Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2307/4002
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dc.contributor.advisorVecchi, Paolo Maria-
dc.contributor.authorMateria, Leonora-
dc.date.accessioned2015-03-13T09:28:16Z-
dc.date.available2015-03-13T09:28:16Z-
dc.date.issued2011-05-03-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2307/4002-
dc.description.abstractIl diritto romano già definiva in maniera approfondita il rapporto giuridico quale vincolo, ponendo una particolare attenzione alla figura del debitore nella sua veste di soggetto passivo dell’obbligazione, la quale imponeva un impegno diverso rispetto alle altre fattispecie da cui discendevano obblighi non giuridici ma, ad esempio, morali. Il vincolo, appunto, trovava la sua radice profonda nel suo riconoscimento espresso da parte dell’ordinamento, rendendolo necessità e, per l’effetto, sottoposto anche a strumenti di soddisfazione coatta personale. La pubblica rappresentazione dell’insolvenza veniva condotta nel Comizio, nel medesimo luogo nel quale si svolgeva la cerimonia del funerale, con l’elogio del defunto; un funerale condotto per il debitore insolvente, il quale veniva condannato ad una “morte civile”, attraverso l’annichilimento della persona del debitore, più che del suo patrimonio. La non netta demarcazione tra procedura esecutiva personale e patrimoniale, che caratterizza tutta l’età ciceroniana sarà superata solo gradualmente, anche se, in ogni caso, durante il periodo del Medioevo si tornerà indietro, riaffermando l’assoggettamento personale del debitore al creditore. Da tale impostazione strettamente sfavorevole, l’attenzione al debitore trovò la sua evoluzione, nel secolo XVIII, in ragione della protezione che la legislazione rivoluzionaria francese volle assicurare alla classe sociale popolare, oppressa dai debiti, fino a giungere all’abolizione dell’arresto personale. Tutti gli ordinamenti giuridici hanno da sempre compreso l’importanza di dare un rilievo notevole all’inosservanza dei doveri tra privati, anche ove nascenti da meri vincoli obbligatori, garantendo il danneggiato perfino attraverso l’introduzione di procedure esecutive personali condotte in sfavore del debitore, come, ad esempio, la privazione della libertà e le pene fisiche corporali e morali; basti pensare che in Italia l’istituto della detenzione per debiti insoluti, previsto dal Codice Napoleonico del 1804 e trasposto nel Civile Italiano del 1865, ha prodotto i suoi effetti, anche se a volte solo in via squisitamente teorica, fino all’introduzione del Codice Civile del 1942. Tale impostazione sia giurisprudenziale, sia dottrinale ha determinato l’interesse ad un esame più approfondito della posizione del creditore nell’adempimento dell’obbligazione altrui, ritenendo, anche e soprattutto alla luce del Capitolo 7 dei Principi di diritto comunitario in materia di contratto, c.d. Principi Acquis, rubricato sotto il nome di “Adempimento delle obbligazioni”, in cui è espressamente sancito il dovere della cooperazione del soggetto attivo per la esecuzione della prestazione. Il comportamento del creditore, infatti, spesso risulta essere espressione di particolari obblighi, così provvisoriamente definiti, che gravano sullo stesso creditore proprio perchè destinatario di prestazioni, le cui caratteristiche risultano pertanto nettamente riverse rispetto a quelle che potrebbero spettargli in quanto contemporaneamente debitore. Riassumendo per sommi capi detti “obblighi”, gli stessi posso essere distinti in obblighi di non aggravare la posizione del debitore, di non ostacolare o impedire l’adempimento e, infine, di cooperare a tale adempimento. Il fondamento giuridico di quanto detto è rintracciabile non solo nei principi dell’ordinamento giuridico ma anche in specifiche disposizioni di legge, come gli artt. 1375 o 1175 c.c., il quale tuttavia sembrerebbe indicare un semplice criterio per la valutazione del come del comportamento e non una qualifica giuridica con propri effetti. Ad un esame più approfondito, sembra ritenersi che si possa parlare solo di oneri e non propriamente di doveri, alla luce soprattutto del’art. 1914 c.c. (onere di fare qualcosa per evitare il danno) e dell’art. art. 1812 c.c. (doveri di avviso del comodante) che non potrebbero che confermare questo assunto. Si ritiene che più che ad un ricorso allo schema di una obbligazione sembrerebbe più consono il riconoscimento al debitore di una posizione strumentale, quale, ad esempio, quella fornita dal diritto potestativo, garantita attraverso gli istituti come quelli, ad esempio, della mora del creditore e della liberazione del debitore, esperibili anche contro la volontà del creditore. L’abuso del diritto è anch’esso uno dei principi cardine, la cui origine storica non sembra apparire di pronta e facile risoluzione: si potrebbe infatti identificarla con la prima pronuncia di equità emessa da un organo giudicante ovvero con l’attività di una giurisprudenza onoraria tesa a rendere meno rigoroso un sistema giuridico preordinato; tuttavia, è consuetudine considerare esistente l’istituto in esame dal momento in cui sono stati dichiarati illegittimi e contra legem gli atti emulativi, i quali spesso furono i soli esempi di tale categoria. E’ il diritto comune ad aver dato rilievo giuridico all’antico divieto dei suddetti atti emulativi, mentre l’illuminismo si oppose alla sua esistenza in ragione di un ravvisato moralismo che poco aveva a che fare con il diritto puro. A causa di tale opposizione, il divieto indicato è tornato al suo originario splendore solo nel secolo XIX, in quanto di nuovo adottato dai codici nascenti che estesero la figura oltre i confini del solo divieto degli atti emulativi. Nonostante nei sistemi di influenza pandettistica la figura dell’abuso del diritto sia meno importante in considerazione della maggiore attenzione posta ai principi di buona fede e correttezza, nella Francia da Toullier in poi l’abuso diventa elemento fondamentale su cui poggia anche tutta la disciplina relativa al comportamento del creditore. Nel nostro ordinamento, fino al codice del 1942, invece, la figura dell’abuso non ha una chiara evoluzione; infatti, mentre parte della dottrina lo riteneva assolutamente fondamentale, altra parte lo escludeva o in ogni caso non lo considerava così importante. In seguito alla nascita del codice attualmente vigente, sebbene ci sia stato un primo momento di indifferenza, attualmente si sta muovendosi verso un riconoscimento completo della fattispecie di abuso di diritto, formalizzandone il significato anche all’interno dei repertori giurisprudenziali. L’abuso del diritto è l’elemento dinamico di tutto il processo evolutivo giuridico; invero, lo stesso è il risultato di una profonda e continua attività giurisprudenziale che, trovando origine nei principi dell’ordinamento nonché in quelli dettati dalla Carta Costituzionale, ha fatto proprio il fondamento legittimo sancito nel brocardo latino non omne quod licet, honestum est ovvero summum jus est summa iniuria; quanto detto è stato frutto di una interpretazione tale da determinare la nascita di una normativa in tema di abuso del diritto, nella quale è possibile rintracciare, ad esempio, la disciplina del divieto degli atti emulativi. Inoltre, l’art. 2 Cost. nonché l’art. 833 c.c. risultano essere il filo conduttore anche degli altri istituti simili, unitamente alle norme che sanciscono la buona fede oggettiva ed il principio della correttezza, così come già detto e previsto dagli artt. 1175 c.c., 1337 c.c., 1366 c.c. e 1375 c.c. Le conseguenze alla mancata cooperazione del creditore sono poi di diversa natura e rilievo, iniziando dal considerare la liberazione del debitore per la impossibilità sopravvenuta imputabile alla condotta del creditore, sino ad arrivare alla richiesta di risarcimento del danno per il protrarsi della posizione di soggezione del debitore. Lo stesso dicasi per le fattispecie della mora del creditore, dell’adempimento del terzo e della rimessione del debito, nelle quali, in aperto contrasto con quanto previsto sino alla introduzione del Codice Civile del 1942, è dato financo il diritto al debitore di non accettare l’offerta formulata a suo favore, proprio in ragione della necessità di garantire il suo diritto alla liberazione a mezzo di una prestazione da lui medesimo eseguita. L’esame condotto involge poi la tematica del concorso di colpa del creditore in tutte le obbligazioni che non abbiamo una vera a propria fonte in un vincolo nascente da contratto. In tale ultima trattazione, si individuano le caratteristiche soggettive di cui il creditore dovrà godere al fine di determinare una vera esimente della responsabilità del debitore. Negli studi in materia di responsabilità civile la condotta del potenziale danneggiato trova collocazione tra i criteri di ripartizione del danno. Il comportamento del danneggiato, infatti, viene annoverato nell’ambito dei fattori che concorrono a ridurre od a escludere il risarcimento dovuto dall’autore dell’illecito, con ciò significando che non solo il diritto impone a ciascuno il dovere di astenersi dal danneggiare ingiustamente altri, ma prescrive anche l’onere di usare una ragionevole diligenza per tutelare se stessi e il proprio patrimonio eliminando, riducendo, o quanto meno, non aggravando il pericolo subito o subendo. Combinando così gli obblighi di non procurare danno ad altri con gli oneri di tutelare se stessi, si riescono a contemperare le contrapposte esigenze che si manifestano in questa materia. Tale principio risulta desunto dall’art. 1227 c.c. concepito come una norma disciplinante l’incidenza del comportamento colposo del creditore sul risarcimento del danno; detto disposto fa parte di quelli relativi all’inadempimento delle obbligazioni di natura negoziale e trova applicazione anche nel campo extracontrattuale a seguito della ricezione operata dall’art. 2056 c.c. Il codice civile vigente ha, in questo modo, posto fine alle discussioni che si erano svolte in epoca precedente attorno al problema della rilevanza o meno del comportamento del creditore e del danneggiato.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversità degli studi Roma Treit_IT
dc.titleLa diligenza del creditore nell'adempimento delle obbligazioniit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurSettori Disciplinari MIUR::Scienze giuridiche::DIRITTO PRIVATOit_IT
dc.subject.isicruiCategorie ISI-CRUI::Scienze giuridiche::Lawit_IT
dc.subject.anagraferoma3Scienze giuridicheit_IT
dc.rights.accessrightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess-
dc.description.romatrecurrentDipartimento di Diritto Europeo. Studi Giuridici nella dimensione nazionale, europea, internazionale*
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item.fulltextWith Fulltext-
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Appears in Collections:X_Dipartimento di Diritto Europeo. Studi Giuridici nella dimensione nazionale, europea, internazionale
T - Tesi di dottorato
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