Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/40755
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dc.contributor.advisorIAMURRI, LAURA-
dc.contributor.authorBRESCIA, MICHELE-
dc.date.accessioned2022-04-29T13:51:11Z-
dc.date.available2022-04-29T13:51:11Z-
dc.date.issued2019-04-18-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/40755-
dc.description.abstractIl presente elaborato, articolato in cinque capitoli, ha l’obiettivo di analizzare le tecniche e le metodologie operative dei codici verbovisuali adottati da alcuni poeti visivi, attivi negli anni Sessanta e Settanta, rivelatisi strumenti ideali nel sostenere una battaglia politica di chiara matrice ideologica marxista e antifascista. L’arte del dissenso, incarnata dai poeti visivi, viene analizzata in questa sede partendo dalle voci degli stessi protagonisti che ne hanno definito contenuti e confini. La memoria della poesia visiva non è affidata infatti a testi capitali e strutturati, bensì alla sporadicità di interventi, dichiarazioni, manifesti, cataloghi, riviste di breve ma intensa durata, che testimoniano un continuo e vivace dibattito fra le diverse posizioni assunte dai singoli gruppi legati alle esperienze verbovisuali, da quelli visuali a quelle sonore, passando per le sperimentazioni nell’ambito della poesia concreta. Questo lavoro intende riportare alla luce la vicenda di questa arte sovversiva, capace di formulare nuovi linguaggi tecnologici, sinestetici, interdisciplinari, performativi, intermediali, delineando una ricapitolazione del fenomeno della poesia visiva circoscritta al contesto nazionale, aggiornata alla luce degli studi più recenti che, se non altro, hanno avuto il merito di cercare di far uscire le esperienze verbovisuali da un ostracismo critico che sovente le ha relegate ai margini della storia dell’arte italiana del secondo Novecento. L’analisi qui condotta ruota attorno alle dichiarazioni di poetica contenute nei cataloghi delle prime mostre collettive, negli scritti teorici, negli atti dei convegni fondativi, nelle prime antologie storiche: particolare attenzione viene dedicata alle fonti utilizzate per l’esecuzione di tavole verbovisuali realizzate negli anni Sessanta e Settanta, alle riviste autogestite, alle effimere realtà esoeditoriali e clandestine che hanno scandito i primi anni di vita del fenomeno della poesia visiva, quelli maggiormente caratterizzati da un impegno politico, specchio delle tensioni deflagrate in Italia fra la contestazione del Sessantotto e la violenta dialettica degli anni di piombo. La collazione di fonti disponibili, in parte inedite, presso archivi pubblici (Asac, Venezia; Biblioteca Nazionale, Firenze; Biblioteca Nazionale, Roma; Archivio di Stato, Taranto; Archivi della Quadriennale, Roma; Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna) e privati (Archivio Michele Perfetti, Ferrara; Archivio Lamberto Pignotti, Roma; Archivio Filippo Di Lorenzo, Taranto), la condivisione di informazioni con studiosi del settore (curatori museali, direttori di riviste, responsabili di archivi), lo spoglio delle riviste di settore degli anni Sessanta e Settanta, ha dato la possibilità a chi scrive di ricostruire un mosaico di voci, spesso discordanti su alcuni aspetti legati all’origine e ai tratti distintivi della pratica logoiconica, restituendo la vivacità non soltanto del dibattito politico nato all’interno delle singole formazioni della neoavanguardia, ma anche la virulenza degli scontri avvenuti fra le diverse scuole verbovisuali distribuite sul territorio nazionale. In particolare, il primo capitolo raccoglie in una prospettiva critica le enunciazioni teoriche rilasciate dai protagonisti delle pratiche verbovisuali nelle diverse pubblicazioni frammentarie che hanno accompagnato le prime uscite pubbliche dei poeti visivi. Dalle definizioni di “poesia visiva”o “visuale”, “tecnologica”, “sonora”, “concreta”; dalla cronistoria delle relazioni pericolose fra parola e immagine che hanno attraversato secoli di produzione lirica endoletteraria e esoletteraria; dai contrasti vibranti fra il Gruppo 63 e il Gruppo 70; dall’analisi condotta sulle principali fonti d’ispirazione per Pignotti e compagni: da tutti queste fonti si evincono spunti interessanti per individuare nella poesia visiva un’arte capace di amalgamare operazioni di tipo etico, estetico, ideologico e tecnico. Il secondo capitolo si concentra sulla produzione logoiconica dei principali autori attivi nell’ambito delle pratiche verbovisuali, e in particolar modo riconducibili all’esperienza fiorentina incarnata dal Gruppo 70: i collage larghi, le cinepoesie, i manifesti, i libri d’artista realizzati negli anni Sessanta e Settanta da Lucia Marcucci, Mirella Bentivoglio, Sarenco, Michele Perfetti, Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini, Ketty La Rocca, Luciano Ori, testimoniano di una presa di posizione di matrice marxista assunta dai poeti visivi contro l’imperialismo americano, le ingerenze della Chiesa Cattolica nella politica italiana, le leggi imposte dal consumismo creato dal boom economico, l’oscurantismo di una società ancora fortemente maschilista e patriarcale, l’ipocrisia di messaggi pubblicitari sempre più invadenti. In particolar modo, grazie alla consultazione dell'archivio Sarenco, in corso di riordino e smembrato in diverse sedi, al supporto fornito da Duccio Dogheria (Mart di Rovereto), Kevin Repp (Curator for Modern European Books and Manuscripts, Beinecke Library – Yale University), Oriano Mabellini (responsabile della fondazione Sarenco), Patrizio Peterlini (Fondazione Bonotto) e dalla poeta visiva Elena Marini, si è avuto modo di raccogliere inediti materiali eterogenei legati alle attività performative del “poeta guerrigliero” bresciano. Il terzo capitolo si sofferma sulle prime antologie storiche di poesia visiva, fonti preziose e finora indagate con approssimazione, che raccontano l’urgenza di definire le linee guida di una neoavanguardia che, seguendo l’esempio del Futurismo italiano e del Dada berlinese, si cimentò nelle molteplici varianti combinatorie di elementi logoiconici. Questi documenti – l’individuazione della gran parte dei quali si deve al supporto di Maurizio Spatola, fratello del compianto Adriano, e di Adriano Accattino, direttore del Museo della Carale di Ivrea - sono altresì fondamentali per cogliere le affinità e le divergenze fra le diverse scuole verbovisuali sorte in Italia a cavallo degli anni Sessanta, come anche per ricostruire i contatti fra il Gruppo 70 e alcuni coevi movimenti d’avanguardia come Fluxus e l’Internazionale Situazionista. Il quarto capitolo rendiconta i contenuti apparsi sui due periodici più impegnati politicamente riconducibili alle esperienze verbovisuali, ovvero «Lotta Poetica», fondato da Sarenco e Gianni Bertini, e «Téchne», fondata da Eugenio Miccini. Queste due riviste presentano interventi critici, dichiarazioni di poetica, cronache di eventi e mostre di poesia visiva, bollettini politici, scritti polemici che veicolano la condanna delle logiche perverse del mercato dell’arte, le limitazioni alla libertà d’espressione imposte dall’industria culturale, l’ostracismo delle istituzioni dell’arte operato nei confronti della poesia visiva, tenuta viva, al contrario, da realtà periferiche, sorte soprattutto nel Mezzogiorno, che ne diffondono il messaggio politico. Fra queste, si segnala la realtà pugliese e in particolar modo tarantina, oggetto della disamina condotta nell’ultimo capitolo del presente elaborato. Nel capoluogo jonico, infatti, poeti visivi e esponenti locali del Partito Socialista diedero vita alla cooperativa «Punto Zero», un laboratorio di sperimentazione artistica fra i più capaci di recepire gli stimoli nazionali e internazionali che caratterizzarono la febbrile ricerca verbovisuale degli anni Settanta, declinandola in messaggi politici rivolti alla cittadinanza in concomitanza con alcune importanti consultazioni referendarie. Basta scorrere l’elenco dei campi d’interesse, oggetto delle iniziative della cooperativa «Punto Zero», per capire la sensibilità culturale di quanti ne furono animatori e promotori – fra i più importanti, Pierre Restany –: arte contemporanea e sperimentale, avanguardia, multipli, video-tapes, documentazione e progettazione grafica.en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treen_US
dc.subjectVERBO VISUALEen_US
dc.subjectLOGOICONAen_US
dc.subjectIMMAGINEen_US
dc.title"UNA FORMA DI LOTTA" : IDEOLOGIA E COSCIENZA POLITICA DELLA POESIA VISIVA IN ITALIA (1963-1977)en_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artisticheen_US
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artisticheen_US
dc.subject.anagraferoma3Scienze dell'antichita', filologico-letterarie e storico-artisticheen_US
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Studi Umanistici*
item.grantfulltextrestricted-
item.languageiso639-1other-
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T - Tesi di dottorato
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