How Economists used to be made”, dedicata all’importanza del ruolo della formazione dell’economista con particolare riferimento all’esperienza di Paul Samuelson e della Scuola di Chicago8. Dunque, sulla scia di questi contributi ci proponiamo di ritornare su una particolare esperienza formativa della quale molti aspetti sono rimasti in ombra. Infatti, se la produzione teorica degli economisti cantabrigensi è stata oggetto di numerosi contributi, non altrettanto può dirsi della Facoltà di Economics and Politics come luogo di formazione. Il nostro lavoro intende quindi inserirsi nella letteratura sopraccitata per fornire un più definito contributo sullo specifico ruolo che quella Facoltà ebbe nella formazione degli economisti italiani e sul modo che essi svilupparono di concepire la teoria economica e il suo rapporto con la politica economica. In questo nostro percorso, dedicheremo un primo capitolo ad una ricostruzione di carattere storico. Considerando il lungo periodo che dalla fine degli anni Cinquanta giunge fino al tramonto del decennio Settanta, cercheremo di individuarne gli aspetti salienti. Cominceremo dagli anni del “miracolo economico”, soffermandoci sulle sue principali caratteristiche. Passeremo poi agli anni Settanta e alla crisi che, nell’ambito di una congiuntura internazionale assai sfavorevole, colpì il nostro paese con caratteri e modalità che non mancarono di preoccupare i nostri economisti. Andremo così a prendere in esame le interpretazioni più accreditate che in quegli stessi anni, o negli anni immediatamente successivi, furono elaborate in merito ai motivi di quella crisi e alla fragilità delle basi su cui si era fondato lo sviluppo economico italiano. Nel secondo capitolo soffermeremo l’attenzione sulla formazione degli economisti italiani e sulla loro scelta di andare a Cambridge. Dapprima individueremo alcune caratteristiche e le lacune della formazione che il nostro sistema scolastico ed universitario offriva in campo economico. Successivamente, riporteremo l’elenco dei nomi degli economisti italiani che si recarono a Cambridge, evidenziando alcuni aspetti della loro presenza presso l’ateneo britannico. Vedremo anche da quali università essi provenissero, per poi andare ad osservare alcune possibilità di finanziamento che essi avevano avuto per i loro soggiorni all’estero, tentando infine di formulare alcune ipotesi circa le ragioni che li possano aver spinti verso l’università britannica. Nel terzo capitolo, ricostruiremo gli aspetti salienti del sistema formativo dall’Università di Cambridge in quegli anni, analizzando l’ambiente universitario nel suo complesso, i tratti distintivi del corso di studio in economia e dei corsi dedicati ai graduate students, quali erano gli economisti da noi considerati. Cercheremo, in altre parole, di comprendere che tipo di economista la facoltà di Economics and Politics del celebre ateneo britannico intendesse formare. Nel capitolo successivo, la nostra attenzione si sposterà sui temi che gli economisti del nostro gruppo predilessero nella fase temporale da noi considerata. Svolgeremo innanzitutto un’analisi di tipo quantitativo che metta in luce gli interessi di ricerca degli economisti protagonisti del nostro studio. Per conseguire questo obiettivo abbiamo consultato in maniera sistematica una serie di riviste italiane di economia al fine di ricavare un campione rappresentativo di argomenti e approcci teorici da essi fatti propri. Successivamente, attraverso i temi relativi al ruolo e agli scopi della scienza economica, all’indicizzazione dei salari e all’inflazione tenteremo di individuare alcuni elementi che permettano di risalire alla visione generale e al background teorico degli economisti che condivisero l’esperienza cantabrigense.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.subjecteconomistiit_IT
dc.subjectCambridgeit_IT
dc.titleEconomisti italiani a Cambridge (1960-1980) : processi formativi, aggiornamenti teorici e nuovi orientamenti di politica economicait_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze economiche e statistiche::STORIA DEL PENSIERO ECONOMICOit_IT
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze economiche e statistiche::Economicsit_IT
dc.subject.anagraferoma3Scienze economiche e statisticheit_IT
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentX_Dipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Societa'*
item.grantfulltextrestricted-
item.languageiso639-1other-
item.fulltextWith Fulltext-
Appears in Collections:X_Dipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Societa'
T - Tesi di dottorato
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