Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/40552
Title: L'URPHÄNOMEN DEL CINEMA....FUORI DAI CONFINI DEL CINEMA": JAMES JOYCE E SERGEJ EJZENÅ TEJN
Authors: Aletto, Ilaria
Advisor: SOLIVETTI, CARLA
Keywords: SERGEJ ĖJZENŠTEJN
JAMES JOYCE
Issue Date: 22-Jun-2017
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: La ricerca dottorale propone un collegamento fra la speculazione teorica e la formazione culturale ed artistica di Sergej Ėjzenštejn (1898-1948) – regista tra i più influenti nella storia del cinema, il cui uso pioneristico e innovativo della tecnica di montaggio ha reso i suoi film rivoluzionari (La corrazzata Potëmkin [1925] e Ottobre [1927-1928], citando i più rinomati) – all’interpretazione che il regista fornisce di Ulysses (1922), il celebre romanzo dello scrittore irlandese James Joyce (1882- 1941) – fra i maggiori e più innovativi autori della letteratura del Novecento –, un tema a tutt’oggi solo marginalmente esplorato. I radi e brevi contributi finora apparsi sull’argomento, infatti, prendono perlopiù come riferimento il periodo iniziale della riflessione teorica di Ėjzenštejn, incentrata dapprima sul “montaggio delle attrazioni” (1923-1926) e, in seguito, sul “cinema intellettuale” (1927- 1930) negli anni in cui il regista ipotizza la resa filmica del Capitale di Marx “ufficialmente dedicato alla II Internazionale!”, ma ispirato a Joyce nella “parte formale” 1 . Partendo dalle osservazioni ėjzenštejniane relative al rapporto tra il linguaggio filmico e l’opera letteraria, al fine di esplorare i rapporti che legano le teorizzazioni e la pratica filmica di Ėjzenštejn all’arte joyciana, lo spettro d’indagine viene nella tesi ampliato tenendo conto della riflessione estetica del regista nella sua interezza, considerando dunque anche le fasi successive alle teorie delle attrazioni e del cinema intellettuale. Ėjzenštejn ammira profondamente l’opera di Joyce, e quando i due si incontrano a Parigi nel 1929, stando alle parole di Marie Seton – biografa del regista – viene discusso anche il progetto di una eventuale resa cinematografia di Ulysses2 , romanzo che Ėjzenštejn considera “il fenomeno occidentale più interessante per la cinematografia”3 . Anche Joyce apprezza l’arte del regista russo e, come riferito da Richard Ellmann – biografo dello scrittore –, rivela all’amico Eugene Jolas che se mai Ulysses fosse diventato un film solo due uomini avrebbero potuto dirigerlo: Walter Ruttman o Sergej Ėjzenštejn4 . Il ‘dialogo’ che il regista istaura con Joyce prosegue poi idealmente sino al 1946, due anni prima della scomparsa di Ėjzenštejn: gli scritti ėjzenštejniani contenenti accenni allo scrittore irlandese contribuiscono a connotare Joyce come una ‘presenza’ costante nella riflessione del regista, che richiede per questo un’accurata attenzione anche alla luce di materiali sinora inediti (unitamente ad altri al momento assenti in traduzione italiana), e della critica joyciana contemporanea. Dopo aver dedicato una sezione alla storia della diffusione e della ricezione dell’opera di Joyce in Russia, resa più interessante dalla censura a cui per lungo tempo è stata sottoposta, la ricerca presenta un’esposizione cronologica della ‘lettura’ di Joyce da parte del regista (purtroppo espressa nella maggior parte dei casi in brevi e sintetici ‘accenni’), finora assente nella letteratura critica sull’argomento, dalla quale emerge l’inequivocabilmente assidua presenza dello scrittore irlandese nell’opus teorico del regista, per poi passare ad una più dettagliata disamina delle sue note su Joyce. La tesi si concentra, infatti, sulle scarne e criptiche annotazioni di Ėjzenštejn risalenti al 1931, compilate a mano e in diverse lingue (russo, inglese, tedesco e francese) contestualmente alla lettura dell’opera Axel’s Castle. A Study in the Imaginative Literature of 1870-1930 (1931), raccolta di saggi dello studioso statunitense Edmund Wilson (1895-1972) su, fra gli altri, Paul Valéry, Thomas Sterne Eliot, Marcel Proust, Gertrude Stein, Arthur Rimbaud e James Joyce. Il libro è acquisito da Ėjzenštejn durante il suo soggiorno messicano – finalizzato alle riprese di ¡Que viva Mexico! (1931-1932, incompiuto) – in circostanze a tutt’oggi da chiarire (motivo per cui nella parte finale della ricerca una nota digressiva verrà dedicata specificatamente alla ricostruzione delle interessanti vicende legate alla copia di Axel’s Castle, attualmente conservata nella Casa-Museo del regista, al cui interno sono stati rinvenuti gli appunti esaminati nella tesi). Fonte ineludibile per il tema della ricerca, le note (corredate da schemi e piccoli disegni) sono nella tesi presentate in traduzione italiana e con un commento – completamente assente nella loro parziale trascrizione in russo pubblicata nel 2008 da Natal’ja Rjabčikova su “Kinovedčeskie zapiski”5 , che nella sua introduzione alle note si limita a ricostruire le polemiche concernenti la proiezione di ¡Que viva Mexico! negli Stati Uniti, non autorizzata dal regista, e le vicende attraverso le quali Ėjzenštejn viene in possesso del volume di Wilson durante il suo soggiorno in Messico –, allo scopo di renderle accessibili anche a coloro che non conoscono la lingua russa e, considerata la loro enigmatica sinteticità, maggiormente fruibili agli specialisti di Ėjzenštejn e di Joyce. Ciò ha richiesto uno studio attento e dettagliato dell’opus ėjzenštejniano, soffermandosi su ogni citazione, osservazione, commento sulla letteratura, sull’arte e su, oltre a Joyce, tutti quegli scrittori che, per una ragione o per un’altra, sono il frutto ‘annotato’ delle associazioni nel regista scaturite dalla lettura di Axel’s Castle. Un ardito, forse temerario tentativo di decodificazione e comprensione che – viste anche le difficoltà ermeneutiche incontrate dagli studiosi di fronte all’opera teorica di Ėjzenštejn – non può che esplicitarsi come ipotesi di ‘lettura’ di annotazioni libere, che seguono sollecitazioni, riflessioni e associazioni mentali nell’atto stesso del loro apparire improvviso durante la lettura della raccolta di Wilson, nel loro continuo deragliare dal motivo o da un’idea iniziale, nel loro procedere a sbalzi, per indizi, in un accostamento – ‘montaggio’ di autori lontani dalla scrittura joyciana o dalla stessa opera di Wilson – dove il dettaglio costituisce di solito l’elemento nodale per la scoperta di una indiziale comunanza letteraria inedita. La tesi rappresenta dunque anche un tentativo di indagare il ‘processo creativo’ di lettura-scrittura di Ėjzenštejn, un percorso in cui si tenta di seguire l’andamento spiraliforme del pensiero creativo del regista, impegnato in continue riconsiderazioni, a volte contraddittorie, e in un instancabile rimaneggiamento di assunti già espressi. Le immagini dei fogli originali degli appunti e dei libri ‘joyciani’ appartenuti al regista conservati nella Casa-Museo moscovita di Ėjzenštejn – consultati e fotografati con il permesso di Naum Klejman (direttore dal 1992 al 2014 del Museo del Cinema di Mosca), e dal cui confronto con la pubblicazione di Rjabčikova è stato possibile rilevare inesattezze e omissioni – sono accluse nell’appendice della tesi.
URI: http://hdl.handle.net/2307/40552
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
Appears in Collections:Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere
T - Tesi di dottorato

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