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http://hdl.handle.net/2307/4145
DC Field | Value | Language |
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dc.contributor.advisor | Di Majo, Antonio | - |
dc.contributor.author | Dorato, Lorenzo | - |
dc.date.accessioned | 2015-03-31T13:56:30Z | - |
dc.date.available | 2015-03-31T13:56:30Z | - |
dc.date.issued | 2013-07-04 | - |
dc.identifier.uri | http://hdl.handle.net/2307/4145 | - |
dc.description.abstract | Nell’Aprile del 2012 la Nuovo Trasporto Viaggiatori S.p.A. fa ingresso nel mercato dell’Alta velocità ferroviaria italiana inaugurando (dopo la breve esperienza di Arenaways), la prima forma di concorrenza effettiva nel trasporto ferroviario passeggeri a nove anni dall’apertura del mercato. L’Italia risulta essere, così, il primo paese in Europa e al mondo in cui il mercato dell’Alta velocità viene aperto alla concorrenza. Si è così avviata una nuova fase per il trasporto ferroviario nazionale che rappresenta il culmine di quel processo di liberalizzazione formalmente sancito dal decreto legislativo 188/2003 e concretizzatosi inizialmente nel solo trasporto merci. Un processo preceduto e preparato da una serie di riforme che hanno poco a poco trasformato radicalmente la natura formale e sostanziale delle Ferrovie dello Stato: da azienda pubblica garante di un servizio per la collettività ad azienda commerciale di diritto privato, (ma di proprietà pubblica), orientata alla massimizzazione del profitto (seppur soggetta ad obblighi di servizio pubblico). Una trasformazione radicale, i cui risvolti ed esiti sono ancora di difficile valutazione e la cui origine si situa nell’alveo del vasto processo di liberalizzazione dei servizi infrastrutturali di pubblica utilità promosso a livello comunitario. Le Ferrovie dello Stato italiane nascono come azienda autonoma pubblica nel 1905 a seguito della nazionalizzazione avvenuta dopo una lunga fase di gestione privata e frammentazione territoriale a partire dall’unità nazionale. Lo statuto di azienda autonoma pubblica perdura fino al 1985, anno in cui avviene la prima di una lunga serie di riforme strutturali che culmineranno con la trasformazione delle ferrovie in S.p.A. nel 1992, con la separazione societaria del 2000 e infine con la completa liberalizzazione del 2003. Nel 1991 in sede comunitaria viene approvata la prima direttiva sul trasporto ferroviario in direzione di un graduale percorso di apertura dei mercati ferroviari. Da allora, in linea con il corso delle politiche industriali avviato già dalla fine degli anni ’80 nella generalità del sistema economico, un forte attivismo normativo in senso schiettamente liberista (ancorché ispirato alla gradualità) contraddistinguerà l’azione della Commissione europea, nel tentativo di arrivare alla creazione di un mercato ferroviario competitivo di dimensione continentale. Dopo una serie di tre direttive (primo, secondo e terzo pacchetto ferroviario), il 30 Gennaio del 2013 viene proposto e rimesso all’approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo il quarto pacchetto ferroviario, ultimo tassello del processo di liberalizzazione. Si giunge al completamente del processo con l’obbligo di apertura del mercato esteso anche al trasporto passeggeri nazionale e l’esplicita espressione di preferenza di un assetto di separazione proprietaria tra operatori della rete e dei servizi. Dopo anni di asimmetrici processi di apertura dei mercati ferroviari in ciascun paese, si approda così alla liberalizzazione definitiva da attuarsi, anche nel trasporto passeggeri, entro il 2019. L’Italia ha anticipato di molti anni la liberalizzazione integrale del settore, anche se, nel trasporto passeggeri, l’apertura effettiva è avvenuta soltanto nel 2010 ed è divenuta significativa con l’ingresso di NTV sull’Alta Velocità. Si tratta di un processo complesso, denso di criticità a vari livelli, non sempre adeguatamente percepite nel dibattito pubblico. Il fine del presente lavoro è analizzare il processo di trasformazione delle ferrovie italiane nel contesto europeo, sulla base di due assi argomentativi fondamentali. Il primo concerne le finalità auspicate dalle politiche pubbliche del trasporto negli ultimi due decenni per la cui realizzazione si è attribuito un ruolo primario alle politiche di liberalizzazione, associando implicitamente i mali e le carenze del sistema ferroviario europeo ed italiano all’assenza di concorrenza nel settore. Secondo tale interpretazione prevalente, il libero mercato genererebbe un allargamento dell’offerta, una diminuzione dei costi e un miglioramento della qualità del servizio, contribuendo a stimolare lo sviluppo e l’espansione del trasporto ferroviario colmando così quel divario negativo (crescente e poi stagnante dal dopoguerra ad oggi) tra la quota del trasporto passeggeri e merci su ferro e la quota di altre modalità di trasporto, in primo luogo quello su gomma. Un divario unanimemente giudicato come causa di pesanti costi ambientali, sociali ed economici. In questa sede si tenterà di evidenziare, in primo luogo, come il legame tra le deficienze strutturali di un sistema ferroviario e la struttura di mercato prevalente non sia affatto chiaro ed univoco. Si metterà pertanto in discussione, analizzandone i presupposti e cogliendone i punti di debolezza, l’idea egemone secondo la quale le politiche di liberalizzazione possono essere la leva fondamentale di una politica dei trasporti che si ponga degli obiettivi specifici di sviluppo del sistema ferroviario e di aumento della quota modale del trasporto su ferro (per l’adempimento di finalità ambientali e sociali considerate generalmente rilevanti). In secondo luogo si cercherà di capire, in generale e nel caso specifico italiano quali sono stati e quali possono essere, in prospettiva, gli effetti della liberalizzazione sul sistema ferroviario. In particolare sulla capacità del sistema di garantire un servizio efficiente e accessibile (e quindi di fornire una credibile alternativa al trasporto privato su gomma); sui costi complessivi (per la collettività) e sui prezzi (per l’utenza); sul rapporto tra servizi universali e servizi a mercato; sulla sicurezza; sui problemi di reciprocità all’interno del mercato europeo; sulla salvaguardia e il controllo di quello che può essere giudicato senza dubbio come un settore strategico sotto diversi punti di vista; e infine sulle condizioni di lavoro e sull’occupazione. La duplice argomentazione verrà svolta nel corso del lavoro sia ad un livello teorico che ad un livello empirico. L’analisi della liberalizzazione del trasporto ferroviario in Italia, si propone l’obiettivo di restituire un’immagine integrale dell’industria ferroviaria in antitesi a tutte quelle letture che partono dal doppio presupposto implicito (e a nostro avviso discutibile) dell’ineluttabilità di un’organizzazione disintegrata in senso orizzontale (servizi profittevoli e universali) e della necessità di un assetto competitivo per l’ottenimento di quei vantaggi (senz’altro auspicabili) di efficientamento interno dell’impresa ferroviaria. In particolare verrà più volte ribadita l’importanza di tenere conto di tutte le voci rilevanti del sistema: non solo la tariffa, ma anche il livello di contributi pubblici, la qualità e la dimensione del servizio universale, la capillarità del servizio sul territorio e il costo del lavoro. Il fine generale della ricerca è verificare la sussistenza o meno di un legame tra liberalizzazione, efficienza, efficacia e crescita quantitativa del servizio ferroviario e analizzare al tempo stesso gli effetti e le criticità dell’apertura del mercato in tale settore. Gli interrogativi che fungono da filo conduttore dell’intera ricerca sono pertanto i seguenti: “è possibile affermare che la liberalizzazione sia di per sé una forza trainante la crescita del trasporto ferroviario? Quali sono potenzialmente le leve tramite cui potrebbe aversi in virtù della concorrenza una crescita e un miglioramento della qualità del servizio? Quali possono essere complessivamente gli effetti dell’introduzione della concorrenza e di un margine di profitto in un sistema come quello ferroviario da sempre funzionante sulla base della logica della solidarietà di rete? Può davvero la liberalizzazione essere la soluzione alle carenze strutturali e ai deficit di efficienza ed efficacia sociale del trasporto ferroviario in Italia? | it_IT |
dc.language.iso | it | it_IT |
dc.publisher | Università degli studi Roma Tre | it_IT |
dc.subject | concorrenza | it_IT |
dc.subject | politica industriale | it_IT |
dc.subject | liberalizzazione | it_IT |
dc.subject | ferrovie | it_IT |
dc.title | Il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario : analisi teorica, riscontri empirici e criticità : il caso italiano nel contesto europeo | it_IT |
dc.type | Doctoral Thesis | it_IT |
dc.subject.miur | Settori Disciplinari MIUR::Scienze economiche e statistiche | it_IT |
dc.subject.miur | Scienze economiche e statistiche | - |
dc.subject.isicrui | Categorie ISI-CRUI::Scienze economiche e statistiche::Economics | it_IT |
dc.subject.anagraferoma3 | Scienze politiche e sociali | it_IT |
dc.rights.accessrights | info:eu-repo/semantics/openAccess | - |
dc.description.romatrecurrent | Dipartimento di Economia | * |
item.languageiso639-1 | other | - |
item.grantfulltext | restricted | - |
item.fulltext | With Fulltext | - |
Appears in Collections: | Dipartimento di Economia T - Tesi di dottorato |
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