Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/40669
Title: ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO E REGIME DELLE ACQUE NEL MEZZOGIORNO TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: CASI DI STUDIO TRA LAZIO E CAMPANIA
Authors: FRANCO, ALFREDO
Advisor: CACIORGNA, MARIA TERESA
Keywords: BONIFICHE
MEDIOEVO
Issue Date: 3-Apr-2019
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: La problematica idrogeologica ha da sempre avuto una fortissima ricaduta sulla vita degli italiani. Anche nell’epoca contemporanea, in cui si può disporre di conoscenze tecniche e geofisiche superiori rispetto al passato, gli eventi calamitosi (alluvioni, esondazioni, frane e smottamenti) lasciano strascichi luttuosi e profonde ferite tanto tra i superstiti quanto nei luoghi colpiti. L’obiettivo della ricerca è stato quello di comprendere il grado di consapevolezza con cui i monarchi e i feudatari da un lato, e gli organismi di governo delle città dall’altro intervennero sul territorio da loro controllato pianificandone l’organizzazione ai fini non solo dello sfruttamento economico e della difesa militare, ma anche della salute degli abitanti. Il tema della capacità di azione sul territorio da parte delle città meridionali (universitates) è strettamente legato alla questione del loro grado di autonomia, oggi fortemente dibattuta. In linea di massima, se durante i secoli XII-XIII la situazione politica era profondamente diversa tra il Nord e il Sud dell’Italia, nei secoli seguenti gran parte delle differenze tra le due realtà andarono attenuandosi, dato che nel Meridione, soprattutto in età aragonese, il consolidamento degli organi elettivi delle città portò non solo ad una più compiuta coscienza cittadina, il cui immediato riflesso lo si può cogliere nella “monumentalizzazione” di spazi pubblici e privati sia intra sia extra moenia civitatis, ma anche ad una più attenta gestione delle problematiche territoriali: in primis quella della irreggimenta-zione delle acque. A ciò seguì una compiuta e puntuale normalizzazione della prassi consuetudinaria cittadina, gli statuta civitatis, che recepirono i principî di un corpus di norme igienico-sanitarie, vero-similmente tra la prima e la seconda metà del Trecento. La prima parte della tesi riguarda le potenzialità dell’acqua, e principalmente la sua forza motrice per animare le proto-industrie. Il capitolo è incentrato quindi sul variegato aspetto di questo controllo signorile sulle acque ed offre una analisi del possesso e della conduzione degli impianti molitori lungo un periodo di tempo che abbraccia il medioevo centrale e il tardo medioevo. Questo si articola in tre archi cronologici ben individuati: all’epoca longobarda, all’epoca normanno-sveva e, infine, all’epoca proto-moderna (secc. XIV-XV/XVI). A questo seguono paragrafi più brevi sulle peschiere e sulle vie di comunicazione fluviali dell’entroterra, lungo le quali pullulavano scafe e porticcioli funzionali all’economia del feudo. La parte seconda affronta invece l’aspetto dell’acqua come elemento da arginare e da irreggimentare. In essa sono affrontati diversi problemi e su di un territorio molto vasto, qual fu quello del Regno di Sicilia. Punto nodale di questa parte è la considerazione del rapporto simbiotico tra le aree abitate, le zone umide e gli eventi alluvionali. Lo studio per la sola città di Napoli è stato abbastanza lineare e non privo di approfondimenti, e ciò grazie alla moltitudine di contributi sull’assetto urbanistico e sull’ attività regia nella zona del fiume Sebeto, area dove gli Aragona fondarono il proprio palazzo di delizie (Poggio-reale) e dove avviarono un intenso sfruttamento dei suoli. I capitoli seguenti sono relativi alle città di Sarno, Fondi e Nola che rappresentano dei casi particolari di studio di questo rapporto simbiotico tra l’uomo, l’elemento acqua e l’ambiente acquitrinoso. Lo studio dell’urbanizzazione della cittadina salernitana fondata presso le sorgenti del fiume Sarno ha permesso la valutazione dell’importanza dell’acqua per quel contesto dai primordi fino all’epoca medievale, quando furono attuate opere di bonificazione dei suoli. Per Fondi è stata studiata la bonifica condotta nel Trecento dal conte Roffredo Caetani previo finanziamento da parte della Corona. Il capitolo finale è dedicato all’analisi della pianura tra Nola e Napoli interessata durante il medioevo dall’andamento meandrico del fiume Clanio, corso d’acqua oggi scomparso. Queste bonifiche si susseguirono a partire dal Trecento e si conclusero nel Seicento, ma la documentazione più importante afferisce all’epoca ara-gonese quando re Ferrante promosse un intervento di risanamento (1466-1469). La ricerca condotta ha l’indubbio valore di aver colmato un vuoto in questo settore presente nella medievistica di ambito meridionale. Altro aspetto non secondario e che merita attenzione è costituito dall’aver fatto emergere ed aver raccordato molta documentazione che residua in diversi archivi e che si ritrova divisa anche in molti fondi. La motivazione di ciò è rappresentata dal fatto che manca un archivio meridionale cui si possa far riferimento perché era del tutto assente una istituzione centrale preposta nel medioevo e nell’epoca moderna alla gestione delle problematiche idrogeologiche. Lette attraverso il filtro della dinamica di fruizione dell’acqua e del conflitto con essa, le variegate testimonianze (documentarie, cartografiche, iconografiche, narrative, letterarie ed epigrafiche) concorrono per la prima volta a delineare un quadro coerente ed ampio che permette di comprendere a pieno alcuni aspetti delle dinamiche insediative, di potere e culturali verificatesi nel Meridione durante l’Età di Mezzo. Tra i documenti più importanti sia per la tematica storico-ambientale sia per la storia costituzionale, la Verfassungsgeschichte sulla quale molta produzione storiografica meridionale è tornata recentemente (Vallone, Vitolo, Senatore, Delle Donne), si può indicare il lungo regolamento relativo all’esazione della tassa della Portolania nella città di Napoli, riportato in appendice al capitolo 5. Ben più ampia parrebbe invece la possibilità di utilizzo del documento allegato al capitolo 4 relativo al giudicato celebrato in Alife nel 973; documento del tutto inedito e che certamente non mancherà di richiamare l’interesse di storici, storici del diritto, storici della chiesa. Si ritengono soddisfatti i propositi che hanno animato fin dall’inizio la ricerca in quanto i dati reperiti permettono di costruire una linea ideale che, partendo dall’epoca longobarda e proseguendo fino alla monarchia feudale angioino-aragonese, descrive un operato dell’uomo verso la natura ‒ e i fiumi nello specifico ‒ che mostra diversi segni di evoluzione e di involuzione. Questo atteggiamento delle istituzioni religiose e laiche era influenzato dalle congiunture economiche e storico-economiche. Non sempre, infatti, la palude rappresentò nell’habitus mentale dell’uomo medievale una regresso della condizione ambientale ma, per lungo tempo, convisse con l’idea di centro abitato. Prova ne sia la presenza in quasi tutte le aggregazioni demiche di un certo rilievo e presso le città più grandi di paludi e stagni, il cui possesso era spesso conteso fortemente tra i signori per le indubbie possibilità di sfruttamento ai fini di monetizzazione. Elementi concordi emersi nel corso delle indagini permettono di indicare almeno tre fasi distinte. Una prima fase fu quella altomedievale in cui la palude era simbiotica agli abitati e i fiumi erano regolati secondo natura e con interventi minuti che, spesso, non hanno lasciato né traccia materiale né documentaria. Un secondo periodo coincidente con i secoli XII-XIII vide il potere, laico ed ecclesiastico, impegnato a dare una risposta pronta alle esigenze della popolazione sempre crescente; si diede dunque una prova di governo del territorio che, anche ad occhi moderni, appare ancora oggi la più appropriata e la migliore possibile bonificando ampie porzioni di campagna allo scopo di favorire l’annona e l’espansione edilizia extra muros. Il caso di Sarno offre un altro tassello del tutto sconosciuto eppur molto concreto e documentato a sostegno della tanto decantata bonifica promossa dai Benedettini. Tale fase di espansione degli abitati e di risanamento era ancora in atto agli inizi del Trecento ma la crisi generale, la diminuzione della popolazione e la riconversione economica segnarono un punto d’arresto. La fase quattrocentesca vede una ripresa di questi progetti di riconquista degli spazi atti alla coltivazione. Per gli Aragona l’opera di bonifica fu anche qualcosa di più, potendosi configurare come un instrumentum regni attraverso il quale veniva assolto il patto tra regnante e nazione. Il regnante pone il pro-getto di riassetto idrogeologico al centro della propria azione politica, ne dirige le fasi, chiama i migliori tecnici per assolverlo, concede ampie porzioni di territorio prima detenute come aree di difesa, delega-te al solo svago venatorio. Sull’esempio dei regnanti anche le universitates locali riprendono buone pratiche di governo delle acque ormai praticamente disattese da oltre un secolo (ovvero durante la prima età angioina), mettono in regime canali e fiumi, riassettano le strade interne e tutelano l’abitato dalle frane e dai dilavamenti. Il regolamento di salute pubblica di Sarno, di epoca più tarda (1562), contiene in nuce tutte queste caratteristiche e, soprattutto, si inserisce all’interno di una tradizione di gestione delle acque che rimonta almeno all’epoca sveva come parrebbe dal richiamo alla pena per i trasgressori da pagare in augustales. Di pari importanza sono le notizie sull’ufficio di portolania esercitato nei territori nolano e capuano, le quali dimostrano quanto fosse diffusa una certa qual consapevole gestione del territorio da parte dei ceti dirigenti meridionali sui quali è spesso caduta una pesante condanna storio-grafica ed una pari sanzione sociale descrivendone l’azione amministrativa come mossa da meri interessi di natura speculativa e del tutto indifferente al bonum commune, opinione che deve necessaria-mente essere rettificata alla luce della documentazione raccolta.
URI: http://hdl.handle.net/2307/40669
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
Appears in Collections:Dipartimento di Studi Umanistici
T - Tesi di dottorato

Files in This Item:
File Description SizeFormat
TESI_FRANCO_ROMATRE.pdf152.44 MBAdobe PDFView/Open
Show full item record Recommend this item

Page view(s)

160
checked on May 7, 2024

Download(s)

68
checked on May 7, 2024

Google ScholarTM

Check


Items in DSpace are protected by copyright, with all rights reserved, unless otherwise indicated.