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http://hdl.handle.net/2307/40610
DC Field | Value | Language |
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dc.contributor.advisor | Conte, Emanuele | - |
dc.contributor.author | Cerrito, Marta | - |
dc.date.accessioned | 2022-02-28T13:20:34Z | - |
dc.date.available | 2022-02-28T13:20:34Z | - |
dc.date.issued | 2018-04-26 | - |
dc.identifier.uri | http://hdl.handle.net/2307/40610 | - |
dc.description.abstract | La tradizione criminalistica si basa sulla dicotomia tra due contrapposti modelli che delineano e concepiscono il processo penale in maniera profondamente differente: il procedimento accusatorio e quello inquisitorio. Mentre nel modello accusatorio l'autonomia dei privati nella risoluzione delle controversie criminali trova la sua massima espressione, in quello inquisitorio, vede il suo raggio di operatività ridursi in maniera sensibile. Tracciare una netta linea di demarcazione tra i due modelli è un'operazione non solo difficile da realizzare ma anche storicamente inesatta, dal momento che il passaggio si è svolto nel corso di vari secoli e che modelli del tutto coincidenti con le due classificazione sono difficilmente realizzabili. Il confine che divide la sfera del pubblico da quella del privato è sempre un terreno incerto nei confronti del quale non è mai corretto porsi in posizioni eccessivamente rigide. L’obiettivo di questa ricerca è quello di individuare se ed in quale misura elementi legati ad una concezione privatistica del diritto penale possano continuare ad esplicare i loro effetti in un contesto storico istituzionale apparentemente lontano da questa logica. La storia funge, in questo caso, da laboratorio così da poter sperimentare come modelli e forme di giustizia tradizionalmente legati a periodi ben definiti siano in grado non solo di continuare ad agire in seno al fenomeno giuridico, ma riescano soprattutto ad adattarsi e a trasformarsi a seconda delle nuove esigenze. Per tale ragione questa ricerca guarda all’uso e, soprattutto all’abuso, di strumenti privatistici -quali le transactiones de crimine- nel Regnum Siciliae a partire dalla legislazione fridericiana del 1231 sino alla promulgazione del rito alfonsino del 1446. Questi due secoli rappresentano da un punto di vista giuridico un fondamentale momento di passaggio per quanto attiene alla concezione del potere e dei rapporti tra soggetto pubblico e privati. In relazione al regno di Sicilia, inoltre, questi anni rappresentano una radicale trasformazione degli assetti istituzionali e dei centri di potere. Il Regnum, infatti, tradizionalmente unico è in realtà suddiviso in due parti: citra et ultra Pharum. Per tale ragione le legislazioni angioine, da una parte, ed aragonesi dall’altra disciplinano il ricorso a strumenti privatistici di risoluzione dei conflitti criminali in maniera profondamente differente viste le profonde peculiarità delle due parti. Per analizzare tale problematica storico-giuridica sono stati affrontati i tre diversi aspetti del fenomeno giuridico: la legislazione, la dottrina e la prassi. La legislazione è stata studiata guardando alla legislazione aragonese ed angioina come le due variazioni giuridiche sul tema fridericiano. Il risultato di questa analisi si è rivelato fondamentale ai fini della comprensione di alcuni aspetti dubbi della prassi notarile, ma soprattutto curiale. L’analisi delle opiniones del maestri ha mostrato, ancora una volta, quanto lo studio teorico fosse strettamente connesso alla prassi visto il forte interesse dei giuristi puri per il momento applicativo e patologico del fenomeno giuridico. L’analisi e lo spoglio di molte fonti della dottrina e della prassi, sia édite sia inedite, ha portato ad un totale rovesciamento della problematica in completa opposizione alla visione che la storigrafia tradizionale ha tramandato. Il ricorso a forme di giustizia -considerate generalmente retaggio della tradizione longobardistica- non si è rivelato uno mezzo di indebolimento del potere centrale bensì una sorta di rafforzamento dello stesso, dal momento che nonostante si professasse absolutus, quello meridionale è un potere unico ma allo stesso tempo fortemente decentrato, gestito da una moltitudine di soggetti i quali pur vantando interessi privati e personali alla sottoscrizione di transazioni ricoprono ruoli squisitamente gius-pubblicistici. | en_US |
dc.language.iso | it | en_US |
dc.publisher | Università degli studi Roma Tre | en_US |
dc.subject | regnum siciliae | en_US |
dc.subject | transactio de crimine | en_US |
dc.subject | diritto penale | en_US |
dc.subject | baronaggio | en_US |
dc.title | Auctoritas Iudicialis ed autonomia privata. Aspetti delle giustizia criminale nel Regnum Siciliae da Federico II ad Alfonso il Magnanimo (sec. XIII-XV) | en_US |
dc.type | Doctoral Thesis | en_US |
dc.subject.miur | Settori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO | en_US |
dc.subject.isicrui | Categorie ISI-CRUI::Scienze giuridiche::Law | en_US |
dc.subject.anagraferoma3 | Scienze giuridiche | en_US |
dc.rights.accessrights | info:eu-repo/semantics/openAccess | - |
dc.description.romatrecurrent | Dipartimento di Giurisprudenza | * |
item.grantfulltext | restricted | - |
item.languageiso639-1 | other | - |
item.fulltext | With Fulltext | - |
Appears in Collections: | Dipartimento di Giurisprudenza T - Tesi di dottorato |
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