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Title: L’ABUSO DEL DIRITTO NEL CONCORDATO CON RISERVA
Authors: AFFINITO, ANTONIO
Advisor: DI CECCO, GIUSTINO
VALENSISE, PAOLO
Keywords: CONCORDATO
DIRITTO
ABUSO
Issue Date: 27-Mar-2019
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: Il presente lavoro di ricerca nasce dall’analisi dei dati statistici pubblicati nel 2016 in un report periodico riguardante la procedura di concordato c.d. in bianco. Dai citati dati, emergeva una realtà difficilmente contestabile: a) tra l’inizio del 2013 e la fine del 2016 sempre più imprenditori sceglievano di non usufruire dell’automatic stay concesso dal ricorso ex art 161 comma 6; b) solo una minima parte delle procedure “in bianco” generalmente si concludeva con il deposito del piano e della proposta concordataria. Si è notato, quindi, che il calo del ricorso alla procedura del concordato con riserva si è verificato proprio quando, con l’entrata in vigore del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, si è passati da “un automatic stay sulla parola”, a una procedura più controllata e, in qualche modo, più invasiva. Il controllo esercitato dall’autorità giudiziaria sembra, quindi, aver svolto un ruolo deterrente rispetto al fenomeno dell’abuso con una netta riduzione del ricorso all’istituto di cui all’art. 161 comma 6. Il presente lavoro ha quindi lo scopo di verificare se si sia realizzato un “eccesso di difesa” con l’effetto di aver creato disincentivi alla tempestiva emersione della crisi d’impresa, allo scopo di evitare pochi casi di abuso, eventualmente contrastabili con gli ordinari strumenti già predisposti dall’ordinamento. Per conseguire tali finalità, quindi, il presente scritto nella consapevolezza che il problema dell’abuso richiede che un diritto sia stato attribuito, si focalizza inizialmente sul procedimento di cui al comma 6 dell’art. 161 L.F., allo scopo di delimitare i requisiti della procedura e i limiti della fattispecie. Poiché non integra abuso il caso in cui l’imprenditore richieda l’accesso alla procedura non avendo i requisiti, è emerso, così, che non abusa della domanda di concordato l’imprenditore, che, sebbene non sia in crisi o insolvente, presenti domanda con l’intento di crearsi semplicemente un ombrello protettivo da azioni esecutive di un creditore. Si è passato quindi a ricostruire le finalità della procedura di cui si discorre, posto che è abusiva solo la condotta di chi esercita un proprio diritto per scopi diversi e ulteriori rispetto a quello per cui la posizione giuridica è riconosciuta. Dalla ricerca è emersa una varietà di interessi tutelati dalla procedura di concordato con riserva, che, oltre a quelli dei creditori, mira a soddisfare interessi di vari stakeholders: finanziatori, lavoratori dipendenti, fornitori, clienti. Poiché per tali soggetti l’emersione tempestiva della crisi è un valore da tutelare di per sé, non è possibile censurare la condotta dell’imprenditore in crisi, che, anche se spinto da motivi “egoistici” denuncia per tempo la propria crisi, presentando domanda di concordato con riserva. In considerazione del fatto che integra abuso del diritto solo la condotta del titolare che ingenera un sacrificio sproporzionato degli interessi della controparte, la ricerca si è focalizzata sull’individuazione dei possibili sacrifici imposti ai creditori da chi presenta il ricorso ex art. 161 comma 6 per poi non attivarsi alla ricerca di una soluzione, giungendo, tuttavia, alla conclusione che difficilmente possa emergere un sacrificio per i creditori. Rilevato, quindi, che pur avendo gli interpreti cercato di far rientrare nella fattispecie dell’abuso del diritto ipotesi che da un punto di vista teorico dovrebbero essere escluse, il lavoro si è dedicato ad individuare le ragioni di diffidenza emersa per la procedura di cui si discorre. Si è provveduto, quindi, ad analizzare tutte le ipotesi individuate dalla dottrina e dalla giurisprudenza quale ipotesi di abuso del concordato. Da tali analisi è emerso che la questione dell’abuso della domanda di concordato finisce per risolversi in un conflitto tra procedure concorsuali. Il tema, quindi, si è intrecciato con un altro argomento assai dibattuto che è quello del rapporto tra il procedimento fallimentare e quello concordatario. Si tratta, ovviamente, di procedimenti differenti, che possono entrare in conflitto perché condividono gli stessi requisiti necessari per l’accesso alla procedura. La ricerca, così, si è dedicata a valutare se il legislatore abbia compiutamente regolato i rapporti tra le procedure, nella consapevolezza che il divieto di abuso del diritto nel nostro ordinamento nasce proprio come risposta al possibili defaillance del legislatore. Dall’analisi delle norme e della giurisprudenza è emerso che il rapporto tra i due procedimenti era già regolato. Come affermato dalle Sezioni unite, infatti, la pendenza di una domanda di concordato con riserva impedisce temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 L. F., ma non rende improcedibile il procedimento prefallimentare che può comunque essere istruito e concludersi con un decreto di rigetto. E’ da notare, inoltre, che con le recentissime riforme poste in essere dal legislatore in tema di procedure di crisi e d’insolvenza, i rischi di defaillance dell’ordinamento, sullo specifico tema sembrano ulteriormente ridursi. Allo stato attuale, quindi, risultano di difficile individuazione vuoti normativi che possano giustificare l’intervento del giudice finalizzato a risolvere i conflitti d’interessi con l’applicazione di principi estranei alla previsione della norma. L’ultima parte del lavoro, infine, si focalizza sui rimedi emersi nella dottrina e nella giurisprudenza per sanzionare la condotta dell’imprenditore che presenti una domanda di concordato con riserva per meri scopi dilatori. Senza dilungarsi, infatti, pare sufficiente evidenziare che i provvedimenti che si sono pronunciati a favore della censurabilità della condotta del richiedente il termine ex comma 6 dell’art. 161 L. F. per abuso del processo, hanno conseguentemente dichiarato la relativa domanda inammissibile, senza fornire ulteriori spiegazioni. Si tratta a ben vedere di una soluzione che, nei dibattiti dottrinari sul tema dell’abuso dello strumento processuale in generale, suscita tuttora perplessità. L’eventuale strumentalizzazione del mezzo processuale, infatti, viene generalmente punita dal giudicante con gli strumenti della condanna alle spese, nonché con il risarcimento danni, ma quasi mai con il rifiuto di pronunciarsi nel merito. A favore dell’inammissibilità della domanda di concordato con riserva posta in essere in violazione del divieto di abuso del processo, non può essere invocata, inoltre, neanche la disciplina specifica della legge fallimentare. Posto ciò, nel lavoro si conclude individuando possibili rimedi alle ipotesi in cui l’imprenditore presenti domanda non avendo intenzione di risolvere la crisi. In questo caso si potrebbe fare ricorso alla previsione di cui all’art.100 c.p.c. che considera l’interesse ad agire quale condizione necessaria per l’azione, la cui mancanza può essere rilevata d’ufficio, in quanto costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda. Tali conclusioni, infine, non possono valere nell’ipotesi, in cui la strumentalizzazione della procedura si realizzi attraverso la reiterazione di più domande di concordato. In tale ultima ipotesi, infatti, si dovranno valorizzare le norme specifiche dettate in materia di crisi e d’insolvenza dal nuovo codice, in particolare il disposto di cui al comma 5 dell’art 47. Secondo tale norma, infatti, non sarà possibile per lo stesso stato di crisi e per lo stesso imprenditore presentare più di una domanda di concordato. Nell’ipotesi in cui ciò avvenga, il giudice dovrà dichiarare la domanda inammissibile, non per abuso del diritto, ma per difetto di un requisito necessario.
URI: http://hdl.handle.net/2307/40696
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
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Dipartimento di Economia Aziendale
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