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Title: LA RETORICA DELLA RIVENDICAZIONE FEMMINILE NEGLI EPISTOLARI DEL CINQUECENTO TRA FRANCIA E ITALIA: GLI EXEMPLA DI HELISENNE DE CRENNE E DI VERONICA FRANCO
Authors: Manca, Valentina
Advisor: POMPEJANO, VALERIA
Keywords: GENDER STUDIES
SCRITTURA EPISTOLARE
RETORICA
QUERELLE DES FEMMES
RINASCIMENTO
Issue Date: 15-Jun-2017
Publisher: Università degli studi Roma Tre
Abstract: In questo studio si sono analizzati due epistolari femminili del Cinquecento: quello di Hélisenne de Crenne (Les Épîtres familières et invectives, 1539) e quello di Veronica Franco (Lettere familiari a diversi, 1580). La chiave di lettura scelta per tale indagine è stata quella dell’osservazione dei due testi come singoli exempla da inscrivere entro il fenomeno generale della larga partecipazione femminile ai dibattiti in corso nella società europea della prima modernità: in primis quello sulla questione della donna (Querelle des Femmes) e quello sulla lingua (dalla trattatistica ai segretari). Posto che gli intellettuali dell’epoca hanno condotto tali dibattiti perlopiù attraverso la lettera, la prospettiva privilegiata è stata quella del focus sul rapporto tra donne e scrittura epistolare, considerando la lettera come strumento di accesso alla parola pubblica per la donna. In particolare ci si è soffermati sull’esperienza, comune alle due autrici, di rielaborazione e riformulazione femminile della tradizione retorica maschile, osservando gli elementi di convergenza e divergenza tra i due percorsi. Nello specifico si è visto come l’eloquenza ciceroniana venga recepita e modulata diversamente da Hélisenne de Crenne e da Veronica Franco: se la prima è infatti più vicina alla contentio individuata dal retore per il discorso politico-giudiziario, da lei rivisitata nelle invettive dal tono polemico-rivendicativo, la seconda è invece più a suo agio nel sermo della conversazione privata tra amici. Tali divergenze sono motivate essenzialmente dalla diversità del milieu e del periodo in cui le due autrici furono attive: da una parte la Francia del primo Cinquecento per Hélisenne, influenzata dunque dalla tendenza al purismo dei ciceronianisti più convinti (E. Dolet, ad esempio) che tradisce in una sintassi complessa e oscura persino per i suoi contemporanei (si veda la lettera di C. Colet nell’edizione del 1550); dall’altra l’Italia dell’Autunno del Rinascimento per Veronica, che partecipa in prima persona con le sue Lettere al progetto di offrire un modello di buon volgare, oltre che di galanteria, sulla scia del Segretario di Sansovino. Diversi del resto sono i filtri attraverso i quali le due autrici recepiscono le fonti dell’eloquenza antica: se per Crenne infatti fondamentale è quello religioso- medievale della patristica, per Franco altrettanto si può dire per quello laico-umanistico del petrarchismo e dell’etica della «civile conversazione». Tuttavia a prescindere da tali divergenze esiste un filo conduttore che collega l’esperienza creativa delle due autrici, ossia l’argomentazione proto-femminista fondata sulla retorica dell’exemplum, di origine boccacciana (De mulieribus claris e novella Griselda) che si sviluppò con la stessa fortuna nei due paesi. Se il repertorio di figure cui attingono Crenne e Franco è diverso per le ragioni sopra sintetizzate, la figura della virago fa da trait-d’union tra i due epistolari nella misura in cui le autrici vi si identificano proponendo la loro persona come modello di emancipazione per le altre donne. Per quanto riguarda la strutturazione del lavoro, esso è stato suddiviso in due sezioni: la prima dedicata all’esplorazione delle premesse socio-culturali al discorso rivendicativo condotto da entrambe le autrici nelle lettere, la seconda alla ricostruzione dell’evoluzione del discorso “femminista” da retorica della pietas (lettere consolatorie), passando per la fase della dissimulatio (lettere di tema amoroso) fino ad arrivare all’aperta rivendicazione del riconoscimento del diritto della donna all’istruzione e alla pratica della scrittura nelle invettive. In questa prospettiva nella prima sezione ci si è soffermati sulla ricettività del contesto socio culturale di provenienza sia di Hélisenne de Crenne che di Veronica Franco rispetto alla questione della donna, isolando nei primi tre capitoli i fattori favorevoli all’emancipazione femminile: - il fiorire della retorica: excursus sul fenomeno del boom della trattatistica e, nello specifico, di quelli di retorica e poetica come tentativo dell’uomo rinascimentale di definire la natura umana attraverso la codificazione del linguaggio. Tali trattati hanno costituito un solido punto di riferimento per la donna virago, interessata all’imitatio della normatività del linguaggio maschile nell’ambito di un’idea di parità che non considera la valorizzazione della specificità femminile, associata a un’immagine di fragilità tramandata da una lunga tradizione misogina che le donne di lettere intendono demolire. In particolare si è visto come Hélisenne nel Songe confuti la tesi dell’inferiorità morale della donna ricorrendo alle stesse fonti usate dai misogini, ossia le Sacre Scritture mostrando come alcuni passi siano stati travisati; se nelle lettere predomina dunque la retorica dell’exemplum, nel dialogo Crenne si affida all’ argomento d’autorità alla ricerca di verità oggettive e universali che vadano oltre il singolo caso citato nelle gallerie di donne virtuose. Infine si è fatto un rapido bilancio sugli studi dedicati al rapporto tra donne ed eloquenza nella prima modernità, che ha fatto emergere il quadro di un cantiere di studi sviluppatosi relativamente recentemente e poco esplorato nei testi dedicati alla storia generale dell’eloquenza, in cui le donne risultano quasi sempre assenti. - La Querelle des femmes: si è qui considerata la querelle innanzitutto dal punto di vista della diretta partecipazione femminile al dibattito isolando il caso di Christine de Pizan, nel ruolo di antesignana delle istanze egualitarie portate avanti dalle donne di lettere nel XVI secolo, quello di Hélisenne de Crenne, di Marie Dentière e di Veronica Franco. Inoltre, più genericamente, ci si è soffermati sulla partecipazione indiretta di altre autrici che attraverso il successo dei loro canzonieri hanno saputo dimostrare il valore femminile, come testimoniano i casi, tra gli altri, di Vittoria Colonna, Veronica Gambara, Tullia d’Aragona e Gaspara Stampa. In particolare si è qui analizzato il fenomeno dei cenacoli letterari gestiti da donne, in primis Vittoria Colonna e Louise Labé, come testimonianza della possibilità per la donna cinquecentesca di ricoprire nella società un ruolo pubblico. - Il cosmopolitismo e il progressismo registrati nelle città di Parigi e Venezia. In questa prospettiva si sono analizzati rispettivamente la figura di Francesco I, re stratega e mecenate che ha dato impulso alla nascente letteratura volgare, e quella della città lagunare come emblema e fulcro della vita culturale e dell’editoria nel Cinquecento. In particolare ci si è soffermati sugli omaggi delle due autrici alle rispettive città e popolazioni, in cui emerge la valorizzazione del milieu in quanto propizio alla presa di parola femminile. La seconda parte ha avuto per obiettivo l’analisi comparativa del discorso “femminista” sviluppato da Hélisenne de Crenne e da Veronica Franco nella sua evoluzione da retorica della compassio, nella misura in cui le autrici si pongono come consigliere di amici e parenti, passando per la rievocazione del pathos della passione amorosa come momento di affermazione della propria individualità, per poi procedere alla pubblica e universale difesa del modello della virago come emblema dell’emancipazione sociale e culturale conosciuta dalla donna nel Cinquecento. Lo studio di tale percorso ha evidenziato la diversa dispositio degli argomenti presentati negli epistolari delle autrici e soprattutto chiarito i tratti di cui si contorna l’eloquio della virago in Crenne e in Veronica Franco, ovvero quelli più apertamente polemici e rivendicativi nella prima e quelli della saggezza nell’«officio» di institutio nella seconda. Questa sezione è stata dunque suddivisa in cinque microaree, ciascuna corrispondente a un capitolo, all’interno delle quali si sono indagate e confrontate le esperienze delle due autrici. Innanzitutto si sono analizzati l’influsso e la ricezione delle fonti retorico-epistolari antiche e moderne, modelli per la lettera familiare e invettiva. Dopo un rapido excursus sulla querelle des cicéroniens, si è osservata l’attenzione rivolta da entrambe alle Epistulae ad familiares di Cicerone, come exemplum di equilibrio tra sermo e discorso pubblico. In seguito si è guardato da una parte ai trattati di epistolografia contemporanei, da una parte al De conscribendis epistolis di Erasmo e a quello in volgare di Pierre Fabri, dai quali Crenne ha ripreso rispettivamente il principio della varietas e della tripartizione della lettera. Dall’altra, sul versante italiano, si è guardato al fenomeno dei libri di lettere e a quello dei segretari sul finire del secolo nella loro funzione modellizzante nell’ambito della Questione della lingua, entro cui le Lettere della Franco possono inscriversi in quanto concentrato di formule e concetti cari all’etica della «civile conversazione» praticata nelle accademie e nei circoli mondani. Dopo queste premesse si è proceduto alla ricostruzione e al confronto dello sviluppo del discorso femminista nelle due autrici, suddividendolo in tre tappe, rispettivamente incentrate sulla retorica dell’ethos, del pathos e del logos. Partendo dalla prima, in essa ha dominato dunque l’«officio» della consolatio nell’ambito del quale sia Crenne che Franco- come si è evidenziato attraverso l’analisi di alcuni passaggi dalle lettere II, IV, XV, XXVIII e XXXIII, oltre che da XVII, XXI, XIX, XXXII, XXXIX e XL per Franco e le epistole familiari III, IV, V, VI e VII per Crenne- si basano sulla morale stoica consigliando ai destinatari la rassegnazione di fronte al dolore per la perdita di persone care o per gravi sventure, e su quella cristiana predicando il valore del perdono. In particolare qui domina l’ethos del discorso virtuoso condotto dalle autrici che si pongono come exempla di saggezza, al fine di acquisire credibilità presso il lettore. Nella tappa successiva si sono isolate le lettere di tema amoroso dove entrambe hanno alternato il pathos della sofferenza per l’abbandono e per gli ostacoli alla relazione (nel caso di Crenne), alla dissimulatio e l’ironia in missive -in cui l’espressione camuffata del pensiero si configura come l’opera di dissidenza, propedeutica alla pubblica rivendicazione dei diritti culturali e sociali della donna nelle invettive di Hélisenne e nei capitoli delle Terze Rime di Veronica. In questo capitolo per quanto riguarda il pathos del tormento amoroso si sono dunque analizzati, sul versante di Veronica Franco, passaggi dalle Lettere (XIV, XVIII, XX e XXXVIII) e dalle lettere in versi delle Rime (capitoli III, V, VIII, XVII, XIX, XX e XXII); su quello di Hélisenne de Crenne le lettere X e XI dove l’autrice confessa la passione colpevole per Guénelic. Riguardo alla retorica della dissimulatio si sono invece isolate le lettere VIII e IX di Crenne e i biglietti galanti di Franco (lettere V, IX, XIII, XXXVII, XXXVIII e XLV e capitolo II). Nell’ambito della terza tappa del discorso e del percorso delle due autrici ci sono isolate le invettive III, IV e V di Crenne e i capitoli XVI e XXIV di Franco, oltre che le lettere XLI, XLVII, XLIX e L. In particolare si sono messe a confronto l’invettiva IV di Hélisenne e la lettera XXII di Franco dove le autrici portano al culmine l’argomentazione femminista che in entrambe combina la difesa della moralità e delle capacità intellettuali delle donne. Inoltre queste due lettere possono essere considerate una summa dei principi retorici ed etici sviluppati nelle parti precedenti dell’epistolario dato che combinano l’ethos del discorso auto celebrativo, il pathos della sofferenza per la condizione svantaggiata della donna e il logos della presa di parola in difesa della dignità femminile. Nell’ultimo capitolo si è riflettuto su altri punti in comune tra il progetto letterario di Crenne e quello di Franco, come ad esempio l’intertestualità: entrambe hanno infatti redatto due opere – le Angoysses e le Epistres da una parte, le Terze Rime e le Lettere dall’altra- che possono essere considerata parte di un corpus unitario, nella misura in cui i due testi sono ricchi di episodi ed elementi biografici che rinviano alla stessa materia narrativa, soprattutto in Crenne. Infine si è considerata l’esperienza delle due autrici cinquecentesche in relazione agli sviluppi delle istanze egualitarie promosse dalle donne nel XVIII secolo. In questa prospettiva Crenne e Franco hanno condiviso il ruolo di pioniere nella rivendicazione dell’accesso all’istruzione e alla sfera pubblica della società delle donne che ha fatto da ponte verso quella del riconoscimento dei diritti civili e politici portata avanti da Olympe de Gouges.
URI: http://hdl.handle.net/2307/40446
Access Rights: info:eu-repo/semantics/openAccess
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T - Tesi di dottorato

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