Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/40602
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dc.contributor.advisorMazzamuto, Salvatore-
dc.contributor.authorSdao, Laura-
dc.date.accessioned2022-02-22T13:22:59Z-
dc.date.available2022-02-22T13:22:59Z-
dc.date.issued2017-06-21-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/40602-
dc.description.abstractLo studio ha lo scopo di esaminare la disciplina che regola l'indicazione d'origine ed il “made in” congiuntamente ai diritti del consumatore. Il tema relativo ai diritti del consumatore, ed in particolare il diritto ad una corretta e completa informazione, rappresenta un argomento sul quale si è stratificata una vasta letteratura e che ha conosciuto negli anni una vis espansiva. L'informazione, invero, assume, negli ordinamenti giuridici, un ruolo centrale valorizzato dalle stesse Istituzione europee che ne evidenziano l'esigenza di rafforzarla. La stessa consente alle persone ed, in stricto sensu, al consumatore di agire liberamente al fine di adottare scelte consapevoli scevre da condizionamenti. Lo studio, dunque, si prefigge l'obiettivo di esaminare il diritto fondamentale del consumatore ad ottenere un'adeguata informazione ex art 2 cod.cons., riconoscendo, altresì, un ruolo centrale alla tematica afferente l'informazione relativa all'origine dei prodotti commercializzati nel libero mercato. A tal scopo, nella prima parte di codesti scritti viene affrontato il controverso dibattito afferente al corretto significato da attribuire alla locuzione “made in”. Tale indagine rappresenta una valida macro premessa che consente di comprendere, da un verso, la valenza giuridica di siffatta stampigliatura, dall'altro la rilevanza che lo stesso consumatore attribuisce all'origine ed al “made in”. Segue una ricostruzione dello stato dell'arte, riservando ampia attenzione all'evoluzione normativa relativa alla disciplina che regola l'indicazione d'origine ed il “made in Italy”. Le regole e i principi congiuntamente esaminati, che risiedono nell'alveo più complesso di accordi internazionali, norme europee e regole interne ai singoli ordinamenti, confermano un'ampia tutela del consumatore contro quelle pratiche tese ad ingannare quest'ultimo attraverso false e fallaci indicazione d'origine ma, dimostrano, altresì, che l'informazione relativa all'origine non ha una autonoma rilevanza. Nel quadro normativo, invero, si rinvengono disposizioni che garantiscono, non già un generale e autonomo diritto ad ottenere le informazioni in parola, ma strumenti di tutela attivabili qualora codeste informazioni siano inesatte, false o fuorvianti. A tal riguardo, i principi e le norme europee nonché gli orientamenti di matrice giurisprudenziale rappresentano un importante ausilio per comprendere le ragioni di siffatto sistema. Dal dato testuale nonché giurisprudenziale emerge, dunque, che il sistema de qua sembra dipendere dal disfavore che le Istituzioni comunitarie hanno, da sempre, riservato alla marcatura d'origine. Tale disfavore sembrerebbe essere giustificato dell'ambizioso obiettivo, accolto già illo tempore con il Trattato istitutivo della Comunità Europea, di edificare un “ mercato unico” per il quale assume una posizione strumentale la libera circolazione delle merci. Eventuali norme, adottate dagli Stati membri, che impongano la marcatura d'origine potrebbero creare un fenomeno discriminatorio e dunque potrebbero produrre indirettamente o in potenza effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci. Dato atto che non vige una regola generale tesa ad imporre degli obblighi circa la marcatura d'origine - avulse specifiche ipotesi - e che il diritto ad ottenere informazioni circa l'origine territoriale dei prodotti non guadagna un ruolo autonomo - ancorché dimostrata la sua rilevanza- gli scritti volgono al termine con l'analisi degli aspetti rimediali ed in particolare si pone l'accento sulla tutela offerta al consumatore, nelle ipotesi in cui vengano falsamente apposte indicazioni o quant'altro possa indurre in errore il consumatore in ordine alla “paternità territoriale” dei prodotti. Lo studio riservato alle regole preordinate alle repressione delle pratiche commerciali scorrette rappresenta, dunque, l'epilogo di codesti scritti. Si evidenzia che la condotta di chi falsamente millanta l'origine di un prodotto, attraverso la diffusione di informazioni idonee ad indurre in errore il consumatore circa l'origine geografica, integra le fattispecie vietate dalla disciplina inserita nell'alveo del codice del consumo. Di tal guisa, il consumatore, per reagire a siffatte pratiche avrà a disposizione un ventaglio di rimedi di carattere privatistico nonché di natura amministrativa.en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treen_US
dc.subjectINDICAZIONE D'ORIGINEen_US
dc.subjectDIRITTO DEI CONSUMATORIen_US
dc.titleOrigine e “made in”, tra interessi di mercato e diritti del consumatoreen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::DIRITTO PRIVATOen_US
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEAen_US
dc.subject.anagraferoma3Scienze giuridicheen_US
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Giurisprudenza*
item.languageiso639-1other-
item.grantfulltextrestricted-
item.fulltextWith Fulltext-
Appears in Collections:Dipartimento di Giurisprudenza
T - Tesi di dottorato
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